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Milano-Sanremo 2013: International Gerald Tribute - Sagan fa la corsa, Ciolek la vince. Cancellara e Chavanel decisivi, Paolini 5°

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Gerald Ciolek batte Sagan e Cancellara e fa sua la Milano-Sanremo © Bettiniphoto

Eccolo lì, sul podio, col viso imbronciato come quello di un bimbetto a cui sono andati storti un po' di programmi. Peter Sagan non se l'era certo immaginata così, la conclusione della sua giornata ciclistica, non aveva certo pensato di avere due avversari alla propria sinistra e nessuno a destra, sul podio (topograficamente stiamo parlando del gradino del secondo posto). Né tantomeno poteva prevedere che, selezionato un gruppetto al termine di una giornata durissima (comunque la si voglia mettere), qualcuno avrebbe anche avuto l'ardire e le gambe di batterlo.

Ma se è vero - ed è vero - che non si finisce mai di imparare, figurarsi quante lezioni dovrà ancora aver l'umiltà di ricevere lo slovacco, che è ancora tanto giovane e che oggi ha capito quanto sia ampia la differenza tra il fare le pentole e il metterci sopra i coperchi, anche quando si è forti e sfrontati come diavoli. Perché puoi anche essere il migliore dei 200, e di gran lunga il migliore, intendiamo; ma c'è caso che tu non vinca, se commetti degli errori, o se eventi indipendenti da te fanno da contrappeso alla tua bravura; ad esempio, se simmetrico a te, rispetto al vincitore (sempre topograficamente, parliamo del gradino del terzo posto), su quel podio c'è Fabian Cancellara, il quale, dopo averne perse e anche in maniera meravigliosamente scellerata (avverbio e aggettivo possono tranquillamente essere interscambiabili), di corse, per un giorno decide di non esporre il petto a nemici e contingenze, ecco, in quel caso per te le cose si complicano. Seconda lezione imparata da Peter: non si dice che non ci si possa inimicare qualche pezzo grosso del gruppo (come lui fece con Fabian all'ultimo Tour de France), ma quando lo si fa si deve esser pronti a subire prima o poi qualche ritorsione.

La terza e più importante lezione per Sagan riguarda gli avversari, tutti gli avversari nessuno escluso: perché sottovalutarne anche uno solo può portare a cocenti sconfitte. E non puoi fare una volata fingendo che alla tua ruota non ci sia nessuno, quando invece c'è qualcuno e pure veloce. Quel qualcuno risponde al nome di Gerald Ciolek, uno dei meno vincenti tra i velocisti più forti dell'ultimo lustro, uno che si era autoridotto al ruolo di apripista per i successi altrui, e che ha ritrovato la verve giovanile (fu iridato under 23 nel 2006) appena si è risentito titolare di una maglia da capitano, in una nuova squadra, abbracciando un nuovo progetto, e riscoprendo l'antica forza.

È lui, il tedesco della MTN Qhubeka (team africano di cui parliamo diffusamente a parte), l'uomo che si staglia su tutti, al centro del podio, dopo aver avuto la capacità, la bravura, la caparbia per stare coi migliori e per bruciarli tutti con una volata perfetta. Un ragazzo che era esploso presto, con la vittoria del titolo nazionale tedesco nel 2005, quando non aveva ancora compiuto 19 anni; ma che era rimasto fermo lì (e al Mondiale 2006, certo) come successi di peso, limitandosi in seguito ad alcuni piazzamenti nelle classiche di casa (Francoforte ma soprattutto Amburgo) e poco altro.

Di anni Ciolek ne ha ancora 26 e possiamo dire oggi che per lui è iniziata una nuova carriera. Ora che ha una Milano-Sanremo nel palmarès, tutto cambia in meglio. Non è comunque un risultato piovuto dal cielo, visto che nei giorni scorsi Gerald aveva lanciato più di un segnale, lottando coi velocisti più forti alla Tirreno ma soprattutto evidenziando un'ottima tenuta anche in presenza di freddo, di pioggia, di percorsi più che insidiosi. Un outsider perfetto per la Classicissima, insomma.

Una corsa di splendidi perdenti, sta diventando la Milano-Sanremo. Una corsa in cui essere il favorito si sta trasformando in una iattura, perché è proprio la gara che, per la sua semplicità altimetrica, permette a un numero maggiore di outsider di poter essere lì a giocarsela. Cancellara, su quel podio non certo per la prima volta, conosce bene questo concetto. Oggi, con la sua condotta nel finale, ha voluto fare assaporare anche al rampante Sagan l'amarezza di una sconfitta che arriva nel giorno in cui ti senti il migliore (quel che lui provò 12 mesi fa, buscandole da Gerrans). Onore però a Ciolek per esserci stato, per aver controllato da veterano la situazione in quei convulsi chilometri conclusivi, per aver avuto la lucidità di piazzare la zampata dell'ultimo metro, e per essere entrato in un albo d'oro che, in ogni caso, fa tremare i polsi.

Neve e tempeste e una neutralizzazione storica
Ci si attendeva una Sanremo fredda, piovosa, forse anche nevosa, ma francamente oggi si è andati oltre ogni più burrascosa previsione. Perché il gelo non ha dato tregua sin dalla partenza da Milano, e mentre la corsa procedeva, con una fuga a 6 partita al km 6 (con Montaguti, Rosa, Fortin, Bak, Lastras e Belkov), le notizie che arrivavano dal Passo Turchino facevano venire la tremarella agli organizzatori. Troppa neve, troppo rischio, troppe avversità, scavallare l'Appennino assumeva i contorni di impresa epica, qualora fosse stata compiuta.

Ma ci sono decisioni che alle volte vanno prese, anche quando sono impopolari, o difficili. Anche quando si sa che ci sarà chi protesterà. Non possiamo sempre parlare di sicurezza e poi esporre i corridori a rischi inutili (quale sarebbe stata la discesa innevata del Turchino), tantopiù che già a Ovada (km 117) il gruppo è arrivato semiassiderato. Appena prima che ci fosse un ritiro di massa, Mauro Vegni, direttore di corsa, ha annunciato che si sarebbe saltata a pie' pari la salita più antica della Classicissima.

E poi, dopo qualche decina di minuti, per coerenza si è deciso di saltare pure quella più giovane, Le Manie. Per neve la prima, per indisposizione del gruppo a misurarcisi la seconda. E anche per recuperare qualche minuto e andare incontro alle esigenze televisive. La classica serie di motivi, insomma, ha portato alla decurtazione di 43 km (quelli da Ovada a Cogoleto, più il giretto delle Manie). Corsa neutralizzata, tutti sui bus, trasferimento motorizzato (e docce, equipaggiamento asciutto, un minimo di recupero) e ripartenza da un'area di servizio.

Prima i sei fuggitivi, che dopo aver toccato un vantaggio di 12'30" al km 65, e dopo aver tentato di guadagnare il più possibile prima dell'annunciato stop, avevano salvato 7'10" con cui ripartire per i rispettivi sogni di gloria; poi il gruppo, guidato da Astana e Cannondale; non invece diversi corridori che hanno deciso di non scendere più da quei bus, Tom Boonen in testa (ma anche gli altri Omega Pharma Vandenbergh e Terpstra, e poi Amador, Nordhaug, Belletti, Sella, Lodewyck e Bongiorno, tutti non ripartiti).

La fuga si spegne, e neanche Nibali si sente tanto bene...
Col gruppo che, dopo il nuovo via, ha visto altre defezioni importanti (il ritiro di Goss e di diversi altri), oltre alla foratura di Cavendish (che è rientrato ai -72 dopo un lungo dietro-macchina), la fuga del mattino ha perso progressivamente smalto, e prima ha mollato Fortin (ai -76), poi - sul Capo Berta, ai -40 - si sono staccati anche Lastras e Montaguti, quindi pure Belkov, Rosa e Bak si sono arresi (presi ai -30).

Nel frattempo, un importante evento scuoteva il plotone (e soprattutto i tifosi italiani): Vincenzo Nibali, che pure per giorni aveva fatto la danza della pioggia, auspicando tempo brutto per far risaltare meglio le proprie qualità (come avvenuto sei giorni fa a Porto Sant'Elpidio, alla Tirreno), stazionava in maniera preoccupante nelle ultime posizioni del gruppo. E in testa era già passata da diversi chilometri la Sky (con Siutsou) quando il siciliano, infreddolito fino al midollo, ha alzato bandiera bianca.

A nulla è servito un cambio di divisa, a niente la vicinanza dei gregari dell'Astana, o la speranza di potersi riprendere e recitare un ruolo attivo nel finale. Il gelo ligure di oggi ha svuotato completamente il recente vincitore della Corsa dei Due Mari, lasciando la Sanremo orfana di un atteso protagonista. Né c'era più tempo, alle soglie della Cipressa, perché rientrassero altri nomi eccellenti fiaccati dalle difficoltà odierne (come Hushovd, che si era staccato sul Capo Berta).

Chavanel inizia a scalpitare, Gilbert si fa vedere
La salita di Costa Rainera è iniziata subito male per diversi corridori del primo gruppo, visto che al suo imbocco sono andati giù tra gli altri Farrar e Kiryienka. Lungo la scalata, i primi movimenti di un certo spessore hanno visto in azione Bouet, Roelandts, Lövkvist, Damiano Caruso e Sylvain Chavanel, che credevamo fosse lì per coprire il compagno Cavendish, e che invece nei 25 km conclusivi ha corso esclusivamente per sé. Il gruppo guidato dalla Fantini prima e dalla Lampre (con Malori) poi, non ha comunque lasciato spazio.

Il ritmo tenuto dai blufucsia (e poi, più avanti, di nuovo dai Cannondale), ha fatto male a tanti: si sono staccati sulla Cipressa uomini del calibro di Boasson Hagen, Ulissi, Gerrans, Flecha, Greipel, Petacchi (per restare ai più famosi). Era un gruppo di circa 30-40 unità quello alla cui testa, in cima, s'è messo Philippe Gilbert, pronto a schizzare in avanti sulla pericolosa discesa, anche solo per sparigliare un po' le carte. E il Campione del Mondo è stato bravo per tutta la picchiata, riuscendo infine a isolare al comando un drappello comprendente anche Chavanel (ancora), Cancellara, Degenkolb, Vorganov e Stannard.

Finita la discesa (e a 17 km dalla fine), anche Pozzato e Roelandts sono rientrati in questa interessante azione, ma appena il gruppetto si è infoltito con questi ultimi due arrivi, i meno blasonati della compagnia son partiti in contropiede: Stannard e Vorganov hanno preso il largo, raggiunti poco dopo da Chavanel, mentre gli altri si sono tutti rialzati (Gilbert-Roelandts per ultimi) attendendo il gruppo tirato sempre dai Cannondale di Sagan.

Sylvain ci spera, il Poggio rimescola tutte le carte
Con un vantaggio di circa 20" da difendere coi denti e con le unghie, il terzetto al comando ha affrontato il Poggio. Stannard, vero e proprio treno a vapore, ha dato un grande contributo all'azione, e proprio su un suo forcing Vorganov ha iniziato a vedere le streghe, staccandosi a circa 9 km dalla fine, dopo poche centinaia di metri di salita. L'inglese è stato anche molto bravo a resistere a un paio di scatti di Chavanel, mentre il margine sul gruppo tirato dall'Astana restava ancora abbastanza corposo.

Ma per chi tiravano i kazaki, in assenza di capitan Nibali? La risposta l'ha fornita Iglinskiy, con uno scatto agli 8.5 km. Il vincitore della Liegi 2012 è rimasto per un paio di chilometri tra la coppia al comando e i resti del gruppo, finché prima una trenata di Moser (pro Sagan), poi uno scatto di Paolini, hanno fatto cambiare segno all'ordine delle cose: e un vantaggio che fin lì sembrava addirittura lusinghiero per Chavanel e Stannard (mezzo minuto sul gruppo Sagan), si è drasticamente ridotto.

In cima, a 6 km dal traguardo, erano solo 7 i secondi tra i battistrada e un gruppetto che, dopo un allungo di Cancellara, si era coagulato intorno allo svizzero. Con Fabian c'erano sì Paolini, e anche Sagan, Ciolek e un Pozzato al gancio. Tanto al gancio, Pippo, che su un nuovo forcing di Cancellara, mentre Sagan e Ciolek facevano a spallate per prendere la ruota del capitano RadioShack, il vicentino salutava mestamente l'ultima ruota della compagnia, venendo ripreso dal gruppo.

L'ultima discesa, i fiacchi tentativi d'anticipo, l'errore di Sagan, la vittoria di Ciolek
In discesa l'ormai inevitabile ricongiungimento del drappello inseguitore con Chavanel e Stannard si è compiuto, proprio sull'ultimo tratto di picchiata, a 3.6 km dal traguardo. Anche Paolini, che era rimasto qualche metro indietro rispetto a Cancellara, Sagan e Ciolek, è rientrato, sicché quello che è andato formandosi è stato un sestetto che, senz'altra sorpresa, era pronto a giocarsi la vittoria.

Ognuno con le proprie chance, certo: chi tentando l'anticipo, chi chiudendo sugli attacchi, chi aspettando il rettilineo finale. Che Cancellara non avrebbe collaborato con Sagan era ormai chiaro, e infatti, dopo un fugace tentativo d'allungo di Peter ai 2.4 km (chiuso proprio da Fabian), è toccato allo slovacco andare ad annullare i vari tentativi d'anticipo di Stannard (un paio), di Chavanel (almeno uno) e della Locomotiva di Berna (uno, ma non troppo efficace). E va bene, si sa che quando c'è qualcuno molto forte, gli altri corrono su di lui.

La situazione presentatasi sul Lungomare Calvino, dopo questo palpitante finale in cui era assodato che nessuno da dietro sarebbe rinvenuto (nemmeno uno splendido Phinney, che tra discesa e piano conclusivo aveva recuperato da solo quasi tutto lo svantaggio dal sestetto), non rimaneva che la volata. Che Sagan avesse speso troppo sul piano fisico, è tutto da dimostrare; che avesse consumato molte energie mentali, è risultato invece lampante nel momento in cui, stimolato dal lancio anticipato della volata da parte di Chavanel ai 300 metri, Peter è partito con l'intento di spaccare il mondo, senza più vedere né capire nulla.

Non ha preso la ruota del francese, e ha optato invece per una volata di testa al centro della strada; quel che è peggio, non ha badato più di tanto al fatto di avere a ruota un Ciolek fin lì inappuntabile e bravissimo a marcarlo; inoltre, un rapporto troppo duro e uno stato d'ansia crescente nel sentire che da dietro il tedesco rinveniva, hanno completato l'opera, lasciando Peter senza più spinta proprio in dirittura d'arrivo.

Quella linea del traguardo era lì eppure sempre più irraggiungibile, mentre Ciolek, uscito dalla preziosa ruota slovacca ai 100 metri (forse meno), andava a bruciare il grande favorito proprio nei 10 metri finali. Un epilogo sorprendente ma al contempo esaltante, con uno sprint incerto fino alla fine e che si è risolto con un premio clamoroso per il bravo Gerald, e con una punizione indimenticabile per Sagan. Cancellara, andando a prendersi il terzo posto, probabilmente rideva sotto ai baffi: missione (di far perdere Peter) compiuta; perché è anche ipotizzabile che, potendo respirare un paio di volte in più (se Cancellara avesse chiuso almeno una volta su Stannard), magari il capitano della Cannondale avrebbe avuto la lucidità per non sbagliare la volata; per partire 10-20 metri dopo (come lui stesso ha detto); o per non ammosciarsi in vista del colpo di reni.

Ma è andata così ed è stata bella ugualmente. Il quarto posto di Chavanel non premia il francese per l'ennesima gara generosa ma chiusa senza risultati; Paolini, quinto, si accontenta di essere il migliore degli italiani, 10 anni dopo essere stato determinante per la vittoria di Paolo Bettini; Stannard, sesto, ha salvato con la sua condotta di gara l'onore della Sky rimasta priva di capitani; Phinney, settimo, ha il rimpianto di non aver chiuso un po' prima sui battistrada. E dall'ottavo in poi, quelli che hanno sprintato in gruppo: Kristoff su Cavendish (bravo ad esserci, ma un po' abbandonato dai suoi), Eisel, Ventoso, Colbrelli e via andando.

Per l'Italia in questo drappello ci sono anche Gasparotto (14esimo), Gatto (20esimo), Malacarne (26esimo), Bennati (28esimo), Pozzato (33esimo, subito dietro a Gilbert) e Rabottini (34esimo); Santambrogio appena più indietro, come Puccio (anche caduto giù dal Poggio). Tutti gli altri molto più staccati.

La pioggia, finita la corsa, ha dato tregua dopo essere caduta per tutto il giorno; troppo tardi perché si rasserenassero gli uomini in gara, ma comunque quelli che oggi erano alla Milano-Sanremo se la ricorderanno a lungo, questa 104esima Classicissima. Ciolek e Sagan più di tutti; ma non c'è tempo per elucubrarci troppo: solo pochi giorni e poi, nelle Fiandre, si aprirà una nuova splendida fase di questa intrigante stagione 2013.

Marco Grassi

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