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World Tour 2013: Katusciaff! Ceffone all'UCI - Il TAS reintegra i russi nel WT. E adesso chi resta fuori?

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Joaquim Rodríguez, il corridore più rappresentativo della Katusha © BettiniphotoE adesso? Questa la domanda che da stamattina si agita nel ciclismo internazionale. L'ennesimo capolavoro firmato UCI riguarda la situazione della Katusha, squadra del World Tour che aveva la licenza per il 2013 ma che in dicembre è stata esclusa dalla Commissione Licenze di Aigle, per mai precisati motivi, anche se si è parlato di questioni relative al doping per spiegare il perché dell'improvviso NIET alla squadra russa.

Il problema è che l'UCI, non contenta di aver creato le precondizioni per una querelle giudiziaria (figurarsi se Makarov, gran capo del progetto Katusha e rivale politico di Pat McQuaid, evitava di presentare ricorso al TAS), si è anche volontariamente autoinflitta dei paletti talmente stretti da prefigurare, di qui a poco, il caos: l'ha fatto stabilendo che il WT 2013 avrebbe compreso solo e soltanto le 18 squadre annunciate due mesi fa, e che un eventuale reintegro dei russi avrebbe comportato l'esclusione di uno di questi team. Il senso di questa mossa, francamente, sfugge, a meno di non pensare che l'UCI volesse in qualche modo influenzare il giudizio del Tribunale Arbitrale dello Sport.

Se così era, il fallimento delle manovre di Aigle è clamoroso, visto che oggi il TAS ha accolto il ricorso della Katusha, reintegrandola a pieno titolo nel World Tour. L'UCI, che evidentemente non aveva preso in esame questa possibilità, si è presa qualche giorno per capire come comportarsi di conseguenza. Di sicuro ci attendono giorni di fuoco, perché non sarà facile, a questo punto della stagione, dire a una delle 18 "tu non fai più parte del club". In realtà la scelta sarebbe ridotta alle formazioni che per ultime hanno ricevuto la licenza, ovvero Saxo, FDJ, Argos e Lotto, ma quando si parla di UCI ogni condizionale è d'obbligo, visto che spesso McQuaid e il suo entourage hanno voluto stupire il mondo (sempre per scelte deleterie, va detto).

Sarebbe assurdo sbattere qualcuno fuori oggi, dopo che investimenti di sponsor e allestimenti dei team sono stati completati a misura di WT; e qualora ciò accadesse, ci potremmo aspettare, così come già fatto dalla Katusha, nuovi ricorsi al TAS, con ampie possibilità di successo (la Saxo tra l'altro ha già palesato tale intenzione, un mese fa). D'altro canto, 19 squadre nella massima categoria significano minor libertà, per gli organizzatori, di diramare inviti alle Professional. La soluzione più logica potrebbe essere una deroga ai grandi giri per poter avere al via più di 200 corridori. In tal modo si salverebbero capra e cavoli, e cioè avremmo le 19 WT presenti per diritto, e la possibilità di 4 wild card. Ne deriverebbe però un problema di sicurezza, al quale si potrebbe ovviare lanciando il grande esperimento (peraltro già suggerito da molti, indipendentemente dalle questioni del World Tour) di squadre da 8 corridori al Giro, al Tour e alla Vuelta.

Di sicuro, al di là di quanto appena scritto, una decisione va presa in tempi rapidissimi, visto che incombono già le prossime prove del WT, Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico, e sia ASO (che organizza la Course au Soleil) che RCS (per la Corsa dei Due Mari) hanno urgenza di sapere che pesci dovranno pigliare. Entrambe, infatti, avevano lasciato fuori la Katusha dal novero delle formazioni beneficiate da wild card, ed entrambe si scontrerebbero con problemi logistici non di poco conto, dovendo garantire adeguata ospitalità a una squadra supplementare.

Sembra incredibile che l'UCI non avesse previsto una via d'uscita da una situazione che non era certo da escludere (e tra l'altro, come non notare, nel collegio giudicante oggi, la presenza di quell'avvocato Bernasconi che difese la Liberty Seguros post Saiz all'epoca dell'esclusione di tale team dall'allora Pro Tour?); ma l'incapacità ormai (da anni) palese dei vertici del ciclismo continua a far sì che si inanelli un danno dopo l'altro. Ricordiamo che stiamo parlando di una dirigenza che è riuscita a produrre la mostruosità di un buco di 7 anni nell'albo d'oro del Tour de France (tanto per dire l'ultima delle clamorose vaccate - ci si perdoni il termine - orchestrate da Aigle), quindi dovremmo anche noi smettere di stupirci di fronte ai pasticci che derivano da una tanto dissennata gestione del carrozzone.

Quest'anno, in settembre, ci saranno le elezioni per il nuovo presidente UCI; la speranza è che McQuaid faccia fagotto, ma - come nel nostro piccolo abbiamo sperimentato un mese fa con l'assemblea elettiva della FCI - è più facile pensare che il "commander in chief" sappia giovarsi della posizione di potere che detiene, e ottenga la sospirata conferma, piuttosto che immaginare che il bene (del ciclismo, in questo caso) trionfi.

Ultimo - ma non ultimo - aspetto da analizzare in seguito alla sentenza odierna del TAS, è ciò che riguarda il ciclomercato, che avrebbe potuto essere vivacizzato da un cambio di casacca in corsa di Joaquim Rodríguez, atleta di punta del sodalizio russo. Fosse stato bocciato il ricorso della Katusha, il catalano avrebbe quasi certamente lasciato la squadra per accasarsi altrove (in un team del WT che gli potesse garantire la partecipazione al Tour de France, suo grande obiettivo stagionale). Si era vociferato, nei giorni scorsi, di contatti con la Lampre, ma di sicuro a Purito non mancavano le offerte. Invece ora tutto pare congelato, nell'attesa dei prossimi, imperdibili sviluppi dell'ennesima caotica vicenda marchiata UCI.

Marco Grassi

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