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L'intervista: Arriba Colombia! GiroFiesta per Corti - Il team manager di Cháves, Atapuma & C.: «Cresceremo ancora»

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Claudio Corti con Esteban Chaves, una delle stelline della squadra © Colombiacyclingpro.comIl suo rapporto con il Sudamerica affonda le radici in tempi lontani, sin da quando, nell'inverno del 1977, la Federazione Ciclistica Italiana lo mandò per 40 giorni in Venezuela, a preparare un Mondiale che poi, nella rappresentativa dilettanti, avrebbe vinto, a San Cristóbal (imitato subito dopo da Francesco Moser nella gara dei professionisti). Claudio Corti non ha mai interrotto il suo legame con quel continente, tenendo sempre annodato un filo pronto per tornare a vibrare allorché, da team manager, il bergamasco ha voluto dar vita a un progetto strettamente connesso al grande balzo in avanti che il ciclismo colombiano sta compiendo in questi ultimi anni.

Proprio a Corti, peraltro, è legato il ritorno in grande stile sul principale palcoscenico internazionale, quello del Tour, di uno scalatore colombiano, dopo i tempi d'oro di Lucho Herrera (e, in subordine, dei Parra e dei Mejia): ci riferiamo a Mauricio Soler, che nel 2007 conquistò un tappone alpino e la maglia a pois di migliore scalatore alla Grande Boucle, guidato in ammiraglia Barloworld per l'appunto da Corti. E lo stesso team manager non manca di rimarcare l'affetto che lo lega allo sfortunato Mauricio, che ha avuto la carriera troncata da una tremenda caduta al Giro di Svizzera 2011: «Sono stato a casa sua due volte negli ultimi tre mesi, ogni volta che mi trovo a Bogotá per il mio lavoro non risparmio una visita a Soler. Sta bene, cammina e ha solo qualche difficoltà a fare le scale [ricordiamo che il colombiano, oltre ad aver rischiato seriamente la vita, riportò nell'occasione danni cerebrali che per un periodo gli impedirono l'uso della parola e la mobilità, ndr]. Certo, è un po' giù di morale perché si è reso conto di non poter più tornare in bicicletta, dopo aver sperato di rientrare nel ciclismo, ma possiamo dire che è una persona fisicamente recuperata».

Dal 2012 Corti gestisce un progetto del Ministero dello Sport colombiano (Coldeportes), un team interamente formato da corridori del paese sudamericano, ma che ha la base in Italia e che partecipa al calendario europeo: un modo per far crescere nel ciclismo che conta un buon numero di giovani speranze, possibili eredi del citato Herrera. La formazione, affiliata come Professional, si è messa in mostra nella stagione scorsa con qualche vittoria e molteplici piazzamenti; proprio un anno fa Corti ci confidava che ambiva ad arrivare al Giro d'Italia entro il 2013, un progetto di non così scontata realizzabilità, per una formazione neonata e che, per i primi mesi dello scorso anno, si sarebbe scontrata con qualche difficoltà d'ambientamento dei suoi corridori.

Ebbene, pochi giorni fa RCS Sport ha concesso una wild card al team Colombia, invitandolo ufficialmente alla corsa rosa e permettendo al suo team manager di vantare un grande risultato. Proprio da qui, da questa promessa mantenuta, è iniziata la nostra chiacchierata col bergamasco, a margine dell'assemblea FCI di Levico Terme (in cui Renato Di Rocco è stato confermato alla presidenza federale): «Saremo al Giro con l'ambizione di fare una buona corsa, attaccando, dando spettacolo ed esaltando le caratteristiche dei miei corridori».

Non solo peculiarità da camosci, visto che «abbiamo una squadra molto più equilibrata dello scorso anno, con qualche velocista e con la possibilità di non sfigurare anche nella cronosquadre». Per una squadra che, stando al suo team manager, ha puntato molto «sull'organizzazione e la professionalità», è stato comunque necessario qualche aggiustamento: «È chiaro che, non avendo i ragazzi alcuna esperienza o quasi del ciclismo europeo, i primi tre mesi del 2012 siano stati difficili». Quest'anno Corti ha cambiato qualcosa a livello di allenamento e programmazione, mandando ad esempio la squadra a svernare al caldo della Colombia (l'anno scorso la preparazione si svolse in Italia), «ma l'anno scorso non potevamo fare una cosa del genere perché non conoscevamo ancora bene le abitudini e le caratteristiche di ogni atleta; ora siamo invece in grado di programmare al meglio l'attività di ognuno dei miei».

Una tappa al Giro del Trentino con Atapuma, il GP di Camaiore e una tappa alla Vuelta a Burgos con Cháves, la Coppa Sabatini con Duarte («mi fa piacere che sia stato meno incisivo di quanto ci si aspettasse, vuol dire che quest'anno andrà meglio!»), la formazione ha messo in mostra ottime individualità, ed è inevitabile chiedere a Corti chi sarà il nome nuovo per il 2013: «Intanto mi aspetto che i "vecchi" si confermino; Cháves già nel 2011 aveva vinto il Tour de l'Avenir, lo vedo in crescita; Atapuma è uno scalatore fortissimo, sulle grandi montagne penso che pochi siano al suo livello, e spero che nelle tappe del Giro sopra i 2000 metri ci dia delle soddisfazioni. Tra i nuovi, ho inserito un paio di corridori provenienti dalla pista, Arango e Ávila, che credo si adatteranno bene al ciclismo internazionale, e un giovane come Camacho, che ha grandi qualità ed ha corso poco in carriera, quindi è tutto da scoprire. Ovviamente punto molto sul miglioramento degli altri, che dopo il primo anno di assestamento dovrebbero riuscire ad ottenere qualcosa in più».

Non sono le vittorie in serie, quelle che si aspetta Corti dai suoi ragazzi, quanto saper «essere protagonisti, interpretare bene la corsa, continuare una progressione che ci porti sempre più su nel 2014, nel 2015...». Un progetto ad ampio respiro, insomma, che si inscrive perfettamente nella scia della strepitosa nouvelle vague colombiana di cui, soprattutto nell'ultimo biennio, tutti hanno iniziato ad accorgersi (e molti ad innamorarsene).

«Il ciclismo va un po' a periodi, è un momento in cui dalla Colombia stanno arrivando tanti talenti, e stanno riuscendo a seguire le orme di qualche singolo che si era affacciato al professionismo già negli anni scorsi», dice Corti, il quale pensa che tra i vari Quintana, Henao, Urán, Betancur, Anacona (et al.), qualcuno potrà anche perdersi per strada (com'è fisiologico che sia), ma che più d'uno riuscirà ad essere tra i protagonisti assoluti del ciclismo che verrà. Un nome fra tutti, proprio quello dello scalatore della Movistar: «Io penso che Quintana sia veramente un grosso talento, lo conosco personalmente, è un atleta molto serio, che si sta impegnando veramente a fondo, non penso che un ragazzo del genere possa perdersi. Ma la maggioranza di loro hanno capito che il ciclismo va vissuto con applicazione e tanta preparazione, credo che davanti al movimento colombiano ci sia veramente un periodo d'oro».

Marco Grassi

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