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L'intervista: «Fieri dello scudetto, pronti a ripartire» - Gianni Savio e le nuove scommesse Androni per il 2013

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Gianni Savio tra Ubeto, Gil, Monsalve e Felline © Bettiniphoto

Gianni Savio, popolarissimo team manager della Androni, sta lavorando alacremente a quella che sarà la stagione 2013 per la sua squadra, e malgrado abbia dovuto fare nelle scorse settimane un'inattesa fermata ai box (a causa di un infarto che l'ha colpito un mese fa), è già battagliero in vista dei prossimi traguardi. Al momento si gode il titolo di Campione d'Italia conquistato dalla sua squadra al termine della stagione 2012. L'abbiamo sentito per commentare appunto i risultati ottenuti quest'anno e per parlare di come cambia la sua Androni in vista della prossimo anno ciclistico.

La Androni ha vinto il terzo scudetto consectivo: per voi è un obiettivo vero e proprio o la conseguenza dei buoni risultati ottenuti in stagione?
«È proprio un obiettivo, e per tre ragioni precise: l'ovvia soddisfazione morale di conquistare il Campionato d'Italia a squadre; l'orgoglio di portare sulle nostre maglie in giro per il mondo lo scudetto col Tricolore; e poi è un lasciapassare per il Giro dell'anno successivo, come confermato ancora una volta da RCS Sport nelle scorse settimane».

Vuoi ripercorrere le tappe principali di questa cavalcata lungo la stagione?
«È stato un avvincente testa a testa con la Colnago, e il momento determinante è stato al Trittico Lombardo in agosto. Con la vittoria di Modolo alla Bernocchi loro hanno allungato fino a +28 su di noi, ma noi abbiamo subito risposto con Sella alla Coppa Agostoni, quindi alla Tre Valli Varesine c'è stato l'episodio per me decisivo: è stata una corsa durissima, tanto che solo in 31 l'hanno conclusa. Per prendere i punti di squadra avevamo bisogno di portare al traguardo 3 corridori, e avevamo Pellizotti nel primo gruppo e Felline nel secondo; quando Serpa, il nostro terzo uomo, si è staccato da questo secondo gruppetto, ho preso una decisione difficile, scegliendo di "abbandonare" Pellizotti - che sapevo se la sarebbe comunque cavata con la sua esperienza - restando accanto a José, incitandolo a tutta voce per far sì che concludesse la gara. Ebbene, Serpa è arrivato 31esimo e ultimo, a 14'21" dal vincitore, quando il tempo massimo era di 14'50". Quel giorno per la Colnago portarono a termine la corsa solo due corridori, non conquistando così alcun punto per il team, e noi abbiamo messo un bel mattone per la vittoria nella classifica. La lotta è rimasta comunque aperta, al Giro di Padania gli uomini di Reverberi sono partiti forte vincendo le prime due tappe, ma noi abbiamo poi risposto piazzando Chiarini e Pellizotti sul podio finale; importanti anche i successi di Felline al Pantani e di Sella a Prato; ma ancora al Giro dell'Emilia, se Pozzovivo avesse vinto, la Colnago avrebbe potuto ribaltare la situazione. Non è un caso che le nostre siano state le uniche due squadre ad avere 3 corridori al traguardo».

Come mai il Campionato Italiano a squadre ha così poca risonanza? Ci vorrebbe maggiore promozione da parte della Federazione?
«Il motivo primario è che il ciclismo, a torto, è da molti considerato solo uno sport individuale; poi ci può anche stare la necessità di maggiore promozione, ma devo dire che quest'anno anche nelle telecronache delle gare si è dato spazio e risalto alla classifica del Campionato a squadre».

Tra l'altro il fatto di poter conquistare, attraverso questa challenge, la partecipazione al Giro d'Italia, è fondamentale per una Professional italiana, si veda il caso dell'Acqua&Sapone, non invitata alla corsa rosa e che ha poi chiuso i battenti a fine stagione.
«Nel nostro movimento è sempre più difficile sopravvivere con dignità, perché da un lato ci scontriamo con una crisi economica generale, e in più abbiamo la contingenza di un ciclismo che sta diventando sempre più anglofono: ci troviamo a fronteggiare squadre che hanno risorse per noi impensabili, perciò serve oculatezza e - laddove se ne presenti l'occasione, come nel caso dell'accordo FCI-RCS per la partecipazione al Giro della formazione vincitrice dello scudetto - capacità di cogliere tali chance, come abbiamo cercato di fare per tutto l'anno noi e la Colnago».

Guardando al 2013, vediamo nel dettaglio come cambia l'Androni in base ai movimenti di mercato.
«La nostra intelaiatura resta sostanzialmente invariata, con la conferma di tutti quei corridori che hanno dimostrato di saper interpretare al meglio la professione in relazione ai nostri obiettivi e alle nostre possibilità. Quindi rimangono con noi, intorno al capitano Pellizotti, uomini come Sella, Rubiano, Felline, Chiarini...».

...Invece altri esponenti importanti del team nel 2012 cambieranno maglia. Ferrari e De Marchi asseconderanno nel World Tour un percorso di crescita evidenziato nelle ultime stagioni.
«Non cambierò mai la mia filosofia, che è quella di tenere i corridori in base alle mie disponibilità. Per Ferrari non mi è stato possibile confrontarmi con l'offerta fatta dalla Lampre al ragazzo, ma sono stato il primo a dire a Roberto di fare il grande salto, avendone la possibilità. È un velocista di talento, ha dimostrato di poter vincere e di potersi ripetere; nel suo caso penso anche di essere stato determinante, durante il Giro, nel far rientrare la polemica con Cavendish, dopo la caduta innescata da Ferrari nella seconda tappa. Quanto a De Marchi, anche lui ha fatto un'importante scelta professionale; ha ricevuto una grossa offerta dalla Liquigas, andrà in una squadra in cui non avrà la libertà che gli garantivamo noi, ma ha l'intelligenza per ritagliarsi i suoi spazi».

Alessandro Bertolini invece ha abbandonato il ciclismo pedalato.
«Un grande professionista. Lo contattai già all'epoca della ZG Mobili, ma lui andò alla Carrera; è un atleta che identifica una grande incongruenza di questo ciclismo: nel 2006 non riusciva a trovare un ingaggio, infine noi gli demmo fiducia e lui ci ha ripagati con delle stagioni strepitose, in cui ha vinto tanto (due Giri dell'Appennino, due Agostoni, la Coppa Placci, il Giro del Veneto, una tappa al Giro d'Italia...) dimostrandosi superiore anche a tanti corridori di quel Pro Tour in cui non aveva trovato spazio».

Pare che il prossimo anno la vostra sarà una squadra che parlerà meno lo spagnolo. Ad esempio il giovane iberico Fran Moreno se ne va, come mai?
«Era già stato nella Caja Rural tra i dilettanti, è tornato a casa, diciamo. Con noi ha fatto una buona stagione, ma non è stato determinante per la nostra causa. Lo stesso discorso che si può fare di Monsalve, anche lui non è stato determinante secondo quanto ci aspettavamo».

Non parliamo poi dell'addio di Serpa, che per te è praticamente un figlioccio.
«L'ho scoperto io, era quotato in pista (faceva parte del quartetto colombiano), ma non trovava spazio in Europa. Lo ingaggiai quando correva in Venezuela, avendolo visto alla Vuelta al Táchira, e da allora sono stati 7 anni di grandi soddisfazioni reciproche, in cui si è consolidato un bel rapporto di amicizia tra noi. Mi spiace molto perderlo, ma anche in questo caso sono stato io a dirgli di andare a giocarsi le sue chance in un team importante come la Lampre».

Lampre che ha ingaggiato anche Ubeto.
«Il caso di Miguel è diverso, è stato cercato per l'importante dote di punti UCI che lui si porta appresso. Diciamo che, a 36 anni, può essere visto come il coronamento di una carriera, anche qualora non dovesse trovare grande spazio per esprimersi».

E poi c'è il nuovo divorzio con Rujano, passato alla Vacansoleil.
«Non voglio polemizzare con José, ma il suo comportamento può essere giudicato da tutti. Arbitrariamente e senza consultare il medico si è ritirato dal Giro d'Italia, accampando come pretesto una mononucleosi che poi abbiamo dimostrato - con l'aiuto di due periti - non esserci stata, se non in passato (le tracce rimangono nel fisico anche a distanza di tempo). Ma in ogni caso, anche dopo il Giro avrebbe potuto riscattarsi nelle tante corse rimanenti in stagione, ma lui è scomparso per due mesi... Gli auguro in ogni caso tutto il bene possibile, e se sarà in condizione lo convocherò senza problemi in nazionale per i Mondiali. Ma in squadra con noi per lui non c'è più spazio».

Via Ubeto, via Rujano e Monsalve, non è che dobbiamo aspettarci un ridimensionamento del supporto del Venezuela come sponsor?
«No; intanto ci restano Tomas Gil, Jackson Rodríguez e Carlos Ochoa, e poi abbiamo già la conferma da parte del Ministero dello Sport del Venezuela che l'investimento proseguirà. Attendiamo il contratto, e che tutte le procedure burocratiche del caso vengano espletate. Quando avremo il contratto e la garanzia bancaria, inseriremo altri corridori venezuelani, stiamo già seguendo alcuni giovani con interesse. Resto confermato nel ruolo di ct della loro nazionale, e poi ho un progetto con la Federazione Venezuelana che... vabbè, ne parlerò più avanti magari».

Aspettiamo che anche politicamente le cose si assestino, dopo la nuova vittoria elettorale del presidente Chávez... Tu che conosci bene quella nazione, che ne pensi di lui?
«Il fatto che abbia vinto anche con un certo margine è già significativo, visto che parliamo anche di paesi in cui è difficile mantenere a lungo il consenso generale. Per quello che vedo ogni volta che vado in Venezuela, il pueblo è con lui, "ci ha ridato dignità" dicono i poveri, e comunque la povertà che c'era un tempo non la vedi più in giro. Tra l'altro, io lo conobbi di persona, Chávez, quando era ancora "comandante" e non presidente: al termine di una tappa della Vuelta al Táchira che vincemmo con Álvaro Lozano, il corridore mi chiamò sul podio delle premiazioni e mi presentò questo comandante Hugo Chávez, annunciandomelo come futuro candidato. Io tra il serio e il faceto gli dissi "Felicitaciones, presidente Chávez!"... poco tempo dopo diventò davvero presidente...».

Tornando al ciclismo: avete timore che per Pellizotti, molto citato nelle documentazioni dell'USADA in merito al caso Armstrong, ci possano essere nuovi problemi dopo la squalifica di due anni già scontata?
«Faccio una premessa: personalmente in passato non mi sono mai accostato a questioni di doping ma anche di medicinali e questioni di preparazione, perché in quello che definisco come il "Medio Evo del ciclismo" il confine tra lecito e illecito poteva essere molto labile; è stato poi ciò che mi ha salvato nella vicenda di Massa, in cui un pregiudicato mi ha coinvolto in un processo da cui sono stato pienamente assolto [si riferisce alla vicenda De Angelis, ndr]. Era una scelta dettata principalmente dall'impossibilità di vigilare al meglio su quanto facevano i corridori. Oggi invece, grazie ai nuovi strumenti che ci permettono di monitorare lo stato fisico-medico degli atleti (in particolare il passaporto biologico), possiamo esercitare un controllo più stringente, ed è capitato che negli ultimi 3 anni fermassimo preventivamente (ancora prima che potesse farlo l'UCI) 3 corridori nell'attesa che certi dati biologici che potevano diventare "dubbiosi" rientrassero nella norma. Detto ciò, posso dirmi quindi tranquillo in merito a quello che succede nella mia squadra. E non mi preoccupa quel che può essere accaduto in altre squadre, in altre stagioni».

Nella trascrizione della deposizione di Bertagnolli si fa anche il tuo nome, laddove il corridore si dice «timoroso di dire di no a Savio».
«Il riferimento, credo, è al fatto che Leonardo aveva paura di rifiutare la nostra offerta e accettare quella di un altro team perché pensava che in questo modo la porta della mia squadra si potesse chiudere per sempre per lui».

Rifocalizziamoci sul mercato: chi altro sarà confermato, del vecchio roster?
«Omar Bertazzo, che ha saputo farsi trovare pronto nel finale, dopo essere stato a lungo senza correre: ma far sesto a Fourmies e settimo alla Sabatini per un velocista è segno si hanno delle qualità. Un altro ragazzo che è stato bravissimo a dare il suo contributo nell'ultima fase di stagione è Giairo Ermeti, determinante per la vittoria di Felline al Pantani. Con lui manca solo la firma, ma sarà con noi anche nel 2013».

Così come Parrinello.
«Per lui sospendo il giudizio. Gli abbiamo concesso un anno di ambientamento nel professionismo, adesso dovrà far vedere qualcosa di più».

Restano fuori, invece, Mancuso e Santoro.
«Mi dispiace molto perché sono dei bravissimi ragazzi, ma purtroppo non sono riusciti a esprimersi al meglio in maglia Androni. Ho detto loro per tempo, già ad agosto, che sarebbe stata molto difficile una riconferma, spero che trovino una sistemazione anche se non so se abbiano contatti avviati con altre squadre».

Da chi vi lascia a chi arriva. Francesco Reda è uno dei vostri colpi di mercato.
«Credo molto in lui, ha i numeri perché altrimenti non avrebbe corso due anni alla Quickstep al servizio di Boonen anche al Tour de France. Ma è stato sfortunato, ha patito una prostatite, mi pare; però quest'anno in Acqua&Sapone ha ottenuto buoni risultati pur lavorando per il capitano di giornata (spesso Di Luca), penso che nel nostro ambiente si possa esprimere al meglio».

Malaguti e Frapporti?
«Due ragazzi in cerca di riscatto. Vedremo. Se Reda ha già mostrato credenziali precise, per loro attendo di esprimere un giudizio nel corso della prossima stagione».

Poi arrivano i neopro' Di Serafino e Rosa.
«Di Serafino è stato stagista con noi l'anno scorso ed è campione italiano élite, ho pensato che per lui fosse arrivato il momento del grande salto nel professionismo. Molto mi aspetto da Diego Rosa, Fabrizio Tacchino del Coach Team Assistant, che collabora con noi, me l'ha segnalato come un ragazzo dagli straordinari valori fisici. Me lo aspetto brillante in salita, ha già fatto benissimo al GiroBio conquistando la maglia di migliore scalatore pur essendo al servizio di Fabio Aru; e poi ha vinto corse come il Giro del Friuli Venezia Giulia e la Bologna-Raticosa».

Infine, ridarete una chance nel professionismo a Mattia Gavazzi, dopo la squalifica per la positività alla cocaina.
«Mattia è un grande talento, uno dei più forti come potenza esplosiva in volata. Speriamo che sia ristabilito in tutto e per tutto sotto il profilo umano, perché se è così allora di conseguenza riemergerà anche nello sport, necessariamente. Mi piacciono le scommesse, anche tenendo conto che siamo spinti a certe scelte dalle disponibilità economiche del nostro piccolo team: è ovvio che poter confermare un corridore come Ferrari ci avrebbe dato più certezze; ma rilanciare Gavazzi sarebbe una grandissima soddisfazione per me».

Ingaggerete qualche altro corridore, al di là dei giovani venezuelani?
«Molto dipende proprio dalla definizione del contratto di sponsorizzazione col Venezuela, anche se la squadra per me è da considerarsi già fatta e finita, anche grazie all'aiuto che gli altri sponsor ci danno, e mi piace citare, oltre all'Androni, anche Sidermec, Tre Colli, Lauretana, Regolo, tutti tasselli irrinunciabili del nostro scacchiere, linfa vitale per la nostra attività».

Qualche anticipazione sul vostro calendario 2013?
«Seguirà grosso modo quanto abbiamo fatto nel 2012, anche se attendiamo che tutti i vari calendari continentali (e in particolare quello sudamericano) vengano definiti in maniera precisa. Esordiremo al Tour de San Luis in Argentina, mentre in Europa ci presenteremo al GP Costa degli Etruschi in febbraio».

In qualità di grande conoscitore del ciclismo sudamericano, non possiamo non chiederti cosa pensi del boom di colombiani, che assume proporzioni importanti dal punto di vista quantitativo e qualitativo (l'ultimo giovane fenomeno è il pistard Puerta).
«Teniamo presente che in Colombia c'è una grande tradizione ciclistica. Il loro movimento ha conosciuto alti e bassi, e ora sta sfruttando un momento fortunatissimo dal punto di vista dei talenti. Ma dietro c'è una politica federale iniziata da anni, e quando ci sono procesos sportivi in atto ci vuole tempo perché si vedano i frutti. Da ct della Colombia ho vinto il titolo mondiale a cronometro nel 2002, l'unica maglia iridata professionisti conquistata dal Sudamerica. Già all'epoca, presidente federale Héctor Sangiovanni (ora sostituito da Jorge Ovidio González, che allora era vicepresidente), di concerto con Coldeportes (il CONI colombiano) era stato pianificato un rilancio del ciclismo di quel paese, dopo che per qualche anno non si era investito troppo. Il loro segreto è stato il dare attenzione e supporto, oltre che infrastrutture, anche al ciclismo di base, e ora i risultati iniziano a vedersi; e il ciclismo, che ai tempi di Herrera e Parra era il primo sport nazionale, sta tornando in auge dopo essere stato sorpassato dal calcio negli ultimi due decenni».

Chiudiamo con la disavventura che ti ha colto un mese fa...
«Ero in autostrada, sentii una morsa tra le scapole che poi si trasferì alle braccia... era un dolore che non avevo mai provato e capii che poteva essere un infarto. Mi fermai all'Autogrill Lambro, chiamai un'ambulanza e già quella mattina venni operato all'ospedale Baffini di Cinisello, i cui medici e operatori sono stati davvero molto bravi. Tutto è andato per il meglio, e al Giro dell'Emilia ero già in corsa. Ieri sono stato dalla cardiologa che mi ha dato semaforo verde, quindi posso dire che la disavventura è alle spalle e sono più che mai pronto a lanciarmi verso una nuova stagione ciclistica».

Marco Grassi

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