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Giro d'Italia 2013: Il Giro c'è ma non si vede - Per la corsa rosa una presentazione povera e niente diretta tv

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I possibili protagonisti del Giro d'Italia 2013 sul palco dello Spazio Pelota © Bettiniphoto

Chi l'ha vista? Di sicuro non in moltissimi. Una presentazione all'insegna della sobrietà, e verrebbe troppo facile pensare al fatto che il percorso sia stato svelato da Monti, di nome Andrea, direttore della Gazzetta dello Sport. Una presentazione anomala e che davvero in pochi ricorderanno. Anzitutto perché non saranno stati troppi coloro (e non ci riferiamo agli addetti ai lavori) che vi hanno assistito, non essendo trasmessa in tv dalla Rai ma soltanto da Gazzetta.it, in diretta streaming. In secondo luogo per l'orario: le 12.30 di una domenica di fine settembre sarebbero imbarazzanti per qualsiasi evento non calcistico, ma evidentemente troppi corridori avevano fretta, aerei in partenza, mogli e compagne da cui far ritorno dopo una stagione lunga (e che non è tuttavia ancora terminata).

Si è sfruttato l'orario per mettere alla prova i corridori in un'arte che vediamo meno di frequente praticar loro, quella dei fornelli. E così ecco Nibali, Hesjedal, Contador e compagnia cucinante alle prese con pentole e padelle, nell'attesa di vedere i dettagli ufficiali di un Giro che già nelle settimane scorse era stato ampiamente svelato. Tutto come previsto, da Napoli a Brescia attraversando il sud Italia per risalire verso il Friuli. Il Vajont, lo Jafferau, il Galibier, il Gavia, lo Stelvio, le Tre Cime prima dell'anomala conclusione.

Una volta rivelato il percorso, lo Spazio Pelota viene occupato dalla figura di Andrea Monti (dal quale apprendiamo che di questi tempi «il gratuito tira molto. Internet, per esempio...». E dire che quasi soltanto alle corse RCS si trovano le sale stampa con wifi al costo di 20 euro al giorno, con abbonamento in alternativa, per dire quanto tiri il gratuito): voce impostata, è molto conciso nello spiegare le scelte effettuate, vede la passerella finale (di 200 km...) a Brescia, e la città stessa che nel 2013 chiuderà la corsa rosa, come «una Leonessa per un Giro da leoni». Una corsa che richiederà «fuoco nelle gambe e gelo nel cervello per essere vinto».

Intanto il direttore generale di RCS Sport, Michele Acquarone, spiega di aver consultato tutti, dai corridori agli sponsor, prima di tracciare il disegno definitivo dell'edizione numero 96 della corsa rosa. Pier Bergonzi, capo redattore centrale della Gazzetta dello Sport, condivide la scena con Andrea Monti e le sue prime impressioni sono di un Giro «bello e possibile, umano proprio come il Lombardia». Pazienza se il Lombardia visto (o non visto...) ieri sia stato a tratti impossibile (leggasi Muro di Sormano) e non propriamente spettacolare, visto che la corsa si è decisa soltanto sul Muro dell'Alpino, proprio sopra l'arrivo di Lecco. Bergonzi continua: «È un Giro aperto alla tradizione ed alle novità, con tante salite e ben posizionate». In realtà, se guardiamo le salite storiche come Gavia e Stelvio, risultano ampiamente sprecate prima dell'arrivo in Val Martello. Conclusione: «È un Giro in stile Cesaroni, ossia che può piacere al nonno o alla ragazzina». Si pensava che questo concetto valesse anche per le precedenti edizioni ma evidentemente questa ha una marcia in più. Un Giro in stile Cesaroni, chi non l'ha pensato...

La parola passa ai corridori presenti allo Spazio Pelota ed i primi a salire sul palco sono i due che nel 2012 si diedero battaglia sino all'ultimo giorno, Purito Rodríguez e la maglia rosa Ryder Hesjedal. Il fresco vincitore del Lombardia si dice soddisfatto di questa stagione, «un anno in cui ho vinto tanto ma ho anche perso tanto» ed ogni riferimento a Giro e Vuelta non è puramente casuale. Mancano gli arrivi adatti a lui; ad ogni modo Purito, scrutando il percorso, vede «un Giro abbastanza duro, con un'ultima settimana durissima. Alle Tre Cime bisognerà fare la differenza, per quanto mi riguarda, visto che nella lunga crono perderò molto terreno».

Ryder Hesjedal, prima di dare la sua opinione sul tracciato 2013, fa un passo indietro, ricordando i momenti più difficili della corsa rosa da lui vinta: «Per me la tappa più dura è stata quella di Cervinia mentre nell'ultima settimana mi sono accorto di poter battere Purito. Pampeago è stato un traguardo molto importante per la mia vittoria finale». Quanto al 2013 «molti dicevano che il prossimo Giro sarebbe stato più semplice di quello da me vinto ma non credo sia così. Penso proprio che lo correrò, amo l'Italia e le corse italiane da sempre. Appena ho smesso di gareggiare la MTB la mia prima gara su strada è stata in Italia».

Mentre il terzo classificato, il belga Thomas De Gendt, si limita a sbavare di fronte alla tappa di Val Martello, «con Gavia e Stelvio che sono salite molto dure», Andrea Monti chiama sul palco la strana coppia formata da Ivan Basso ed Alberto Contador (che dopo i sette GT conquistati sulla strada, come esibito a Madrid, si vede assegnare dallo stesso Monti due Giri d'Italia, in «un piccolo inciso polemico»).

Il varesino sembra contento del tracciato: «È un Giro bello, c'è di tutto. La crono farà distacchi importanti perciò penso che ci sarà grande spettacolo in montagna, dove gli scalatori saranno costretti ad attaccare». Sulla stessa linea Contador: «Un percorso duro, con tante salite che consentono anche attacchi da lontano». Incalzato sul possibile tentativo di aggiudicarsi i tre GT (Giro, Tour e Vuelta) nella stessa stagione, Alberto è laconico: «In passato ho creduto che questa tripletta fosse possibile, ora mi sono accorto che non è realizzabile».

Si volge verso la conclusione ma mancano ancora molte opinioni dei principali attori della corsa rosa. Uno di questi è Vincenzo Nibali, che Vinokourov, dal 2013 nel Management dell'Astana a tutti gli effetti, ha dichiarato velatamente di voler dirottare in Italia, dove avrebbe più possibilità di vittoria rispetto ad un Tour de France. Il messinese non si discosta dalle opinioni dei colleghi: «Un Giro equilibrato, bisognerà andar forte anche a crono. Io sono dotato in quella disciplina, ad ogni modo nella seconda e terza settimana ci sarà spazio per recuperare». Il personaggio rivelatosi agli occhi degli italiani e del Mondo in quel di Herning, Taylor Phinney, prima maglia rosa in Danimarca, vede la corsa come «molto dura. Ci sono tante tappe con delle salitine, ma io punterò alla cronometro lunga. Poi in montagna mi metterò dietro, nel gruppetto...».

Il vincitore del 2004, Damiano Cunego, vede «possibilità per tutti. Personalmente mi lascia perplesso la crono lunga però dopo ci sarà molta salita». Si chiude con la coppia Sky (nonostante l'incertezza su chi trasmetterà la corsa, tra il colosso di Murdoch e la Rai, è questo sicuramente un caso) formata da Mark Cavendish e Rigoberto Urán, quest'ultimo terzo ieri al Lombardia. Cav è molto contento: «Trovo la corsa molto bella, con diversi arrivi per noi sprinter ed il finale che prevede una volata. Questo è un bene perché così i velocisti avranno modo di aspettare, superare le montagne e concludere il Giro». Urán nel 2012 ha vinto la maglia bianca di miglior giovane, potrebbe tramutarsi in rosa l'anno prossimo? «È molto difficile che ciò avvenga, con tutti questi contendenti, poi...».

Tante belle parole su un percorso che andrà ancora studiato per bene (da tutti), molta incertezza su chi prenderà parte ad una corsa che moltissimi hanno definito equilibrata. Il tempo scade, la presentatrice Giorgia Wurth, che nelle fasi iniziali della manifestazione aveva condotto (ma soltanto per il pubblico in platea), ritorna sul palco ed annuncia raggiante «dolce e caffè per tutti!». A differenza della presentazione del 2011, nessuna scala da cui scendono i corridori, presentati come star, nessun gabbiotto calato dall'alto a celare la presenza di Alberto Contador, che aveva preso parte alla presentazione soltanto per restituire simbolicamente il trofeo. Nessun videomessaggio di Pat McQuaid, di cui francamente non s'è sentita la mancanza.

Molto bella la grafica, ottima l'idea di approfittare dell'ora di pranzo per mettere alla prova dei fornelli i corridori, a dire il vero ed alla lunga un po' moscetta la conduzione della coppia Bergonzi-Monti. Nessun colpo ad effetto, solo il percorso ed i corridori ad essere protagonisti sul palco, prima ancora che sulle strade. Del resto, per quei pochi che ci vedranno dal vivo o in streaming, non vale la pena svenarsi, avranno pensato in RCS; e il ragionamento, purtroppo, non fa una grinza.

Francesco Sulas

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