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Tour de France 2012: Che bel sorriso, Alejandro! - Dietro a Valverde succede di tutto. O forse non succede niente...

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Alejandro Valverde, primo a Peyragudes nell'ultima tappa pirenaica del Tour 2012 © Bettiniphoto

Le lacrime di Alejandro Valverde, tornato al successo in un GT a quasi tre anni dalle ultime affermazioni in un GT (la Vuelta 2009 da lui vinta), imperlano di un'aura di nobiltà (d'animo: forte, emotivamente parlando, la dedica al povero Xavi Tondo) l'epilogo dell'ultima tappa di montagna al Tour, probabilmente da intendersi come epilogo del Tour tout court: c'è ancora qualcosa da scoprire, in quel che resta della Grande Boucle, ovvero tre tappe di cui due del tutto pleonastiche, e una che avrà il compito, sabato contro il tempo, di fissare quella che sarà la classifica finale? No: quel che dovevamo vedere l'abbiamo già visto, in qualche caso reiteratamente, e non rimane molto altro.

Potremmo ad esempio dire delle fughe, quelle che tutti apprezziamo per lo spirito d'avventura che le contraddistingue, per il coraggio che le innerva, per quel senso di ineluttabilità che quasi sempre in passato le ha accompagnate, col destino nove volte su dieci segnato per gli attaccanti. Beh, andiamo un po' a vedere i risultati di questo Tour de France: prima settimana, un cronoprologo e 6 volate, poi alla settima tappa Froome ha vinto il primo arrivo in salita. Da lì in poi, crono di Besançon a parte, abbiamo visto 1 volata a Cap d'Agde e 8 fughe in porto nelle restanti 8 tappe. Proprio così, appena finita la sarabanda degli sprint, ci sono state praticamente solo fughe da lontano nella Boucle 2012.

È questa una tendenza che non nasce nel Tour in corso, ma che negli ultimi anni ha assunto sempre maggiore peso. Tra le varie spiegazioni che se ne danno, alcune anche abbastanza raffazzonate ("oggi ci si dopa di meno, quindi..."), di quella più vicina alla realtà delle cose abbiamo avuto oggi un esempio lampante, in casa Sky: se i ciclisti non venissero castrati, nei loro afflati, da ordini d'ammiraglia, probabilmente assisteremmo a più lotta tra i big che non a successi dei comprimari. Vedremo dopo più nel dettaglio.

Intanto possiamo affermare che il Tour de France è finito. Non per la burocrazia, evidentemente, ma nella sostanza sì, il Tour è finito. E l'ha vinto (quasi, più o meno) Bradley Wiggins. L'ultima tappa pirenaica doveva essere quella in cui Vincenzo Nibali avrebbe provato l'impossibile ribaltone ai danni della maglia gialla e del sodale Froome. Il problema è che il siciliano ha avuto oggi una giornata così così, è sceso dal lato sbagliato del letto e non si è ritrovato le belle gambe esibite ieri sul Peyresourde.

E dire che il capitano della Liquigas ha anche azzardato un attacco a sorpresa sulla discesa del Col de Menté, prima asperità di giornata, a oltre 110 km dal traguardo: nell'occasione, Nibali, approfittando della strada bagnata e insidiosa, e anche del fatto che il gruppo si fosse abbastanza selezionato sulla salita, si è portato su un drappello che era partito in fuga qualche chilometro prima, e che aveva un mezzo minuto di vantaggio. Tale drappello, comprendente Casar, Martínez, Rui Costa, Kessiakoff, Voeckler, Péraud, Feillu e Valverde, non ha preso per nulla bene l'arrivo di Vincenzo: il motivo? Con il terzo della generale all'attacco, gli Sky avrebbero tirato alla morte per annullare quanto prima quella fuga.

Dapprima qualche insulto, poi la moral suasion di Valverde, hanno convinto Nibali a desistire, rialzarsi e farsi riprendere dal plotone (scelta peraltro incomprensibile, si sarebbe potuta legittimamente tenere un altro po' la Sky sulla corda).

A quel punto la fuga ha avuto ragione, ha guadagnato (rafforzata anche da qualche rientro di altri contrattaccanti) fino a 3'30", e non è stata messa troppo in discussione da una Liquigas che ha preferito tirare tutto il giorno, in vista dell'ascesa finale al Peyresourde.

Prima dell'ascesa finale, però, c'era l'attesissimo Port de Balès, quello su cui avremmo dovuto vedere qualcosa di interessante. Ebbene, sulla salita è stato Nerz a fare un ritmo che ha permesso agli attaccanti (in quel momento con Rui Costa in testa davanti a un quartetto con Izagirre, Martínez, Valverde e Leipheimer, a sua volta seguito da Stortoni, Casar, Voeckler, Vinokourov, Péraud, Kessiakoff e Weening) di guadagnare. Abbiamo scoperto solo successivamente che il ritmo blando della Liquigas serviva per mascherare la scarsa vena di Nibali: in tal senso, l'operazione è riuscita perfettamente, visto che nessuno ha infastidito il messinese (pur sempre terzo della generale) nell'occasione.

A 5 km dalla vetta del Balès, Valverde ha rotto gli indugi, si è portato sul compagno Rui Costa, dopo poco l'ha staccato e si è involato. Dal minuto-e-40" che aveva in cima, il murciano si è ritrovato con 2'30" di margine ai piedi del Peyresourde, quando, con Basso che ha raccolto il testimone dal giovane tedesco, il plotone ha ripreso a selezionarsi (il primo a cedere, il quinto della generale Zubeldia, come già sul Menté) e a guadagnare qualcosa. Mentre i fuggitivi della prima ora venivano uno dopo l'altro recuperati, e mentre il drappello della maglia gialla si assottigliava fino a comprendere una quindicina di uomini, tardava l'atteso attacco di Nibali.

È stata allora la Lotto a provarci, con Vanendert che ha proposto un primo scatto a 10 km dal traguardo, e Van den Broeck che è partito ai -8. Dietro al belga si sono subito portati Pinot e Rolland, Nibali appena dietro precedeva la coppia Sky (rimasta nel frangente senza gregari) e Van Garderen con Horner; tutti gli altri, chi più chi meno, perdevano terreno. Sullo scatto di Pinot ai 7.5 km, Nibali ha dato il primo segno di cedimento, ma ha tenuto le ruote più importanti del Tour. Superata la discesina che spezzava in due la salita verso Peyragudes, con Valverde ad amministrare ancora 1'20", Wiggins è passato in testa aumentando il ritmo, imitato poi da Van den Broeck e infine da Froome, sul cui affondo Nibali si è definitivamente staccato, insieme a Van Garderen (Horner aveva perso terreno poco prima).

Ai 3 km, l'incredibile sceneggiata nerazzurra: Froome, insistendo nel suo forcing, ha staccato tutti, compreso Wiggins. Allora ha rallentato e Wiggo l'ha raggiunto. Froome è ripartito, e alè alè alè con la mano incitava la maglia gialla a tenere il suo passo. L'impassibile Bradley avrà in quel momento citato mezzo calendario, tra sé e sé, mentre lo sfrontato keniano continuava a fare questo elastico in avanti: un affondo, un incitamento al suo capitano che non ne teneva la ruota, un rallentamento. Se Chris fosse stato libero di librarsi, Valverde sarebbe stato ripreso (alla fine solo 19" ha conservato Aliejandro al traguardo) e presumibilmente battuto.

Ma se Chris, non solo oggi, fosse stato libero di librarsi, la classifica sarebbe probabilmente diversa. Perché una cosa s'è capita: il 27enne di Nairobi è più forte dell'uomo in giallo. E non perde occasione per sottolinearlo: ingabbiato nel disegno preordinato dalla Sky (Bradley in giallo, tutto il resto non conta), s'è visto ad occhio nudo che in salita ha morso il freno. Resta però da capire se sia giusto umiliare in quel modo Wiggins: o meglio, lo si è capito: non è giusto. Se accetti di fare il gregario, fai il gregario, anche se arrivi secondo in classifica alla fine.

In ogni caso, ai 1500 metri Pinot si è riportato sulla coppia Sky, dalla quale è stato appena staccato solo in occasione della volata per il secondo posto (vinta da Froome). Rolland e Van den Broeck, pur all'altezza (o quasi) dei più forti, non hanno più di tanto inciso; Nibali, in una giornata no, non ha perso che pochi secondi, e il podio non è messo in discussione da questa piccola controprestazione. Notevole Van Garderen, ottavo di tappa e quinto in classifica, una posizione - quest'ultima - che verrà rafforzata sabato nella crono (Tejay sarà addirittura tra i favoriti, con Wiggins e Froome).

Nella generale non c'è tanto da definire ancora: le prime sei posizioni, da Wiggins a Evans, sono abbastanza cristallizzate, vedremo se Brajkovic (nono) riuscirà a scavalcare uno o due rivali (Rolland lo precede di 43", Zubeldia di 49), e se Pinot, attualmente decimo, salverà la top ten dall'assalto non tanto di Roche (che lo segue a 1'12") quanto di Klöden, dodicesimo a 2'23" dal giovin Thibaut. Poca roba, a tener desta l'attenzione quando alla fine del Tour mancano ben tre tappe. La prima delle quali, domani verso Brive-la-Gaillarde, chiamerà all'azione ancora i fuggitivi: serie possibilità di vedere la nona fuga fiume in 12 giorni.

Marco Grassi

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