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Giro d'Italia 2012: Le folli imprese di De Gendt - Vincere facile? No, grazie! | Cicloweb

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Giro d'Italia 2012: Le folli imprese di De Gendt - Vincere facile? No, grazie!

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Thomas De Gendt festeggia la vittoria sul Passo dello Stelvio © Bettiniphoto

 

Partiamo da molto dietro, sei mesi fa. Partiamo esattamente dal 2 gennaio di quest'anno quando il signor De Gendt annunciava che, tra l'amore e il Tour de France in partenza da Liegi, sceglieva l'amore. Già, perchè per chissà quale motivo, il matrimonio era stato fissato il 30 giugno 2011, giorno della partenza. Forse quando fu fissata quella data il Tour non era ancora nella testa di Thomas, oppure ci sono altri motivi familiari per cui la data era improrogabile, fatto sta che il nostro le aveva pensate tutte per aver la botte piena e la moglie ubriaca, addirittura un elicottero che dalla celebrazione l'avrebbe portato alla partenza a Liegi.

Alla fine ha dovuto metter da parte soluzioni da Mission: Impossible (che poi, con quest'UCI birichina, magari i maneggioni dell'Aigle avrebbero potuto mandargli degli ispettori nell'orario di trasferimento, giusto per rendergli le cose meno facili), accontentarsi della moglie ubriaca e presentarsi in forma per il Giro anzichè per il Tour. Dunque, è stato un destino, quantomeno curioso, a portarci questo talento in erba delle Fiandre Orientali al Giro d'Italia, per incantarci con un numero a metà strada tra classe, fortuna e follia e tentare di far risalire, dopo trentaquattro anni (De Muynck 1978, vincitore), un belga sul podio del Giro d'Italia.

A inizio Giro, parlando del più e del meno, Thomas confessò che gli sarebbe piaciuto far bene nella tappa dello Stelvio, ridendoci anche un po' su. E invece il nostro, allora ancora non al top della condizione ma voglioso di far bene, deve averci creduto abbastanza, per fare quello che ha fatto oggi: lasciare sul posto i migliori sul Mortirolo, avvantaggiarsi in discesa, guadagnare tantissimo in pianura e soprattutto tenere alla grande sull'ultima salita (e che salita) di un GT. Un qualcosa che nessuno alla viglia avrebbe detto possibile, viste le evidenze attuali di De Gendt in salita: un po' in affanno a Rocca di Cambio, benone invece a Lago Laceno, dove si è piazzato 4° facendo valere quello spunto veloce di cui è dotato, discretamente bene su un po' tutte le salite alpine, ma mai con i primissimi. 

Possiamo candidamente ammettere che Thomas ha avuto anche tanta fortuna nella sua impresa odierna (ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci). Fortuna nell'avere al suo fianco un compagno generoso come Carrara, arrivato anche a spingerlo, fisicamente, sul tratto più duro del Mortirolo, il quale poi ha disegnato le curve per lui in discesa ed ha tirato fino allo sfinimento sul falso piano. Ma soprattutto, fortuna nella situazione tattica che si è venuta a creare, coi big che tiravano i remi in barca in attesa dei loro gregari e la corsa nel caos, con le seconde punte che tentavano di evadere vedendo un'ottima occasione per risalire in classifica. Tra questi Nieve e lo splendido Ion Izagirre, altro ragazzo per il quale prevediamo un luminoso futuro, che ha fatto la parte del leone quando Carrara si è fatto da parte. 

Dopo però è toccato a De Gendt ed il belga ha fatto valere il suo ineccepibile fondo di fine corsa: compreso che l'andatura doveva aumentare, ha attaccato una prima volta con Nieve subito a ruota e Cunego a bagnomaria. Poi, Nieve è andato fuori giri, mentre il veronese saliva regolare, ma sempre a distanza di sicurezza. L'immagine che sembra affermarsi è quella di De Gendt corridore atipico, soprattutto nelle doti di recupero: sin dalla Parigi-Nizza dell'anno scorso, quando abbiamo cominciato a conscerlo, la sua condotta di gara ci è sembrata piuttosto coraggiosa.

In contropiede nella prima tappa, assieme a due volponi come Roy e Voigt, il belga riusciva a conquistare il successo anticipando la rimonta del gruppo con uno scatto nei 300 metri finali: tappa e maglia. Detronizzato il giorno dopo da Goss, Thomas non ci sta e alla terza tappa si infila nell'azione del mattino, con un altro Thomas di lusso, quel Voeckler che l'anno scorso attraversava la migliore stagione della sua carriera, e Remì Pauriol. De Gendt prende tutti gli abbuoni e anche stavolta riesce a farla in barba al gruppo, accontendosi del terzo posto di tappa e della maglia conquistata per un altro giorno. 

Dopo aver vinto una tappa in Lorena ed esser giunto secondo nella classifica finale, scalzato solo nell'ultima da Roux per gli abbuoni, il nostro dà un'altra prova della sua attitudine alle strane imprese al Giro di Svizzera, nella tappa con l'ascesa a Serfaus, dove è in fuga con altri 16 uomini e si avvantaggia prima dell'inizio dell'ascesa, della lunghezza di 10 km. Già di per sè non sarebbe una situazione vantaggiosa farsi 15 km al vento prima di una salita, se poi ci aggiungiamo che tra gli inseguitori c'è un Andy Schleck che (allora non lo sapevamo) stava facendo prove tecniche di Galibier, potevamo già dare De Gendt per spacciato. Invece il nostro non molla e, al termine di una tappa di 223 km dei quali 140 passati in fuga, riesce a tenere a debita distanza il signor Schleck, per la precisione a 35".

Dev'esser stato allora che De Gendt ha capito di avere un futuro per le corse a tappe, cosa della quale ha avuto conferme anche nel successivo Tour de France, dove nonostante una microfrattura alla clavicola che non gli permette di far bene nella prima parte, riesce a mettersi in evidenza sull'Alpe d'Huez (6° di tappa) e nella crono del giorno successivo, che conclude quarto. Eh già, il ragazzo è anche un bel motore a cronometro e se a ciò aggiungiamo una certa idiosincrasia per le corse di un giorno (finora nessuna grande evidenza, a parte un secondo posto nella Freccia Brabante 2010), comprendiamo subito che Thomas De Gendt avrà concepito il 2012 come l'anno buono per mettere alla prova le sue doti nelle tre settimane. 

Oggi come oggi, l'esame sembra superato. E il Belgio potrebbe aver trovato un altro candidato, assieme a Jelle Vanendert, per ritrovare un posto al sole nelle corse a tappe che manca dai tempi di Pollentier, Van Impe e De Muynck, se si esclude l'apparizione di Bruyneel sul podio della Vuelta 1995. Noi gli auguriamo di rimanere sempre così, allergico alle imprese facili (benchè da domani sarà ancora più controllato), perché il ciclismo ha ancora bisogno di corridori in grado di emozionare, specie dopo un Giro d'Italia come questo.

Nicola Stufano

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