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Giro d'Italia 2012: Rocca di Cambio, cambio di rotta - Big in scena, Tiralongo su Scarponi, Hesjedal in rosa

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Seconda vittoria in carriera per il siciliano Paolo Tiralongo © Bettiniphoto

dal nostro inviato

Mentiremmo se scrivessimo che questa tappa di Rocca di Cambio ce l'aspettavamo così battagliata, ma il bello del ciclismo (dello sport tutto o quasi, in realtà) sta proprio nella sua imprevedibilità, laddove ti offre spunti e divertimento anche in quei giorni che sembrerebbero sulla carta meno adatti alla fantasia. 

Dice: tutto quest'entusiasmo solo per qualche scattino e per un ultimo chilometro particolarmente emozionante? Risposta: sì, se su salite come quella di oggi in passato il massimo che si sia visto è stata spesso una processione senza intrigo. Oggi invece, sia avvenuto per il fatto che le gambe erano fiaccate dalle fatiche di ieri, o perché eravamo in una delle poche tappe di salita con abbuono alla fine, la lotta non è mancata, nei termini che andiamo ad analizzare.

Come quasi ogni giorno quest'anno, la fuga è partita molto presto, al km 0 addirittura, animata dal più annunciato degli attaccanti di giornata, Matteo Rabottini, pescarese e quindi ansiosissimo di farsi vedere sulle strade di casa, e da Mirko Selvaggi, Reto Hollenstein e Fumiyuki Beppu il quale, per via di qualche bizzarria nel suo modo di correre (a zig zag senza motivo; oppure facendo una sorta di volata ogni volta che si metteva in testa al al quartetto per il suo turno a tirare), ha monopolizzato attenzioni e sorrisi per lunghe fasi della frazione (vincendo peraltro il primo Gpm di giornata, a Colle Galluccio, a poco più di 100 km dalla conclusione).

Fino alla salita finale, in effetti, non c'è molto altro da riportare, se non che la Garmin, con Hesjedal in odore di maglia rosa (visto che i due che lo precedevano in classifica, Malori e Golas, non davano le più ampie garanzie di tenuta sull'ascesa di Rocca di Cambio), si è assunta l'incarico di tirare negli ultimi 50 km per abbattere il distacco dai fuggitivi, dopo che per tutto il giorno era stata principalmente la Lampre di Scarponi e Cunego a lavorare in testa al gruppo.

E infatti, dopo che il margine dei primi aveva toccato a più riprese gli 8', ci si è presentati ai piedi di Rocca di Cambio con non più di 2' rimasti a Rabottini e soci. Proprio vedendo la mala parata, l'abruzzese ha deciso di proseguire da solo uno sforzo che, in quattro, non avrebbe più prodotto nulla di buono, ed è scattato. Sulla facile ascesa di Rocca di Cambio, è toccato invece a Stefano Pirazzi rompere il ghiaccio in gruppo: il laziale si è mosso ai 17 km, dopo che il compagno Stefano Locatelli gli aveva preparato il terreno, e nel giro di un chilometro ha ripreso Beppu, Hollenstein e Selvaggi, poi raggiunti e superati dal grosso del gruppo (che intanto perdeva parecchi pezzi con l'andare della salita).

Ai 15 km, Malori ha fisicamente fatto ciao con la manina alle telecamere che lo riprendevano mentre idealmente faceva ciao con la manina alla maglia rosa: per lui comunque un Giro che ha assunto contorni straordinari, per la fuga di ieri, per queste 24 ore che hanno coronato un sogno, forse anche per una maggiore considerazione che da qui in poi avrà in squadra (da qui a fine Giro aspettiamoci invece di vederlo lavorare parecchio per la causa Lampre). Nello stesso momento, Agnoli si è a sua volta mosso insieme a Pietropolli e a José Herrada. Lo spagnolo ha forzato ulteriormente, staccando i due italiani, raggiunti poi ai -13 da Santaromita (tutti e tre presi dal plotone a 10 km dalla fine).

Nel frattempo, Pirazzi si era riportato su Rabottini, e Herrada su entrambi, a formare un terzetto che è durato, tra un elastico e l'altro dell'iberico, fino ai 10 km, ovvero fino al momento in cui Rabottini, dopo 200 km all'attacco, ha alzato bandiera bianca.

Ma non solo cavalli (pazzi), anche Sella (Emanuele), con Cunego (!) a ruota, si sono mossi sulla strada per Rocca di Cambio. I due veneti testè citati li abbiamo visti attaccare agli 11 km, subito prima che un forcing di Rujano mandasse in frantumi i sogni di Golas, secondo della classifica e secondo a saltare, dopo Malori: come dire, strada rosa spianata per Hesjedal a 10 km dalla conclusione.

Con Ochoa (terzo Androni a muoversi dopo Sella e Rujanito) in forcing per un bel tratto, e con un gruppo ancora forte di una sessantina di unità, la coppia rimasta al comando ha avuto una bella resistenza, difendendo i 30" scarsi che era riuscita a mettere insieme. O meglio, a difendere era solo Pirazzi, visto che Herrada non ha dato un cambio. Il fiuggitivo (non è un refuso) ha attaccato a più riprese l'uomo della Movistar, ma senza riuscire a piegarne la resistenza. E quando infine, dopo una trenata di Vicioso pro Rodríguez, l'Astana si è messa in testa a tutta (per Kreuziger, pensavamo), il margine dei battistrada si è rapidamente ridotto a un terzo.

Ai 1400 metri dalla fine, Pirazzi, forse obnubilato dall'acido lattico speso in mille scatti e scattini, ha sbagliato una curva, andando dritto e lasciando a Herrada il proscenio per qualche centinaio di metri. Ma il conservativo José non ha potuto veramente far niente per respingere il prepotente ritorno del gruppo sull'ultima rampa (coincidente con l'ultimo chilometro), ovvero la più dura, quella con pendenze del 10%.

Niemiec, al solito preziosissimo, ha spianato la strada al suo capitano, che - come non tutti si aspettavano - aveva la fisionomia e le generalità di Michele Scarponi, e non di Damiano Cunego. Il marchigiano, trovatosi lì in seconda ruota, non ha certo tirato i freni, andando a forzare per provare a staccare qualche avversario: impresa difficile, se non per qualche secondino, visto che bene o male alle sue spalle c'erano tutti i più forti rivali per la classifica, da Kreuziger a Rodríguez, da Basso allo stesso Hesjedal, da Pozzovivo a Schleck, a gruppettini in base alla maggiore o minore reattività nel breve. Tra di essi, un bel Gianluca Brambilla, giovane Colnago che ha poi chiuso al decimo posto; e Paolo Tiralongo.

Il siciliano, una sola vittoria in carriera (quella in compartecipazione con Contador a Macugnaga al Giro 2011), ha vissuto in quel chilometro finale il momento di massima grazia in carriera, tenendo testa allo scatenato Scarponi, evitando di perdere la ruota del collega, e trovando la forza per superarlo negli ultimi metri della tappa: uno sforzo talmente grande che l'ha sfinito (lasciandolo letteralmente stremato per terra, dopo il traguardo).

In definitiva, una tappa che premia un corridore con vita da mediano alle spalle, che rilancia le ambizioni di Michele Scarponi (il quale dimostra di poter brillantemente superare l'impasse mentale che gli ha provocato la compresenza di Cunego nella Lampre del Giro), e che sottolinea il respiro internazionale di una corsa rosa nella quale continuano ad esserci molti protagonisti che vengono dall'estero. Terzo di tappa è stato Schleck, quarto Rodríguez, quinto Hesjedal che poi è andato pure a vestire la prima maglia rosa canadese della storia. Moreno (settimo) è forse più di una spalla per JRO, Nieve (nono) non vuol fare atto di presenza, Henao (11esimo) e Intxausti (12esimo) e Urán (24esimo) hanno margini inesplorati, Gadret (15esimo) c'è, Kreuziger (18esimo) emergerà meglio in tappe più complicate, così come Rujano (29esimo e con qualche secondo di ritardo in più rispetto ai corridori appena citati).

Nell'ordine d'arrivo in 25", comunque, ci sono praticamente tutti, compresi gli italiani da classifica, con menzione speciale per la Colnago di Pozzovivo (sesto) e Brambilla (decimo), oltre che dell'attaccante Pirazzi. Basso, su un traguardo che non è quello che sceglierebbe per una delle sue imprese, ha chiuso comunque all'ottavo posto, aiutato dagli ottimi Capecchi e Caruso (giuntigli poco dietro); e lo stesso Cunego, lì nel gruppetto buono, ha preferito non inseguire il compagno Scarponi (probabilmente per non alimentare chissà quali polemiche, va detto).

La classifica al momento dice Hesjedal (punta di diamante di una Garmin molto forte in cui abbiamo visto bene anche Vande Velde e Stetina), e il percorso dei prossimi giorni (a partire da domani, altro arrivo praticamente in salita a Lago Laceno) potrebbe lasciarci il canadese al comando almeno fino a Cervinia. Ma son tutti abbastanza vicini, i big, e se allarghiamo il fronte a poco più di 3' di ritardo dal leader (ricomprendendo quindi pure Nieve), vediamo che veramente non c'è nulla di già segnato.

Marco Grassi

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