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Sei Giorni di Berlino 2012: Meyer-Howard sprechen Deutsch - Grande show, gara decisa all'ultimo sprint

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Meyer-Howard tra Marvulli-Diller e Keisse-De Ketele sul podio finale della Sei Giorni di Berlino © SechStageRennen-Berlin.deLa Sei Giorni di Berlino, evento culminante del calendario invernale su pista, ha una tradizione più che secolare: la prima edizione si tenne nel 1909 e quella di quest'anno, disputatasi dal 26 al 31 gennaio, è la numero 101. Un simile bagaglio di esperienza è dunque sicura garanzia di spettacolo tanto in pista che attorno alla stessa, ma va anche detto che essere i primi della classe obbliga a essere sempre all'altezza delle aspettative, offrendo un prodotto impeccabile sotto ogni punto di vista, in primis quello tecnico. Missione compiuta? Possiamo dire di sì.

Fulcro della manifestazione è stata ovviamente la Sei Giorni vera e propria, con sedici coppie al via e quasi tutti i big presenti e vogliosi di ben figurare (l'assente più illustre era probabilmente Robert Bartko, idolo del pubblico berlinese e campione in carica con Roger Kluge). Fin dalle prime gare sono state cinque le coppie a distinguersi: i campioni del mondo, gli aussie Howard-Meyer; i tedeschi Lampater-Kluge; gli svizzeri Marvulli-Dillier; i belgi Keisse-De Ketele; i campioni nazionali tedeschi, i berlinesi Bengsch-Kalz, combattivi fino all'ultimo per la gioia del proprio pubblico.

Americane, corse ad eliminazione e derny non hanno scavato solchi incolmabili tra questi team: l'americana finale, da 60 minuti, si è rivelata dunque decisiva per decretare la coppia vincitrice. Dopo cinquanta minuti ad alto ritmo, caratterizzati da vari attacchi delle coppie in lotta per la classifica generale, che non hanno però comportato sostanziali mutamenti di classifica, si è entrati nei cinquanta giri finali: ogni cinque giri un traguardo intermedio con in palio punti validi per la classifica generale.

Proprio all'inizio di quest'ultima fase di gara Lampater e Kluge, in quel momento a pieni giri ma solo quarti in classifica generale, tentano di far saltare il banco con un'azione solitaria: il resto del gruppo cerca di chiudere, ma il duo tedesco riesce a vincere diversi sprint intermedi, conquistando infine il giro che vale la testa della classifica. Non c'è neanche il tempo di entusiasmarsi che ad andare in caccia sono Marvulli-Dillier e Keisse-De Ketele: progressione violenta e decisamente efficace, giro guadagnato e leadership per i belgi. Non si tratta ancora, però, dell'azione decisiva: quella la mettono in atto Howard e Meyer, che riescono in solitaria a recuperare il giro che li separa dalle altre tre coppie, conquistando al contempo i punti sufficienti a passare in testa alla classifica.

Si arriva dunque allo sprint finale, con gli australiani a quota 253 punti, i belgi a 250 e gli svizzeri a 248, mentre Lampater e Kluge sono ormai esclusi dal discorso vittoria. La volata è senza storia, con Dillier e Keisse che si piegano allo strapotere di Cameron Meyer: la Sei Giorni di Berlino numero 101 va dunque alla coppia australiana con 263 punti. Gli altri due posti sul podio se li aggiudicano con il medesimo punteggio, 254 punti, Marvulli-Dillier e Keisse-De Ketele: il secondo posto è comunque assegnato agli elvetici.

C'è stata anche un po' d'Italia, a Berlino: due (ex) ciclisti nel palco autorità e due ciclisti sul parquet. A presenziare al primo giorno di gare è stato infatti invitato Claudio Santi, vicepresidente dell'Unione Internazionale Velodromi e organizzatore della Sei Giorni delle Rose, unica prova estiva e all'aperto del calendario internazionale seigiornistico, in programma quest'anno dal 10 al 15 luglio. A dare il via alla serata finale, invece, è stato chiamato un applauditissimo Silvio Martinello: sono ben quattro le vittorie di Silvio a Berlino e il pubblico tedesco è competente e di memoria lunga.

A tenere alto l'onore tricolore pedalando, invece, ha provato la rodata coppia Fabio Masotti-Angelo Ciccone: il risultato finale, dodicesimo posto a 21 giri dai vincitori, non è certamente eccezionale, anche perché Ciccone era reduce da una fastidiosa influenza che l'ha sicuramente limitato nei primi giorni di gara. La prova dei nostri è stata però nobilitata da una vittoria nella finale B del derny, al termine del quinto giorno di gara. Prestazione impeccabile, quella del duo targato Rosti, con Masotti bravo a gestire la situazione nella prima metà di gara e Ciccone perfetto nel finalizzare negli ultimi due giri. Vittoria ed esultanza liberatoria, dunque, visto che nei quattro derny precedenti gli azzurri avevano corso da protagonisti mancando però l'acuto finale.

Tra gli sprinter, in un campionato tedesco che non aveva nulla da invidiare a una gara internazionale (i sei atleti in gara vantavano un totale di 14 titoli mondiali, compreso quello dell'attuale campione in carica Stefan Nimke), c'è voluta l'ultima prova per dirimere il duello tra l'elegante Maximilian Levy e il potente Robert Förstemann: l'ha spuntata quest'ultimo, dopo un estenuante surplace di oltre sette minuti, un'emozione interrotta da uno dei responsabili dell'organizzazione, che ha sollecitato i due atleti a ripartire tra i fischi del pubblico allibito. Vittoria dunque per il talentuoso Robert, autentico idolo di grandi e piccini grazie alla sua simpatia, la sua disponibilità e le sue cosce degne di un body-builder (72 centimetri di circonferenza, l'attrazione più fotografata dell'intera manifestazione).

Grande apprezzamento di pubblico hanno riscosso anche gli stayer, gli specialisti del dietro-motori: qui la vittoria finale è andata all'idolo di casa, Florian Fernow, che ha battuto lo svizzero Mario Birrer e il campione europeo Patrick Kos, apparso un po' sottotono.

Per finire, va ricordato come l'edizione numero 101 della Sei Giorni di Berlino abbia rotto un tabù: per la prima volta, infatti, hanno fatto parte del programma berlinese anche delle gare femminili, con dodici atlete a darsi battaglia per la conquista della Ladies Cup, competizione che ha visto le ragazze affrontarsi in varie prove, dal derny alla corsa a punti, passando per l'inseguimento a squadre. La vittoria, al termine della tre giorni di gare, è andata alla berlinese Charlotte Becker, già campionessa nazionale su strada nel 2010. Sul podio, ma ben distanziate, hanno trovato posto anche Madeleine Sandig, che con Maximilian Levy forma una coppia "ad alta velocità", e la promettente diciottenne danese Julie Leth.

In conclusione, lo spettacolo offerto dalla Sei Giorni di Berlino merita di essere promosso a pieni voti: la cornice di pubblico è stata semplicemente straordinaria, con spalti sempre pieni e molto caldi, capaci di raggiungere vere e proprie punte di delirio nei momenti topici delle varie gare; il programma, come visto, presentava un'ampia varietà di prove (anche se questo, come diremo fra poco, può rappresentare anche l'unico punto debole della manifestazione), con la meritoria introduzione di uno spazio riservato alle ragazze; con grande lungimiranza, infine, un'intera giornata di corse è stata dedicata al pubblico di domani, con il "Familentag" domenicale: vedere centinaia di bambini allungare la mano per ottenere un "cinque" da Förstemann, Levy o uno qualsiasi degli altri atleti in gara è stata una delle cose che più ci hanno fatto piacere, visto che mai come in questo periodo il ciclismo ha bisogno di un pubblico che sappia emozionarsi. Ci scuserà Bertolt Brecht, ma ben misero è lo sport che non ha bisogno di eroi.

L'unica critica che si può muovere è invece al programma di gara: lo spettacolo offerto da stayer, sprinter e Ladies Cup è spettacolare e di ottimo livello, ma va a discapito del programma principale, davvero piuttosto esile (il tempo effettivo di gara non supera le due ore e mezza a serata, con americane mai più lunghe di 45 minuti, tranne che l'ultimo giorno). Questo finisce per penalizzare il pubblico più interessato all'aspetto sportivo, visto che oltre alla quantità viene danneggiata la qualità: gli atleti sono sì più freschi, ma anche molto raramente a pieno regime, con ovvie conseguenze negative sulle performance agonistiche. Trovare una soluzione non è facile: o si allungano le serate, già non brevissime, o si interviene sulla parte di show musicale e sulle gare "minori". Sempre ammesso che a Berlino si abbia voglia di cambiare una formula che funziona.

Stefano Marchesi

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