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Tour de San Luis 2012: Chicchi di grandine, vento di vittoria - Haedo 2°. Ventagli, bene Nibali-Contador

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Francesco Chicchi, a sinistra, batte al fotofinish Juan José Haedo nella prima tappa del Tour de San Luis © Bettiniphoto«Io la conoscevo bene» non è solo un bel film di Antonio Pietrangeli, è anche una frase che Francesco Chicchi potrebbe usare per commentare la sua vittoria a Villa Mercedes, al Tour de San Luis iniziato oggi in Argentina. Potrebbe dire così perché due anni fa, prima tappa del 2010, San Luis-Villa Mercedes, chi vinse? Francesco Chicchi.

La cosa ancor più divertente, però, è che anche Juan José Haedo potrebbe usare l'identica locuzione per commentare il suo secondo posto, perché tre anni fa, prima tappa del 2009, San Luis-Villa Mercedes, chi fu battuto da un italiano (nell'occasione, da Mattia Gavazzi)? Juan José Haedo! (In realtà JJH qui vinse pure una volta, nel 2008, ma questo dato è effettivamente poco rilevante ai fini di questa bizzarra sceneggiatura)...

Nel ciclico ripetersi di queste vicende ciclistiche, ciò che non è stato uguale a se stesso è proprio il disegno della frazione: praticamente identica, sì, ma con un paio di giri di circuito in partenza ad allungare di una ventina di chilometri questa nuova versione della tappa nei confronti di quella precedente; per il resto percorso uguale, con salita (facile) della Cumbre in avvio, poi lunga dolce discesa fino all'arrivo.

Una tappa facile, perfetta frazione d'avvio di una corsa minore, se non ci si fossero messi di mezzo vari agenti atmosferici a influenzarne decisamente l'andamento: il gran caldo dell'estate sudamericana arriverà forse nei prossimi giorni, sta di fatto che l'avvio è stato più che mai bagnato, con una forte pioggia che, proprio sulla salita della Cumbre, si è trasformata in pesante grandine, tanto che il gruppo si è fermato e la corsa è stata per qualche minuto sospesa, col fuggi fuggi dei corridori a cercare riparo sotto alberi e protezioni di fortuna.

Il fuggi fuggi, in quel momento, era anche ciò che aveva in mente Emanuel Guevara, tra pochi giorni 23 anni, scattato proprio in avvio di salita e avvantaggiatosi sul plotone di un paio di minuti. Un margine che ovviamente è cresciuto molto quando gli inseguitori si sono fermati, e quando già sognavamo per questo pezzo un titolo del tenore di "Che Guevara a San Luis!", a sottolineare l'impresa del giovane argentino, il gruppo è ripartito, e dal gruppo sono partiti a loro volta due altri sudamericani. Uno, l'uruguayano Cesar Danilo Berti, 38enne che fin qui non aveva mai fatto capolino nel ciclismo maggiore; l'altro, Maximiliano Badde, esperto connazionale nonché compagno di squadra (nella San Luis Somos Todos, formazione di casa) di Guevara.

La tattica, che ha mandato in visibilio il pubblico indigeno, era chiara quanto bella: conservare una superiorità numerica del team di San Luis, in modo da firmare un clamoroso colpaccio al cospetto della notevole nobiltà ciclistica presente nella corsa (non l'abbiamo ancora scritto, ma in gara c'è un certo Alberto Contador, oltre al nostro Nibali, che del Tour de San Luis può ormai dirsi un aficionado).

Il progetto ha anche avuto una sua certa credibilità fino a metà tappa, quando il rientro dei due contrattaccanti sul battistrada ha permesso di tenere a lungo un vantaggio di 9' sul plotone. Ma ha iniziato a naufragare quando, con l'avvicinarsi del traguardo, sono stati i team del World Tour a mettersi in testa e ad imprimere tutto un altro ritmo all'inseguimento. La Movistar di Ventoso, la Saxo degli Haedo, ma anche la Liquigas di Viviani hanno messo i loro uomini davanti quando mancavano 70 (dei 189 totali) km all'arrivo. Il risultato è stato il dimezzamento del gap in 20 km, e - quel che è peggio per i nostri sogni titolistici - abbiamo anche dovuto annotare l'esaurimento totale delle energie di Guevara, che ai -50 si è staccato dai compagni di fuga, lasciandoli soli alla mercé del vento e del rientro del gruppo.

Non inganni la citazione solo en passant del vento, perché il terzo agente atmosferico di giornata (dopo pioggia e grandine) ha avuto un gran ruolo nei 20 km conclusivi, quando l'annullamento della fuga era ormai andato da tempo in cassazione (era avvenuto ai -35). Tutti sanno che quando di mezzo ci sono il vento e una squadra di Bjarne Riis, può sempre succedere di tutto. E in effetti anche stavolta qualcosa è successo, col gruppo spezzato in tre tronconi da un ampio ventaglio ai -20. Davanti son rimasti una quarantina di uomini, in mezzo una cinquantina, e dietro gli altri 70.

Nel primo gruppo, tra gli altri Contador (che ha anche tirato abbastanza nel frangente), Nibali, Nocentini, Serpa, Arroyo, Leipheimer, Chavanel e Boonen; nel secondo sono rimasti intrappolati Guardini, Rasmussen, Viviani, Pozzato e Maxi Richeze; nel terzo si son ritrovati invischiati Visconti, Rubiano, Sella e Ferrari (che l'anno scorso a Villa Mercedes vinse la terza tappa). Decisamente un notevole storno, con protagonista il team di un corridore che deve darci dentro per rientrare in un peso forma abbastanza trascurato nell'ultimo inverno (parliamo sempre di Contador).

La volata la si è fatta quindi con chi era rimasto nel lotto, e qui torniamo alle rimembranze di Chicchi, che due anni fa su questo traguardo aveva battuto Edgardo Simón, Napolitano e Loddo, e invece stavolta, al termine di uno sprint lunghissimo con testa a testa appassionante e risultato stabilito solo al fotofinish, ha avuto la meglio su un tenacissimo Juan José Haedo; alle spalle dei due, abbastanza staccato, Mauro Richeze, che dopo diversi anni in Italia (tra l'esperienza nei dilettanti e quella alla CSF, con l'ultima annata nella non esaltante Ora Hotels) è in attesa di una nuova sistemazione e intanto corre con la selezione argentina.

Quarto, quel Luis Mansilla che ha vinto due tappe alla recente Vuelta a Chile (lui è proprio cileno), quinto l'espertissimo Jimmy Casper, sesto il giovane Sonny Colbrelli che ha così colto il primo piazzamento da pro' (il suo compagno Paolo Locatelli l'abbiamo invece visto regolare il gruppo allo sprint intermedio di Justo Daract), settimo Francisco Ventoso e via via tutti gli altri. Tom Boonen, che pure era nel primo drappello, non ha disputato la volata, sfilandosi nel finale e lasciando il proscenio al compagno Chicchi. Il gruppo di Guardini, Viviani e Pozzato è arrivato al traguardo con 2'09" di ritardo dai primi, il drappello di Visconti è transitato a 4'08".

Chicchi ovviamente veste anche la maglia di leader della classifica davanti a Haedo e Richeze, e per lui, a 31 anni, si apre nel migliore dei modi una stagione che non potrà essere peggiore della precedente: non lo potrà essere proprio matematicamente, visto che l'anno scorso il toscano ottenne al massimo un secondo posto in una tappa in Qatar, mentre quest'anno ha subito segnato un punto nella casella delle vittorie. Nella fusione tra Quickstep (in cui militava nel 2011) e Omega Pharma, uno come lui poteva rischiare di trovare qualche spazio in meno per esprimersi, è quindi un bene che abbia subito fatto uno squillo per ricordare a tutti che, nel caso, il suo contributo lo può ben garantire.

Domani, da Fraga a Juana Koslay, 145 km molto facili, e quindi i velocisti potranno riprovarci, a patto di superare indenni uno strappetto posto nel finale. È la prima volta che il Tour de San Luis propone quest'arrivo, ragione per cui non abbiamo riscontri dal passato: l'unica presentazione possibile è perciò una classicissima "attenzione alle sorprese".

Marco Grassi

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