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Tour Down Under 2012: Valverde là dove merita - Alejandro su Gerrans (nuovo leader): finisce così l'incubo OP

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In Australia il primo successo della nuova era per Alejandro Valverde © MovistarTeam.com

Potremmo iniziare quest'articolo giocando con la sede d'arrivo della quinta tappa del Tour Down Under 2012, e scrivendo che oggi c'è stata la fine di una (Wil)lunga attesa... Potremmo soffermarci sulle calde e commosse e anche rabbiose e liberatorie lacrime che hanno bagnato il volto di un campione ritrovato, subito dopo il traguardo; potremmo peraltro anche citare la chiusura del pezzo di ieri, che presentava la tappa regina del TDU con queste parole: "anche se, tra tutti, il nome che evocherebbe le suggestioni maggiori è quello di un certo Alejandro Valverde".

Era più un auspicio che un pronostico, ma qualsiasi cosa fosse, oggi è stato tramutato in realtà. E le suggestioni evocate dal ritorno al successo del murciano dopo un anno e mezzo (in realtà 2) di squalifica per i fatti di Operación Puerto sono state effettivamente tante.

La frazione che doveva essere decisiva (ma che in realtà non lo è stata, come vedremo) è entrata subito nel vivo, con l'attacco al km 2 di Thomas De Gendt, tra i più attivi in questa settimana; appresso al corridore della Vacansoleil, si sono mossi O'Grady, Miyazawa, Fenn, Haas e Goddaert, e, sotto un blando controllo a distanza operato da Movistar e BMC, il sestetto ha messo in cascina fino a 8' di vantaggio. Tanta roba ma tutta virtuale, visto che, com'era anche logico che fosse, tutto il margine è evaporato con l'avvicinarsi del circuito finale, quello con la doppia scalata a Old Willunga Hill.

Sulla salita, a 25 km dalla fine, Haas ha attaccato ed è rimasto solo in testa: se O'Grady ha dato l'impressione di rialzarsi per dare una mano ai compagni della GreenEDGE (e al capitano Gerrans), gli altri fuggitivi si sono squagliati uno dopo l'altro, sicché in cima il giovincello della Garmin è transitato con 35" su De Gendt e 1'05" sul gruppo con Dennis che ha sprintato per il terzo posto al Gpm, lui che era fortemente interessato a difendere la maglia bianca di migliore scalatore.

Haas, tutto fuorché un pusillanime, non si è depresso quando ha capito che il gruppo (quel che ne restava, ovvero meno di 30 uomini) l'avrebbe presto ripreso: anzi, l'australiano messosi in (abbagliante) luce tra Herald Sun Tour e Japan Cup in ottobre (due vittorie che gli hanno aperto a 22 anni le porte di un team World Tour), ha tirato fino a consumare l'ultima goccia di energia, rendendo così difficile a Rojas, Gutiérrez Palacios e Voigt il compito di finalizzare l'inseguimento per conto dei capitani di Movistar (Valverde) e RadioShack (Machado e/o Bakelandts).

Preso infine Haas a 10 km dalla fine, gli stessi RadioShack hanno controllato la situazione fino all'abbrivio dell'ultima scalata. A questo punto, a poco più di 4 km dalla fine, Danny Pate ha approfittato di un momento di traccheggio in testa al gruppetto ed è evaso. La fagianata dell'americano ha allertato Machado, Dennis e Gutiérrez, che prontamente gli si sono accodati, mentre Ballan (il cui 19esimo posto al traguardo ha poi rappresentato il miglior piazzamento per gli italiani oggi) tirava il gruppo a beneficio del leader della classifica Martin Kohler, un capitano sin troppo sicuro dei propri mezzi, ma in effetti fino a quel punto praticamente impeccabile.

Sulla salita è stato Machado a forzare il ritmo e a far capire a José Ivan Gutiérrez che forse sarebbe stato meglio rialzarsi e aspettare i compagni della Movistar per dar loro una mano, visto che là davanti il portoghese faceva sul serio. Un pensiero confortato dal successivo contropiede di Dennis, che ai 2 km ha sollecitato la risposta dello stesso Machado, mandando all'aria Pate: il corridore della Sky, staccatosi dalla coppia rimasta al comando, si è agganciato per un breve tratto alla ruota di Madrazo (a sua volta lanciato con un cambio all'americana dallo stesso Gutiérrez che rinculava), ma da dietro l'arrivo di Michael Rogers sulla coppia inseguitrice annunciava che i più forti del gruppo erano in zona, tutt'altro che arresi.

Il vantaggio di Machado e Dennis ai 1500 metri sembrava ancora quasi rassicurante, ma a questo punto Javier Moreno si è prodotto in una lunga trenata che ha riportato sotto il capitano Valverde con Gerrans, Boasson Hagen e, in seconda battuta, anche Bakelandts. All'arco dell'ultimo km, il ricongiungimento era cosa fatta.

Dopo un breve momento di studio, è stato ancora Rogers, ai 400 metri, a proporre uno scatto: di fatto, l'australiano della Sky ha lanciato la volata. Alla ruota di Michael, un attentissimo Valverde; alla ruota di Alejandro, un Gerrans scalpitante, stimolato vieppiù dall'assenza, in quel gruppetto, di tutti quelli che lo precedevano in classifica: come dire, «mi basta precedere Boasson Hagen e vado in maglia ocra». Kohler, ex primo della generale, aveva alzato bandiera bianca proprio a metà dell'ultima salita, e all'arrivo ha poi pagato 1'18".

Ai 250 metri Gerrans è partito secco, e Valverde l'ha visto subito, accodandosi senza problemi. Il capitano della GreenEDGE, potendo scegliere le traiettorie, ha tentato di approfittare di una semicurva a sinistra, prendendola all'interno e lasciando allo spagnolo la via più lunga: ottima mossa, ma la voglia di riscatto che animava colui che veniva chiamato l'embatido si è rivelata troppo forte per essere contenuta dal pur bravo campione nazionale australiano. Così, sul breve rettilineo d'arrivo, Valverde è riuscito a passare l'avversario, esultando dopo un anno e mezzo (i suoi ultimi successi, al Romandia 2010, sono stati ad ogni buon conto cancellati dalla sopraggiunta squalifica), e scoppiando in un pianto dirotto pochi secondi dopo, non appena si è trovato a rispondere alle domande dell'intervistatore di casa. Un pianto in cui c'è tutto il senso di rivincita del murciano, e in cui trova spazio anche una dedica allo sfortunato Xavier Tondo, che un anno fa di questi tempi ben si comportava al Tour de San Luis in Argentina.

Per Valverde la prima vittoria della nuova era, potremmo dire; per la Movistar, la gioia di aver avuto ragione ad aspettare il suo capitano storico, e ad essergli stata vicina nell'anno passato senza mai gareggiare, il 2011. E c'è da scommettere che la riconoscenza del 31enne di Las Llumbreras (il quale ha definito quella di oggi come «la vittoria più importante della mia carriera, a livello emozionale») troverà (ben) altri traguardi su cui dispiegarsi.

Gerrans, battuto di poco da Alejandro, si consola ampiamente con la maglia ocra meritatamente conquistata (pur con lo stesso tempo dell'iberico, Simon è premiato dalla miglior somma di piazzamenti). Alle spalle del duo di vincenti, Tiago Machado, capace di restare ben reattivo per prendersi il terzo posto di tappa e l'identico piazzamento in classifica, a 8" da Gerrans; quarto e quinto Rogers e Dennis, solo sesto Boasson Hagen (un po' deludente su un arrivo che in teoria era abbastanza adatto a lui, ma forse confuso dalle mosse del compagno di squadra Rogers).

La situazione di classifica, coi primi due praticamente appaiati, promette di aggiungere notevoli contenuti alla tappa di domani, che chiuderà il Tour Down Under e che promette di essere non solo una velocissima passerella per le strade di Adelaide: non tanto nell'atteso sprint conclusivo, in cui senz'altro ci saranno a lottare velocisti molto più sprintosi dei nostri due eroi; quanto nei due traguardi volanti (al km 36 e al km 54 sui 90 totali), sarà lecito attendersi un tentativo da parte della Movistar, che fatto 30, vorrà fare 31, cercando di far prendere un abbuoncino al suo capitano, che scavalcherebbe così l'avversario.

Insomma, il TDU 2012 non è finito in cima a Old Willunga Hill, come molti pronosticavano. In generale, il TDU non finisce assolutamente né oggi né domani: l'edizione che stiamo vivendo è di gran lunga la più appassionante di sempre, la più interessante a livello tecnico (proprio grazie all'inserimento dell'arrivo in salitella di oggi), e continua ad essere baciata da un'attenzione popolare notevole. Il folto pubblico sulle strade ci dice di un ciclismo che in Australia tira sempre di più: se n'è accorta anche la Santos, azienda che dà il nome alla corsa e che - è notizia di oggi - ha confermato la sponsorizzazione per altri 3 anni: la crescita continua.

Marco Grassi

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