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Capodanno in Sicilia: Tutti per uno, arancini per tutti - Ferrari, Montaguti, Caruso e il 2012 che inizia | Cicloweb

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Capodanno in Sicilia: Tutti per uno, arancini per tutti - Ferrari, Montaguti, Caruso e il 2012 che inizia

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Roberto Ferrari, Damiano Caruso e Matteo Montaguti © Marco FiorillaCi sono un siciliano, un lombardo e un romagnolo... Non è l'inizio di una barzelletta ma uno dei tanti affascinanti incroci di destini che il ciclismo può regalare. In una borgata marina tanto incantevole quanto remota situata nell'estremo sud della Sicilia, Punta Secca, tre corridori aspettano e preparano il 2012 con semplicità e fiducia.

Padroni di casa Damiano Caruso e la sua ragazza. Ospiti graditi il forlivese Matteo Montaguti e il bresciano Roberto Ferrari, entrambi accompagnati dalle loro dolci metà che in un angolo ricoprono di smalto le loro unghie. È la sera di San Silvestro, nell'aria c'è un buon odore di dolciumi e di specialità ragusane. Al piano inferiore si friggono gli arancini, resi celebri dalla saga del Commissario Montalbano che proprio a Punta Secca ha trovato la sua dimora televisiva.

I tre vecchi compagni di squadra, rimasti molto legati nonostante ognuno abbia preso strade diverse, si concederanno qualche libertà dalla rigida alimentazione in questa notte di Capodanno che ci si appresta a festeggiare. Dal giorno dopo ognuno di loro comincerà a pensare solo alle corse: Montaguti esordirà in Australia, al Tour Down Under; Ferrari ripartirà come l'anno scorso dall'Argentina; mentre Caruso è impaziente di capire se e quando potrà dare il via al suo 2012.

In attesa che i primi arancini di casa Caruso siano pronti, si fanno due piacevoli chiacchiere sul divano davanti a una stufetta dalla quale Montaguti riesce difficilmente a staccarsi.

Matteo, se senti così freddo allora non è vero che in Sicilia il clima è perfetto per allenarsi?
«Fa freddino, è vero, ma è un freddo sopportabile. Però stare al calduccio fa sempre piacere. Io sono venuto qui non per allenarmi ma solo due giorni per passare il Capodanno con la mia ragazza a casa di Damiano: oggi infatti ho fatto il turista ed è stato stupendo visitare Ragusa sotto un sole quasi primaverile. Damiano e Roberto invece si sono fatte le loro 4 ore e mezza. Quasi li ho invidiati: non sempre si trovano giornate belle in inverno dalle mie parti. Qui invece a quanto pare capita spesso e a 100 km da qui si può anche fare altura sull'Etna. Credo che farò una capatina sul vulcano durante la stagione anche se mi rievoca brutti ricordi: l'anno scorso ho vissuto una giornata terribile nella tappa del Giro che prevedeva la doppia scalata».

Roberto, tu invece hai ripreso a pieno regime dopo lo stop dovuto alla mononucleosi?
«Gli esami dicono che tutto è ok quindi ho ripreso anche se ancora i carichi di lavoro non sono estenuanti. Tra ieri e oggi siamo stati 9 ore in sella lungo le strade iblee che sono perfette per tornare a pedalare perché presentano percorsi vari senza salite lunghissime. Il sole ci ha sempre accompagnato nei nostri allenamenti e, purtroppo, anche il vento. Tra un mese dovrei tornare alle corse in Argentina e devo farmi trovare con una gamba discreta».

E tu, Matteo, quando riattaccherai il numero sulla maglia?
«Tour Down Under. Quindi tra un paio di settimane volerò in Australia. Nel frattempo, tra tre giorni, andrò in Francia per la festa e la presentazione ufficiale del team».

Raccontaci del tuo primo anno oltralpe.
«Ma diciamo che oltralpe si va poco: per eventi come questi oppure per fare i ritiri in altura. In questo primo anno mi sono trovato molto bene in questa nuova squadra. Volevo fare un'esperienza all'estero e quando mi si è presentata l'occasione con l'AG2R, ho subito accettato. Se Nocentini da 5 anni milita in questa squadra, mi son detto, allora un motivo ci sarà. Adesso arriverà anche il mio corregionale Belletti e la cosa mi rallegra anche se dovrò tradurre ogni frase per lui. Poi mi trovo bene con tutti i compagni e i tecnici. Ho un buon feeling con Casper: uno che in corsa si trasforma ma che giù dalla bici è un ragazzo splendido».

E hai avuto modo di conoscere l'oggetto del mistero, e delle polemiche, l'iraniano Zargari (ingaggiato, al di là del suo effettivo valore, perché aveva conquistato molti punti nel circuito asiatico)?
«Finora per problemi di visto nessuno l'ha visto e presumo che forse lo vedremo raramente per tutta la stagione anche se Shpilevsky ci ha parlato bene di lui. Il ciclismo ha preso una piega strana per colpa di qualcuno e le squadre sono anche vittime del sistema e per cercare di sopravvivere devono poter sfruttare ogni singola possibilità che le strane regole del sistema consentono».

Poi la tua squadra deve anche lottare per la supremazia in patria: tra voi, FDJ, Europcar e Cofidis è sempre una bella lotta.
«Quest'anno eravamo noi l'unica squadra World Tour ed è stato motivo d'orgoglio anche se i vertici del team sono rimasti delusi per come è andato il Tour. La FDJ era sempre in fuga, l'Europcar è stata stellare con Voeckler e Rolland, mentre noi ci siam fatti vedere poco. La rivalità c'è soprattutto con queste squadre, meno con la Cofidis con la quale abbiamo battagliato alla Vuelta per la conquista della classifica dei GPM. Moncoutié era più forte di me ma la mia squadra mi ha aiutato poco e ha creduto poco in me. In quell'occasione mi sono arrabbiato io col mio team: alla fine è andata come è andata ma tutti hanno capito che possono contare su di me per cui c'è la possibilità di poter anche fare il Tour nel 2012. L'anno scorso non ho neanche chiesto di correrlo, quest'anno invece sono già nella lista dei convocabili e se esco bene dal Giro posso correre questa affascinante corsa».

Una rinascita del ciclismo francese quindi c'è.
«Si vede che c'è ed è dovuta anche al fatto che ogni squadra, su 25/28 corridori, ne ha almeno 20 francesi. Questa è una politica che i due top team italiani non perseguono e che penalizza il nostro ciclismo. Poi è anche una questione di sponsor e di soldi: molte squadre francesi possono aspirare a correre il Tour, la corsa più bella e affascinante del mondo, quindi è più facile trovare chi vuol investire nel ciclismo».

L'Androni-CIPI è un esempio di squadra di vertice tra le Professional che punta molto sui corridori nostrani, vero Roberto?
«Il pregio di questa squadra è il gruppo: inteso come corridori, tecnici e staff. È davvero un bell'ambiente con valori umani stupendi. Quando l'anno scorso sono arrivato si respirava subito un bel clima».

Tra l'altro tu sei arrivato alla corte di Savio insieme ad altri due ex De Rosa, Chiarini ed Ermeti. Considerando che anche Damiano e Matteo erano in quella squadra, possiamo dire che quell'anno la vostra era una super squadra.
«In quel 2010 abbiamo fatto tante vittorie. Abbiamo iniziato in Calabria con la vittoria di Matteo e abbiamo proseguito senza fermarci mai. Più che il team, il segreto del successo era proprio il gruppo di corridori che si è venuto a trovare in quella formazione. Infatti un po' tutti siamo riusciti ad emergere dopo quella parentesi in De Rosa».

E tu sei emerso splendidamente battendo o impensierendo diverse volte velocisti più quotati, arrivando a vestire anche l'azzurro per uno stage proprio in Sicilia.
«Sì, però dopo quello stage la mia stagione è finita per colpa della mononucleosi. Mi ha portato un po' di sfortuna quella maglia azzurra forse. E dire che speravo di lottare per un posto, anche da riserva, a Copenhagen. Uno stop così lungo non mi era mai capitato».

È recente la notizia che il finale della Sanremo varierà per cercare di ostacolare i velocisti, la cosa ti impensierisce?
«Non più di tanto perché non sono mai riuscito ad arrivare davanti nella Classicissima pur essendo un corridore che nelle salitelle si difende, infatti sono stato uno dei pochi velocisti (scemi) che ha concluso il Giro. Per ora comunque non ci penso alla Sanremo anche se è ovvio sperare in qualcosa e prepararsi per essere al top. L'anno scorso, insieme a Matteo e a Damiano, mi sono ritrovato tagliato fuori dalla caduta che ha deciso la corsa. Speriamo quest'anno di essere presenti tutti e tre nel finale».

«Sarebbe stupendo – interviene Montaguti – anche perché la Sanremo ha un fascino unico e indescrivibile».

Quest'ultimo desiderio espresso dai due amici, Damiano non l'ha potuto ascoltare, ma lo avrebbe sicuramente sottoscritto. Da buon padrone di casa, dopo aver ascoltato inizialmente i suoi ospiti, è andato a controllare che in cucina tutto vada per il verso giusto: i compagni di tante battaglie il giorno dopo torneranno di nuovo a casa, magari con un po' di nostalgia ma con tanta soddisfazione per i giorni vissuti in Sicilia tra allenamenti, passeggiate in spiaggia e assaggi di pietanze squisite, per cui l'attenzione del giovane alfiere della Liquigas è tutta rivolta agli arancini quasi pronti che dovranno soddisfare il palato dei due corridori e degli altri invitati che tra non molto cominceranno ad arrivare.

Le chiacchiere sul ciclismo vengono quindi accantonate e ci si concentra sulle discussioni inerenti la buona cucina iblea e la notte lunga che si sta per festeggiare. Si archivia il 2011 e si inaugura il 2012 con tanta spensieratezza tra amici. Veri amici. Perché, comunque vada l'annata e qualsiasi strada prenderà il futuro di ognuno di questi tre straordinari ragazzi, resterà senza dubbio tra loro un legame di amicizia profonda che il ciclismo ha contribuito a far nascere e a cementare grazie alla condivisione di giornate di fatica e di gioia, e anche di serate come questa: tutti insieme nel tepore di una casa in riva al mare aspettando la mezzanotte per augurarsi un 2012 dorato, come la panatura dei primi arancini che Damiano, trionfante, tira fuori dall'olio bollente.

Marco Fiorilla

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