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Vuelta Chiapas 2011: Ed ora, consigli per gli acquisti - Nuove leve intorno al vincitore Casas

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La festa finale con Ivan Mauricio Casas e gli altri premiati della Vuelta Ciclista Chiapas 2011 © Cicloweb.itdal nostro inviato

Finita la Vuelta Ciclista Chiapas, diamo spazio a un po' di impressioni che la corsa messicana ci ha lasciato, e ad alcuni personaggi che hanno particolarmente caratterizzato la gara, giunta alla quarta edizione.

Sulla qualità tecnica dell'organizzazione torneremo in seguito nell'ambito di un discorso più ampio, qui possiamo anticipare che alcune situazioni di gara realmente da brividi ci fanno pensare a quanto sia terribilmente lungo il cammino verso un ciclismo più sicuro a tutte le latitudini.

La corsa: non complicatissima dal punto di vista del percorso, con due prime tappe abbastanza abbordabili sulla carta ma rese terribili dal caldo tropicale che ha provocato qualche mezza insolazione in gruppo e che ha fatto sì che sin da subito emergessero i valori reali. Ha vinto alla fine Ivan Mauricio Casas davanti a Vicente Muga, e sono i due che hanno centrato entrambe le fughe dei primi due giorni, che hanno poi resistito bene nelle due frazioni di montagna (un plauso particolare a Casas per come si è gestito nella quarta frazione, quando ha seriamente rischiato di perdere la maglia gialla conquistata il giorno prima ma si è salvato con tutta l'esperienza di cui dispone), e che hanno disputato un'ottima crono. In pratica, ha primeggiato chi è stato sulla corda dall'inizio alla fine della Vuelta Chiapas.

La vittoria del primo giorno è andata a Jorge Castiblanco, giovane colombiano che sembra in prospettiva un notevole uomo da classiche, visto che sa attaccare, sa resistere su terreni difficili pur non essendo il classico stambecco sudamericano, e tanto per gradire è pure veloce in volata. Correrà nel 2012 con la EPM-Une, ma se non avesse firmato il contratto in questione avrebbe potuto approdare già alla Coldeportes di Claudio Corti. Il discorso potrebbe essere solo rinviato, comunque.

A Tonalá la seconda tappa l'ha conquistata l'esperto catalano Sergi Escobar (uno dei molti pistard presenti in Messico a fare la gamba in vista della prova di Coppa del Mondo di Cali, in Colombia, nel prossimo weekend), e le due frazioni successive hanno lanciato altri due veterani del calibro di Gregorio Ladino e Victor Niño, colombiani che da oltre un decennio scrivono la storia di questo tipo di gare.

In particolare, la frazione di San Cristobal, comprendente una salita di 50 km, ha visto una scellerata scelta del ds del Canel's Turbo che ha spianato la strada al successo di Niño: nel corso della citata salita, erano rimasti davanti in 6, e tra questi c'era Ladino (che corre appunto nel Canel's Turbo); al Gpm, a 13 km dalla fine, davanti son rimasti in 3, e Ladino c'era ancora. A quel punto Gregorio è stato fermato sul successivo falsopiano per aspettare il compagno Carlos López, più avanti di lui in classifica; ma ormai i buoi erano belli che scappati dalla stalla, e in questo modo si è impedito allo stesso Ladino di bissare la vittoria del giorno prima, senza che López abbia potuto recuperare alcunché nel finale dai primi.

Buon per Niño, quindi, ma la quarta tappa ci rimane in mente anche per l'impressionante prestazione di un giovane danese con gli occhiali, John Kronborg, che ha avuto la faccia tosta di restare per tutto il tempo con gli scafatissimi colombiani e venezuelani sulla salita (50 km, ripetiamo!), e poi, quando sprintando per il secondo posto (Niño gli è sfuggito sulla discesa finale) si è reso conto che avrebbe potuto pure vincerla, questa tappa, si è prodotto in un urlo di rabbia che la dice lunga sul suo carattere.

Espressione costantemente stralunata, fisico esile e quindi con ampi margini di crescita, tendenza all'attacco continuo (lo ha dimostrato il giorno dopo, quando pure di spazio per scattare non è che ce ne fosse tantissimo) Kronborg sconta il fatto di aver scoperto un po' tardi di essere forte in salita, per il semplice fatto che in Danimarca di salite non ce ne sono. Insomma, il 23enne con gli occhiali ha già tutte le carte in regola per poter diventare un personaggio, se riuscirà ad affrancarsi quanto prima dal circuito (infra)Continental in cui finora è invischiato.

Se Kronborg è un po' il cavallo pazzo della situazione, Vicente Muga è uno che fa spavento per quanto è metodico: 22 anni, viene dal Cile e nella corsa di casa ha conquistato in gennaio un inatteso terzo posto. Sogna di venire a correre in Europa quanto prima (magari in Spagna, ma se ricevesse una chiamata dall'Italia ci verrebbe ugualmente a nuoto), e ha dato lo scarto di qualità alla sua ancora freschissima carriera in maniera inconsueta: si è messo a studiare. Ha fatto un corso universitario per diventare preparatore atletico, ci si è laureato, ed è diventato l'allenatore di se stesso.

Oltre a ciò, un altro fattore è l'arrivo al suo fianco dell'ex corridore argentino Sergio Gili, che lo consiglia («Ascolta tutto quello che gli dico», sostiene Gili) in qualità di direttore sportivo nelle trasferte che la squadra R2 Bianchi fa in giro per l'America Latina, e che è visto da Muga come un vero e proprio maestro. I risultati sono eclatanti, visto che il ragazzo va fortissimo in salita (non ha mai perso le ruote dei big della classifica), è intelligente al cubo (ha capito subito l'importanza delle due corpose azioni da lontano dei primi due giorni), e anche nelle cronometro sa il fatto suo. La somma di tutto ciò è il secondo posto finale nella Vuelta Chiapas, alle spalle di Casas. Aspettiamo Bicho (così è soprannominato Vicente) alla prossima Vuelta a Chile, in gennaio, per un'ulteriore conferma delle sue qualità. Di sicuro oltre al fisico ha davvero una testa notevole.

A Comitan, il penultimo giorno, l'unica volata di gruppo ha premiato il serbo Marko Stankovic, altro giovanotto interessante che sa ben comportarsi in volata ma anche andare all'attacco, e nella frazione in questione ha fatto entrambe le cose; tra l'altro nella selezione serba abbiamo rivisto all'opera Esad Hasanovic, altro attaccante nato con un passato in Italia (nei Centri della Calzatura) che forse meriterebbe un'altra chance in un ciclismo di livello superiore a quello Continental (considerando che non ha ancora 27 anni).

Ma nella tappa di Comitan anche gli italiani hanno fatto vedere buone cose, con Masotti, Buttazzoni e Ciccone (questi ultimi due hanno messo nelle gambe chilometri preziosi in vista della prova di Coppa del Mondo di Cali) che hanno ben lanciato Sante Di Nizio in uno sprint chiuso al secondo posto dal pescarese. Per lui una rivincita con la malasorte riuscita a metà, ma un risultato comunque rilevante, dopo due anni di inattività (in seguito alla chiusura della Hadimec in cui correva), come lui stesso ci spiega nell'intervista video che qui riportiamo.

L'ultima frazione, una breve cronometro (14 km) a Tuxtla, ha premiato Bernardo Colex e ci ha reso la classifica finale che conosciamo, ma soprattutto è stata il sigillo conclusivo sulla prova di Romeo Gazzetta, atleta paralimpico che ha avuto la forza d'animo di vincere le sue paure (quella di determinate discese, in particolare) e di portare a termine la corsa, andando ben oltre i limiti che si sarebbe portati a considerare come ineludibili in una persona con problemi fisici permanenti (alla mano nel suo caso) che fa sport. Un'impresa, quella di Gazzetta, da sottolineare in quanto non ottenuta in una gara di paraciclismo, ma di ciclismo professionistico. E che come tale merita tutta l'ammirazione possibile, un'ammirazione ben riposta in questo veneto dalla testa dura che ci lascia un messaggio di grande positività nell'intervista video qui di seguito.

In chiusura due parole sulla terra che ha ospitato la corsa e sulla gente che la abita: semplicemente splendidi, l'una e gli altri. Il Chiapas, reso celebre dalla lotta pacifica condotta dal Subcomandante Marcos (che ora è volontariamente sparito dalla circolazione; ma i cittadini ancora lo ringraziano perché prima del suo avvento questa era una regione dimenticata, e dopo la sua lotta non violenta il governo centrale messicano ha invece aumentato gli investimenti qui, migliorando le condizioni di vita di ampie fasce di popolazione), offre scenari bellissimi, un clima invidiabile (se 30° in inverno vi paion pochi...), ma anche gravi situazioni di povertà, in particolare nei tanti pueblos che punteggiano il territorio.

I chiapanicos, refrattari al piangersi addosso, se la vivono comunque serenamente, con la flemma tipica di chi non ha mai fretta in nulla (caratteristica "sociale" che li accomuna agli altri messicani, va detto). E pazienza se ciò si riverbera nel malfunzionamento di questa o quella cosa (anche di situazioni inconcepibili per chi viene dall'Europa, vedi le situazioni pericolose in gara di cui accennavamo all'inizio). Ma l'importante, come dicono da queste parti, è stare tranquilos.

Marco Grassi

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