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Mondiali su strada 2011: Cavendish prende tutto - Gran Bretagna super, Goss-Greipel sul podio, l'Italia finisce male

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Lo sprint della vita per Mark Cavendish: Campione del Mondo a Copenhagen! © Bettiniphoto

Se è giusto che ogni tot anni un Mondiale venga riservato ai velocisti, è anche giusto che a vincere, a Copenhagen, sia stato il numero uno della categoria: Mark Cavendish, in un ordine d'arrivo regale davanti al meglio dello sprint mondiale, con Goss e Greipel a contendere fino alla fine al folletto dell'Isola di Man la vittoria.

Ed è anche giusto, tutto sommato, che si sia imposto un britannico, visto che proprio la nazionale del Regno Unito ha dominato la corsa, controllandola sempre e badando a non lasciar andare via azioni che potevano rivelarsi pericolose. Tra gli elementi decisivi della giornata, però, non si può non citare la caduta che a 80 km dalla fine ha fatto fuori dalla contesa diversi protagonisti, tra cui il campione uscente Hushovd.

Dall'Italia non si attendeva una corsa di prima linea, ma gli azzurri sono stati comunque bravi fino all'ultimo giro, o meglio, agli ultimi 3 km. Peccato che nel finale, sulla rotonda dei 2 km, la nazionale di Bettini si sia disunita, andando alla guerra della volata con le polveri annacquate. Tutta la cronaca di una giornata velocissima (la media conclusiva dice 45.82 km/h) la vediamo qui di seguito.

La classica partenza soft e 90 km di tedio domenicale
Il Mondiale prende il via con 209 atleti, uno in meno degli iscritti (e quell'uno è Roman Kreuziger, forfait per problemi fisici già annunciato nei giorni scorsi), e con una prima fase di torpore con uomini di secondo e terzo e quarto piano impegnati a tentare di prendere la via della fuga, e impossibilitati a farlo da un gruppo che pare intenzionato a fare il cagnaccio. Il tratto di trasferimento (22 km+6 di passeggiata all'inizio) che precede l'approdo al circuito trascorre indenne (l'ucraino Chuzhda è il primo a muoversi), poi alla fine del primo giro riescono a prendere il largo 7 uomini: lo stesso Chuzhda col francese Roux, l'estone Kangert, il lussemburghese Poos, il kazako Iglinskiy, il croato Kiserlovski e lo spagnolo Lastras. Bulgarelli e Casas perdono il treno buono e resteranno a bagnomaria a lungo, e Askari ed El Ammoury tentano un'impossibile sortita dal gruppo quando i buoi sono abbondantemente scappati dal recinto.

Il gruppo lascia amabilmente fare, il margine supera gli 8', ma si capisce subito che il controllo di Gran Bretagna e Germania sulla corsa sarà ferreo. Per il resto, non succede praticamente niente fino alla fine del nono giro, se escludiamo un paio di cadute a fondo gruppo dovute più alla distrazione e all'affollamento che ad altro. Fin qui l'Italia resta tranquillamente al coperto, ma le acque si muovono all'approssimarsi dei 150 km di gara, e gli azzurri si fanno trovare presenti.

Il Belgio con Vansummeren dà il la a un'altra corsa
Al decimo passaggio il Belgio si rende conto di non poter più perdere tempo, ed è Johan Vansummeren, vincitore della Roubaix, a prendere l'iniziativa. Su di lui chiudono subito il francese Offredo e il regista azzurro Paolini, quindi si accodano anche l'altro belga Kaisen e l'australiano Clarke: un quintetto piuttosto rispettabile, per essere a oltre 100 km dal traguardo, e in effetti la corsa cambia subito volto: la media si alza, la Gran Bretagna (con Wiggins molto attivo) si deve impegnare di più per tenere il gap entro limiti accettabili, e nonostante ciò i contrattaccanti guadagnano rapidamente un minutino scarso, che poi è quello con cui Paolini e soci transitano al dodicesimo passaggio (e un paio sono i minuti di distacco dai primi).

Nel frattempo il taccuino si arricchisce di note su Poos (che si stacca dal gruppo di testa e poco dopo si ritira), su Gavazzi (che per un attimo tenta una sortita solitaria dal gruppo, subito rientrata), e soprattutto su Visconti, che sul rettilineo d'arrivo, alla fine del giro 11, tenta un contrattacco, chiuso dallo svizzero Kohler (a sua volta tampinato ancora da Gavazzi) e poi dal resto del plotone. Schermaglie che non modificano sostanzialmente nulla, ma che danno l'idea che molti in gruppo non vogliano adagiarsi sul piano tattico dei britannici (che continuano a fare di tutto per controllare la situazione in testa al gruppo).

Kadri cade e fa fuori Hushovd e mezzo gruppo
Nel corso del giro 12, a 80 km dalla fine, il colpo di scena: il francese Kadri cade (infilandosi sotto una transenna) al centro del plotone, che subito si spezza in due tronconi. Restano attardati in tanti e tra questi c'è anche Thor Hushovd, Campione del Mondo uscente. Ma non solo: i tedeschi Martin e Grabsch, gli spagnoli LL Sánchez e Reynes, i neozelandesi Henderson e Dean, l'austriaco Eisel, il giapponese Arashiro, il francese Dumoulin, il belga Van Avermaet, il colombiano Duque, il lussemburghese Schleck. E tanti, tanti altri corridori (ma nessun azzurro).

Il quadro tattico si evolve ancora una volta, la Germania si trova nelle condizioni di non poter più svolgere un grosso lavoro (togli due treni come Martin e Grabsch, primo e quarto nella crono iridata, e che rimane a supporto di Greipel, Kittel e Degenkolb?), e di conseguenza tale impegno ricade interamente sulle gambe britanniche, già molto usate fin qui. La UK chiede aiuto ai polacchi, che non si tirano indietro e danno una mano (più che a inseguire chi è davanti, a tener dietro i ritardatari), mentre i contrattaccanti riprendono i fuggitivi e al tredicesimo passaggio il quadro vede (li ricapitoliamo tutti e 11) Roux, Paolini, Clarke, Lastras, Vansummeren, Kangert, Chuzhda, Kiserlovski, Kaisen, Offredo e Iglinskiy con 1'04" di vantaggio sulla prima metà del gruppo (preceduta dall'olandese Weening fuoriuscito da solo) e 2' netti sulla seconda.

L'Olanda prova qualcosa, la Gran Bretagna si ricompatta
Nel giro 13 l'Olanda, una delle poche nazionali maggiori senza un velocista di spicco, prova a smuovere a sua volta le acque, anche perché ha bucato clamorosamente tutte le azioni precedenti (cioè ha fatto tutto quello che non doveva fare, vista la sua formazione...): sulla spinta dell'attacco di Weening, si accoda anche Mollema, a cui rispondono l'austriaco Rohregger, il danese Nicki Sorensen, l'australiano Cooke e, appena dopo, anche Francesco Gavazzi. Ma il gruppo di Cavendish non può permettersi di far andar via un altro drappello, e annulla tutto.

Al quattordicesimo passaggio il vantaggio dei battistrada (che vanno ai 50 all'ora!) supera il minuto e mezzo (e c'è sempre un minuto tra primo e secondo troncone del plotone), e in testa al gruppo il danese Lund prova a evadere, mentre tra i più attivi c'è Visconti che viene marcato stretto da Gerrans e Nuyens. La Gran Bretagna si ricompatta in testa e lima mezzo minuto rispetto ai fuggitivi, ma ogni volta che si passa dal traguardo (ovvero sul tratto più difficile del percorso) sono gli italiani a forzare, nella fattispecie sempre Gavazzi e Visconti, bravissimi nel ruolo di rompiscatole ai danni di Wiggins e compagni. Il gruppo Hushovd, intanto, prende definitivamente atto di non poter più rientrare.

A circa 40 km dalla fine, sullo strappetto di inizio circuito, entra in scena la Svizzera, con Albasini; all'elvetico si accodano il portoghese Rui Costa, lo svedese Lövkvist, i belgi Leukemans e Nuyens, l'australiano Rogers e il solito Gavazzi, e su questi continui scatti qualcuno paga dazio: Marcel Kittel, per esempio, altro pezzo grosso tedesco che esce dalla competizione.

Il nuovo gruppetto sembra avere la possibilità di rientrare sugli 11 battistrada, ma in realtà è il plotone, sempre tirato dalla Gran Bretagna, a riprendere i contrattaccanti prima che si facciano venire idee strane in testa. Il giro 15 è decisivo nella misura in cui la spinta propulsiva di quelli davanti cala, mentre gli inseguitori recuperano. Roux capisce che la fuga non ha più grosse chance (se mai ne abbia avute), e scatta da solo, Chuzhda a fine tornata prova a riavvicinarsi, Vansummeren e Kangert si staccano, Bak tenta il contropiede dal gruppo.

Gli ultimi due giri, tutto si ricompone, Voeckler ci prova
Ai 30 km la Norvegia rompe gli indugi e, considerato che Boasson Hagen è un più che degno capitano in assenza di Thor, mette i suoi due altri uomini (Rasch e Arvesen) a tirare, facendo rifiatare i britannici. Sono proprio gli scandinavi a chiudere sulla fuga, sicché ai 25 km è il solo Roux a restare in testa. L'australiano Sutton tenta un breve break, poi è l'olandese Tjallingii, ai 20 km, a chiudere definitivamente su Roux. Con Tjallingii c'è l'inesauribile Visconti, ma in contropiede parte Voeckler, che ha il via libera appena ripreso il connazionale Roux. A T-Blanc rispondono il danese Chris Sorensen e il belga Lodewyck, ma oramai il gruppo (quel che ne rimane) sente forte l'aria di volata, e non lascia troppo spazio.

Fatto sta che al suono della campanella, ultimo passaggio dal traguardo, i tre attaccanti hanno 18" di margine. A poco più di 10 km dalla fine, l'immancabile scatto dell'olandese Johnny Hoogerland, che dà fondo a tutto quello che ha per riportarsi sui battistrada: tutto si gioca sul filo di pochi, pochissimi secondi. Wiggins tira fortissimo e parrebbe bastare lui da solo per chiudere il gap, ma i quattro vendono cara la pelle (Hoogerland ci mette quel quid in più visto che è più fresco degli altri, ma anche più matto come sappiamo). Il gruppo comunque rientra, Voeckler prova a fare l'ultima sparata, ma si arrende anche lui e quando mancano 6 km il plotone è compatto, e gli italiani sono ben messi alle spalle dei britannici: Paolini, Quinziato, Viviani, Oss e il capitano Bennati sono nelle prime posizioni, Modolo e Tosatto un po' più indietro così come Visconti e Gavazzi, ma in definitiva gli azzurri sono tutti presenti in gruppo: resterà, questo, il momento di maggior gloria per i nostri.

La volata e la vittoria di Mark Cavendish
Ai 4 km l'Australia prende prepotentemente il controllo della situazione: il treno è per Goss, e in un paio di km gli oceanici sparpagliano un po' di avversari (l'Italia, per dire, perde definitivamente posizioni). Ai 2 km ecco la Germania davanti, Bennati è in seconda ruota alle spalle di Hondo, ma quando subentra la Spagna (per Freire), l'aretino si volatilizza. Ai 1200 metri la Gran Bretagna con Stannard riprende la testa, quindi all'ultimo km è ancora l'Australia a mettersi davanti, e Cavendish in quel momento è intorno alla decima posizione.

Si attende uno scatto, una sparata, un qualcosa da parte di Gilbert o Cancellara, ma nulla di tutto ciò avviene: quel che resta per assegnare il titolo non è che la volata conclusiva.

Cavendish è un po' indietro, Goss parte forte sul lato destro, Cancellara fa comunque la volata, e nelle prime posizioni ci sono Greipel, Freire, Boasson Hagen e Sagan tra gli altri. Goss ne ha di più, spinge spinge spinge ma dalle sue spalle sbuca proprio Cavendish, che passa tra l'australiano e le transenne e negli ultimi 100 metri esce fortissimo e va a vincere a braccia alzate. Goss è secondo, Greipel (bella volata anche quella del tedesco) brucia al fotofinish Cancellara, che si deve accontentare della medaglia di legno.

Roelandts è quinto per il Belgio (Gilbert solo 17esimo), Feillu (Francia), Bozic (Slovenia), Boasson (Norvegia), Freire (Spagna) e Farrar (Usa) completano la top ten. I giovani Galimzyanov (Russia) e Sagan (Slovacchia) ne restano ai margini, e anche un altro francese (Ravard) anticipa il primo italiano dell'ordine d'arrivo: Bennati, solo 14esimo. Il secondo degli azzurri è Modolo, 40esimo. La corsa finisce in maniera anche più deludente di quanto si potesse temere, per l'Italia: i processi iniziano subito dopo.

Marco Grassi

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