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Tour de France 2011: Quanti 10 in queste pagelle! - Voti e giudizi per tutti i protagonisti della Grande Boucle

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Le maglie del Tour 2011: Samuel Sánchez a pois, Mark Cavendish in verde, Cadel Evans in giallo e Pierre Rolland in bianco © Bettiniphoto

Cadel Evans - 10
A 34 anni centra il risultato della vita. Potrebbe ritirarsi anche oggi, e sarebbe il ritiro di un corridore che ha fatto quello che solo in 10 (tra i più grandi!) hanno fatto nel dopoguerra, ovvero accoppiare al Mondiale un Tour de France. Partito fortissimo, già nella prima tappa dava segni di sé, piazzandosi alle spalle di Gilbert, mica dell'ultimo fesso da classiche (il percorso un po' ricordava certi arrivi su muri...). Per ribadire il concetto, ecco la vittoria di Mûr-de-Bretagne tre giorni dopo. Dicevamo: calerà alla distanza, non sarà così brillante nella terza settimana. Invece ha tenuto, eccome se ha tenuto. Sul Lautaret ha salvato il suo Tour de France, mentre Contador e Andy Schleck erano ancora convinti che la lotta fosse tra loro due. Giù dal Galibier ha tirato su un altro bel pezzo di muro giallo. Non si può dire che non si sia preso le sue responsabilità, insomma, pronto a tirare in prima persona quando le circostanze l'hanno richiesto. È mancata un'impresa in montagna, anche se la sua regolarità sulle salite è stata impressionante. Sfuggitagli per pochi secondi la crono di Grenoble, non ha lasciato il segno nelle tappe decisive, cosa che gli sarebbe valsa la lode.

Andy Schleck - 8+
Un inizio di Tour così così, essendo la sua cosa migliore il non essere caduto nelle prime tappe. Quasi invisibile sui Pirenei, subisce una brutta battuta d'arresto sulla discesa verso Gap, ma due giorni dopo ci regala un'impresa fenomenale, partendo sull'Izoard quando all'arrivo mancano ancora l'infido fondovalle prima del Lautaret, il Lautaret medesimo, e il Galibier verso Serre-Chevalier. Vince la tappa e manda in crisi Contador, in pratica un bingo a cui manca solo il sigillo della maglia gialla. Nella frazione dell'Alpe d'Huez risponde a Contador sul Télégraphe, ma poi fatica a capire che il suo vero avversario è Evans, e collabora meno di quanto potrebbe. Il risultato è che l'australiano si presenta alla crono decisiva con un distacco troppo limitato, e opera il sorpasso, causando il terzo secondo posto consecutivo di Andy al Tour (che nel palmarès ha pure una piazza d'onore al Giro). Però il nuovo Andy, quello visto in azione sulle Alpi, dimostra un cuore che non merita bocciature. Vincerà il Tour, prima o poi. Intanto a Serre-Chevalier ha scritto una bellissima pagina di ciclismo.

Fränk Schleck - 7
L'unica volta che lo vediamo attaccare è nella tappa verso Luz-Ardiden; e dire che in Leopard l'uomo forte sarebbe lui. Andy corre in funzione del fratello maggiore, anche l'impresona dell'Izoard nasce come specchietto per le allodole per favorire l'eventuale contrattacco di Fränk sulla salita finale. I casi della corsa relegano il maggiore degli Schleck in un ruolo ancora una volta di contorno. Alla fine centra il terzo posto, completando col fratellino un'accoppiata che è un record (mai prima d'ora due consanguinei avevano occupato i due terzi del podio di un Tour); resta l'impressione che, anche se avesse potuto fare liberamente la sua corsa sul Galibier, molto difficilmente avrebbe potuto vincere la Grande Boucle; ma il primo podio in carriera è un risultato comunque importante.

Thomas Voeckler - 10
Francamente, gli si può dare meno di 10? Prende la maglia gialla con una fuga delle sue, poi fa intendere che la difenderà fino ai Pirenei, ma i Pirenei li passa in bellezza, e a quel punto qualcuno in Francia comincia a fare due conti, perché, hai visto mai... Bluffa alla grande, dice che non avrà nessuna possibilità di vincere il Tour, ma - dopo aver rischiato il collo nella discesa verso Pinerolo - nella successiva frazione del Galibier è ancora tra i più brillanti, e lì la Francia perde completamente la testa per il piccolo alsaziano sgraziato e tenacissimo. Il problema è che la perde pure lui, Thomas, che il giorno dopo decide di seguire Contador e Schleckino, lui in giallo a due tappe dalla fine: e allora va a gambe all'aria, butta via il podio per una sciocca punta d'orgoglio. Ma lui è così, è la sua natura e non ci si può fare niente, si direbbe anzi che è quel suo temperamento che tanto lo rende amato. Il suo team manager Jean-René Bernaudeau, invece (4 di stima), dovrebbe essere lui ad aver ben chiaro che gli sforzi solitari di Tití tra Télégraphe e Galibier sono deleteri, e dovrebbe fermarlo d'imperio. E invece lascia fare, e questi sono errori gravissimi per uno della sua esperienza.

Alberto Contador - 7+
Nella prima settimana lo vediamo solo a Mûr-de-Bretagne nelle prime posizioni, per il resto fa quasi tenerezza per quante gliene capitano, dai fischi pre-Tour alle ripetute cadute. In svantaggio in classifica, in mezza difficoltà sui Pirenei, cerca (ma non del tutto trova) la via del riscatto su un paio di discese prealpine prima di colare a picco sul Galibier. E allora il voto positivo da dove deriva? Dalla folle azione del Télégraphe, ovviamente, bissata, più avanti nel corso della stessa tappa, dal quasi disperato tentativo dell'Alpe d'Huez. Gli va male, ma perde con grande, grandissimo onore. È solo quinto, ma fino alla crono non lascia niente di intentato per guadagnare il possibile in classifica. Una sconfitta che non lo abbatte, ma semmai lo fortifica, se vorrà prendere spunto dagli errori di oggi per evitarli domani.

Samuel Sánchez - 7.5
Una posizione in meno rispetto all'amico Contador, ma un voto più alto giustificato da una vittoria di tappa e dalla maglia a pois, che come bottino è di tutto rispetto. E non solo: a fronte di una sola giornata realmente negativa (quella di Serre-Chevalier, anche lui come Alberto: proprio corsa parallela), nelle altre tappe di montagna va sempre, sempre all'attacco: due volte sui Pirenei (con vittoria a Luz-Ardiden), due volte tra Gap e Pinerolo, una volta verso l'Alpe per andare a vestirsi definitivamente di pois. Sconta inoltre la brutta cronosquadre della sua Euskaltel (ultima nella prova). Indipendentemente dal piazzamento, probabilmente il suo miglior GT.

Damiano Cunego - 6.5
Inutile girarci attorno, nessuno alla vigilia si aspettava che il veronese potesse estrarre dal cilindro un settimo posto nella generale. Malgrado il buon Tour de Suisse disputato poche settimane prima, lo vedevamo come potenziale 22-24esimo nella classifica del Tour, e invece, con una grinta della quale gli va dato atto, Damiano resiste su tutte le salite, senza mai andare in crisi, e reagendo come può alle grandi battaglie che gli altri gli combattono intorno. Quando addirittura accenna uno scattino sull'Alpe d'Huez, non ci par vero che sia lo stesso Cunego che negli ultimi anni tanto ha fatto tribolare i tifosi.

Ivan Basso - 4
L'alter ego di Cunego, l'altra faccia dell'italia medaglia. Laddove Damiano parte senza squilli di tromba per trovare poi via via una condizione più che buona, Ivan è atteso a una lotta per il podio ma poi, pian piano, si appassisce. Qualche segnale di senso negativo dovremmo trarlo dal fatto che si stacca in un ventaglio vicino al Pont de Saint-Nazaire, il Gpm più lisergico del Tour, ma lui non fa altro che rassicurare tutti sulla propria condizione. Rassicurando rassicurando, emerge intanto che la squadra non è all'altezza (4 al team manager Roberto Amadio per averla allestita in tal guisa), ma quel che è peggio anche Ivan, dopo un discreto primo Galibier, affonda sull'Alpe. Per non parlare della crono. In tutto ciò, mai un attacco, a meno di considerare tale un tentativo di forcing a Plateau de Beille. Una brutta, brutta batosta.

Tom Danielson - 6-
Spesso l'ultimo a staccarsi, quasi sempre il primo dei non citati, triste il destino di chi fa il regolarista a tempo pieno, soprattutto se di quella regolarità che resta sempre appena fuori dalle top ten degli ordini d'arrivo. A parte la cronosquadre, il suo miglior piazzamento è il nono posto di Serre-Chevalier. Ma porta a casa un nono posto finale, era pur sempre il suo primo Tour (a 33 anni!) e quindi una sufficienziella la può strappare. Di sicuro meglio lui del compagno Ryder Hesjedal (4.5), che fu settimo nel 2010 ma che quest'anno si è visto solo nella seconda tappa vinta da Hushovd.

Jean-Christophe Péraud - 6-
Discorso in tutto simile a quello fatto per Danielson, piazzamento praticamente uguale e corrispondente a una condotta di gara parallela a quella dell'americano citato sopra. Resta il dubbio che se si fosse accostato al ciclismo su strada qualche anno prima, avrebbe potuto ottenere più che discreti risultati.

Pierre Rolland - 10
Ecco l'altro uomo terribile della Europcar, un giovane talento che temevamo avviato a una malinconica non-crescita, e che invece si riappropria prepotentemente del ruolo di grande promessa del ciclismo di Francia. Un Tour gagliardo, iniziato in sordina ed esploso quando, sui Pirenei, scorta il capitano Voeckler a non prendere ritardi dai big. Ci diciamo che sarà un momento di grazia, ma sulle Alpi Pierre procede ancora meglio, fino all'indimenticabile vittoria dell'Alpe d'Huez, e alla bellissima difesa della maglia bianca di miglior giovane nella crono di Grenoble. Undicesimo alla fine, ma con un distacco non abissale (meno di 11' da Evans), e maturato anche per le energie spese nell'aiutare T-Blanc. Ha solo 24 anni e tutto il tempo: se mantiene la testa sulle spalle, abbiamo trovato un nuovo protagonista per i prossimi due lustri.

Rein Taaramäe - 7
Dodicesimo e infine sconfitto nella sfida per la maglia bianca, che pure indossa per qualche giorno. Però anche lui è giovane, 24 anni come Rolland, e spesso lo vediamo nel gruppo dei più forti, a volte fa l'elastico, a volte tiene meglio, comunque migliora incommensurabilmente il risultato rispetto al suo primo Tour (l'anno scorso si ritirò). In Cofidis credono molto in lui, e iniziamo a vederne veramente le ragioni.

Kevin De Weert - 6
Dopo una vita da gregario, negli ultimi anni sta prendendo gusto a cercare il risultato nei grandi giri, a ridosso dei migliori: 20esimo alla Vuelta 2009, 18esimo al Tour 2010, 13esimo oggi. Pur ammettendo che non sia un ruolino di marcia che tremar il mondo fa, non possiamo non apprezzare la sua solidità. In Quickstep tra l'altro condivide la palma di migliore (e il voto: 6) con Dries Devenyns, più appariscente (visto in un paio di finali importanti come SuperBesse e Gap) anche se molto più lontano in classifica.

Jérôme Coppel - 5.5
Una mezza delusione. Attardato da troppe cadute (ma a un certo punto smette di essere sfortuna e diventa distrazione), deve sempre inseguire, e non gli riesce benissimo. Il quattordicesimo posto finale è la somma di 20 piazzamenti mediocri nelle tappe, ma è pure il miglior risultato al Tour (due anni fa si ritirò) per questo ragazzo atteso al salto di qualità già da un paio di stagioni. Deve compiere 25 anni, per cui possiamo pazientare e aspettarlo un altro po'.

Jérémy Roy - 6.5
Il fuggitivo per eccellenza del Tour, a un certo punto pareva che non potesse partire un'azione senza di lui. Si prende la grande soddisfazione di transitare per primo su Tourmalet e Aubisque, ma poi proprio nella tappa di Lourdes subisce una cocente sconfitta da Hushovd che lo riprende a 2 km dalla fine. In FDJ sicuramente meglio lui di Sandy Casar (5.5), comunque, visto che quest'ultimo azzecca sì un paio di fughe (Saint-Flour e Pinerolo) ma dimostra di aver perso lo spunto vincente esibito fino all'anno scorso. Impossibile non citare poi Arnold Jeannesson, altro rappresentante del team, che a 25 anni si scopre in grado di terminare un Tour nella top 15 (proprio 15esimo, per la precisione). Per il giovanotto un bel 6.5 e non ci pensiamo più.

Philippe Gilbert - 7.5
L'apporto che dà a livello di spettacolo non si può quantificare facilmente; poi a un certo punto si mette pure in testa di poter fare una mezza classifica, e va all'attacco anche sulle discese delle tappe di montagna (non le citiamo tutte, ma comunque lui ci prova e ci riprova). D'altro canto, dopo la scintillante affermazione d'esordio a Mont des Alouettes - con conseguente maglia gialla - stecca quelle 5-6 occasioni in cui sarebbe accreditato di altri possibili successi (a Mûr-de-Bretagne per palesati limiti nel finale, a SuperBesse, Saint-Flour, Lisieux, Lourdes, e mettiamoci pure Gap, perché si lascia scappare i vari fuggitivi di giornata). Va anche detto che comunque ci prova pure in certe volate un po' spurie, e non molla facilmente il progetto di conquistare la maglia verde. In ogni caso, averne di corridori così.

Tyler Farrar - 7
È sua la prima volata del Tour, con annessa dedica a Wouter Weylandt. Dopodiché risulta un po' appagato, in fondo quello di Redon è il suo primo successo alla Grande Boucle. Porta comunque a termine la corsa, corredandola di altri piazzamenti (un secondo, un terzo e un quarto posto). L'importante era rompere il ghiaccio, la missione è compiuta.

Thor Hushovd - 10
Basterebbero le due vittorie di tappa (per lui che ormai non vince più le volate di gruppo) e i 7 giorni 7 in maglia gialla per giustificare un voto alto. Ma poi dobbiamo metterci anche che veste la maglia di Campione del Mondo (in sé latrice di grandi responsabilità: bisogna pur sempre onorarla!); e aggiungerci la grande mano che dà al team: è ottimo nella cronosquadre di Les Essarts, al termine della quale prende la testa della classifica; superbo a Redon, dove praticamente fornisce a Farrar un assist a porta vuota; più in generale, un leader come pochi, al momento. Ma non basta: la difesa della maglia gialla in quella prima settimana è a tratti epica, esce indenne da arrivi complicati come Mûr-de-Bretagne e SuperBesse, tenendosi dietro quell'Evans che poi vincerà il Tour. Ma ancora non finisce qui: se consideriamo il modo con cui vince le sue due tappe (soprattutto la prima, a Lourdes, attaccando sull'Aubisque, inseguendo da solo in discesa, giustiziando nel finale prima Moncoutié e poi Roy con due colpi strepitosi), la tentazione di aggiungere pure la lode a quel 10 è veramente forte.

Mark Cavendish - 7.5
Vince 5 tappe come l'anno scorso, e in più ci mette pure la maglia verde della classifica a punti (per la prima volta in carriera). Di fatto sconfitto due sole volte in volata, ma allora cos'è che tiene il suo voto così basso? Per cominciare, il fatto che il campo dei rivali non è competitivo come in altri anni; poi, che abbia dei compagni che gli facilitano molto il compito (e infatti il Treno HTC condivide questo 7.5: dopo qualche problema a Redon, e dopo che a Cap Fréhel si nota ancora qualcosina da registrare, quando il meccanismo entra a regime non ce n'è più per nessuno). Infine, che ci siano delle situazioni borderline che lo mettono un po' in discussione: più che altro, il fatto che si lamenti troppo con la giuria, quando poi quella chiude un occhio quando si parla di salite fatte attaccato all'ammiraglia della squadra, e ne chiude addirittura due quando per due volte nel finale di Tour Mark finisce fuori tempo massimo (ed è vero che ce ne sono un'altra ottantina nelle sue condizioni, ma lui, in quanto maglia verde nonché velocista principe, è un po' più uguale degli altri).

Edvald Boasson Hagen - 8.5
Sembra finalmente recuperato appieno questo strepitoso talento norvegese, che fa il paio con Hushovd per tappe vinte, e che dimostra un carattere veramente notevole. S'impone a Lisieux su un traguardo che pare disegnato per lui, ma non si accontenta certo e cerca altre affermazioni. Trova la fuga buona verso Gap, ma viene purgato dall'amico Hushovd. Niente paura, ha talmente tanta voglia di riscattarsi che rivà in fuga il giorno dopo, e stavolta stacca tutti e vince splendidamente a Pinerolo. Infine, non ancora soddisfatto, contende a Cavendish il successo sui Campi Elisi (l'appuntamento per lui è solo rimandato, vedrete). Un corridore dai margini di miglioramento ancora sconosciuti.

Rui Costa - 7
Gli resterà appicicata addosso la fama di essere stato l'ultimo ciclista ad aver battuto Vinokourov: a SuperBesse va in fuga, poi nel finale pare prossimo ad essere ripreso dal grande kazako (che il giorno dopo si ritirerà dal ciclismo), ma si ritrova proprio sull'ultima rampa, reagisce, resiste, e va a vincere. Sorride il Portogallo, già vincente un anno fa con Paulinho: questa sì che si chiama continuità!

Luis León Sánchez - 6.5
Fa il suo dovere, vince una tappa alla sua maniera (a Saint-Flour) epperò ci aspettavamo qualcosa di più, una maggiore resistenza in classifica, in fondo l'anno scorso fu undicesimo. Nel complesso, prestazione un po' deludente, in linea con quella degli altri Rabobank (Bauke Mollema, tra i più attesi del team olandese, non è stato mai efficace e si prende un 5, voto mitigato dalla sua gioventù).

André Greipel - 7
Si prende forse la soddisfazione più grande della carriera: non tanto perché vince la sua prima tappa al Tour de France (a Carmaux), quanto perché lo fa battendo il più acerrimo rivale (Cavendish) in un bellissimo testa a testa. Alla luce di questo successo, può prendere con filosofia i piazzamenti ottenuti nelle altre tappe da volata (tra i quali spicca il secondo posto di Lavaur, stavolta battuto dall'uomo di Man).

Jelle Vanendert - 7.5
Inizia lavorando in appoggio a Van den Broeck e a Gilbert, e perdendo subito un bel po' di tempo (tanto che non sarà mai nelle condizioni di far classifica). Poi, rimasto libero di fare la sua corsa, esplode sui Pirenei, dove va all'attacco sia a Luz-Ardiden che a Plateau de Beille, cogliendo un secondo e un primo posto, e conquistando pure la maglia a pois che indosserà per diversi giorni. Sulle Alpi non si ripete ai livelli eccelsi di qualche giorno prima, ma la doppia impresa pirenaica gli vale il bel voto, mentre i 26 anni sulla carta d'identità rappresentano un'apertura di credito spalancata sul suo futuro.

Tony Martin - 6.5
Vince la cronometro di Grenoble, e non è certo poco (specie se consideriamo che si ripete a un mese di distanza dall'identica crono vinta al Delfinato; e che nell'occasione deve lottare, oltre che con qualche specialista un po' appannato, anche con gli uomini di classifica che corrono col coltello tra i denti). Ma quel che gli manca, oltre al mezzo voto, è una presenza nella generale che sarebbe dovuta essere di tutt'altro spessore, almeno a sentire i suoi propositi. Il fatto che lui per primo non sia contento depone decisamente a suo favore, vuol dire che ha voglia di migliorarsi. Certo, che cosa direbbe se fosse nei panni del suo compagno di squadra Peter Velits (5 per lo slovacco), che era reduce da un podio alla Vuelta, e che in Francia non è mai stato competitivo né protagonista, chiudendo con un trascurabile 19esimo posto in classifica a quasi mezz'ora da Evans?

Fabio Sabatini - 6
Non può certo mancare, nelle nostre pagelle, un riconoscimento per chi il Tour lo porta a termine in ultima posizione: certo, se anche lui - come tanti altri - non venisse ripescato quel paio di volte dal fuori tempo massimo, potrebbe meritare anche mezzo voto in più.

Fabian Cancellara - 4.5
Uno degli invisibili eccellenti del Tour 2011. Gli prende male che non abbiano messo il cronoprologo, prova lo stesso un'uscita estemporanea sulla rampa della prima tappa, ma rimbalza contro Gilbert. Espletati i suoi doveri nella cronosquadre, si eclissa (a parte un paio di salite tirate in testa al gruppo, ma solo quando non infuria la battaglia) rinviando ogni discorso alla prova contro il tempo di Grenoble. Ma, sarà per il fatto di trovare asfalto bagnato, sarà per una gamba non eccezionale, anche qui delude: un ottavo posto in una crono del Tour per Cancellara risulta un piazzamento quasi offensivo. Visto che non ci sono più troppi velocisti in circolazione, va allora alla ricerca di un piazzamento nello sprint dei Campi Elisi, e fa quinto: troppo poco, troppo tardi.

Jens Voigt - 7
Voto di molta stima al gregario più continuo della Leopard, che sarebbe la squadra più forte (ma sulla carta, perché sulla strada risulta esserlo la Europcar), e invece deve fare affidamento sul solito vecchio Jens (praticamente 40enne). Ma del resto, qualcuno deve pur pensare a tappare i buchi lasciati da un deludentissimo Jakob Fuglsang (doveva essere il terzo uomo del team, non si vede mai e si becca perciò un 4-) e da un Maxime Monfort pure molto al di sotto delle aspettative, ma che almeno salva il proprio Tour con la fondamentale mano data a Andy nella cavalcata verso il Galibier (perciò, 6-).

Alexandre Vinokourov - 10
Partito per vincere almeno una tappa nel suo ultimo Tour, ci prova a SuperBesse ma il giorno dopo trova una caduta che pone fine alla sua splendida carriera. E il 10 è un voto a quest'ultima, oltre che alla dignità (la solita) con cui accetta questo pessimo scherzo del caso. Come sempre, grandissimo.

Robert Gesink, Jurgen Van den Broeck, Janez Brajkovic, Bradley Wiggins, Andreas Klöden, Chris Horner, Roman Kreuziger, Tom Boonen - s.v.
Già hanno i loro problemi, con cadute che conducono al ritiro o a pesanti condizionamenti del Tour di chi tra costoro riesce a restare in gara (Gesink e Kreuziger), per cui non è il caso di complicar loro le cose coi voti. Sospendiamo il giudizio, e arrivederci al prossimo GT.

Levi Leipheimer - 4.5
Cade varie volte, prima sulla strada, poi nell'anonimato. Tramonto di un corridore che avrebbe potuto ottenere di più da una carriera comunque solida, ma che in questa Boucle dimostra di non avere la gamba di un tempo sulla distanza delle tre settimane. Certo che dopo la vittoria al Tour de Suisse era lecito attendersi qualcosa in più, almeno sulle Alpi, una volta smaltiti i postumi dei capitomboli.

José Joaquín Rojas - 6
Punta Cavendish e lo elegge a nemico più che a rivale per la maglia verde. E che abbia un bel caratterino lo si capisce pure da una lite con Petacchi. S'impone su qualche traguardo volante, ma mai agli arrivi (dove colleziona tre terzi posti). In ogni caso, presenza molto viva all'interno della carovana.

Sylvester Szmyd - 5
Il buon Silvestro non è ai livelli pessimi del Giro, ma nemmeno al suo apice. Lavora molto solo nella tappa di Plateau de Beille, poi lo punge vaghezza, come al suo capitano. Più visibile Daniel Oss, che però a fronte di qualche piazzamento (un quarto e due sesti posti) nelle volate, non trova mai la fuga buona (e dire che ne arrivano tante, in questo Tour). Per uno con le sue caratteristiche, non è un buon dato: 5.5.

Sylvain Chavanel - 4
La Francia targata Quickstep è un'altra delle grosse delusioni della Boucle. Il neocampione nazionale transalpino, ma anche il suo compare Jérôme Pineau (4 anche a lui): poche fughe, e gestite sempre male. Per il resto, niente da segnalare.

David Moncoutié - 5
Irritante nella gestione dell'inseguimento a Roy, in compagnia di Hushovd (a cui quasi non dà cambi) nella tappa di Lourdes; ma è lento in volata, e diversamente da così non può fare. Il terzo posto di quel giorno resta comunque l'unico momento in cui apprezziamo lampi del Moncoutié che conoscevamo.

John Gadret - 3
Dov'è finito lo splendido lottatore che avevamo ammirato al Giro? Niente, appunto: finito. Nell'AG2R c'è anche Nicolas Roche, ma pure l'irlandese è parecchio scialbo, e lo si nota giusto a margine dell'impresa di Andy. Per di più, in classifica è solo 26esimo: notevole delusione, 4.5.

Rigoberto Urán - 5+
Il colombiano briga e briga, ronza intorno alla maglia bianca, riesce a conquistarla e pare destinato a tenerla, ma salta sulle Alpi e dice addio ai sogni di gloria. La dura realtà parla di 24esimo posto, abbastanza al di sotto di quanto ci si attendesse da lui. Paradossalmente meglio di Urán va Geraint Thomas, che in teoria sarebbe un uomo veloce, ma in pratica lo ritroviamo in fuga anche in tappe di montagna, e che chiude appena fuori dai 30. Il 6.5 a lui è giustificato anche dalla bianca indossata a inizio Tour e dalla grande mano data a EBH per ottenere il successo di Lisieux.

Adriano Malori - 5.5
La fuga verso Lisieux è un pezzo di bravura e denota la grande tenacia (e tenuta mentale) del ragazzo, che a lungo riesce a tenere testa al plotone lanciato. Purtroppo il suo Tour in pratica finisce lì: dopo non lo vediamo più, nemmeno nella crono di Grenoble dove sarebbe atteso a un risultato più rilevante del 16esimo posto che porta a casa.

Alessandro Petacchi - 4.5
Un secondo e un terzo posto di tappa in un mare di negatività. Non è al meglio anche (soprattutto?) a livello nervoso, si vede a occhio nudo, ma non bastasse la vista, parlerebbero i risultati, di molto inferiori al suo blasone.

Vladimir Karpets - 4
Talmente marginale che ci chiediamo pure se meriti un voto; a ben pensarci, si vede solo in occasione dell'incidente con Contador nella tappa di Saint-Flour. Nel mesto panorama della Katusha, forse solo Egor Silin strappa una risicata sufficienza (6-), perché è giovane (23 anni) e coraggioso, e indovina 3 o 4 fughe.

Thomas De Gendt - 6+
Sta nascosto per tutto il Tour, poi il meglio lo mette tutto nel finale, sesto posto all'Alpe d'Huez e quarto nella crono di Grenoble: se non altro, dimostra una certa ecletticità (per quanto tardiva...); ma è giovane e ha tutto il tempo per cercare una sua continuità (ha ancora 24 anni). In casa Vacansoleil visti anche Romain Feillu (6-), sempre alla ricerca di un piazzamento in volata (un secondo, due quarti, un quinto e un sesto) malgrado problemi a un ginocchio che poi lo porterà al ritiro; e Marco Marcato (5+), poco efficace le poche volte che trova una fuga, anche se due top ten (Lisieux e Gap) le porta a casa.

Johnny Hoogerland - 10
Il personaggio più bello di questo Tour 2011. Già pazzerello di suo e molto amato per questo, incappa in una serie di eventi che renderebbero mitico anche uno sfigatello. Ma lui è tutt'altro che sfigatello, ha carattere da vendere, e deve attingere a piene mani in questo carattere per superare l'incidente di Saint-Flour, quando finisce su un recinto di filo spinato a bordo strada in seguito alle conseguenze di un investimento da parte di un'auto (non meglio identificata) a Juan Antonio Flecha (7 allo spagnolo per la prontezza di riflessi con cui cade "bene", ovvero senza finire sotto le ruote della macchina). Rialzarsi è doloroso, le ferite causate dal filo spinato sono profonde e necessitano di 33 punti di sutura. L'olandese si prende tutto il giorno di riposo per recuperare, poi torna in gara e riesce pure a cercare qualche altra fuga nella seconda parte del Tour, dopo che nella prima ha vestito la maglia a pois. Nel frattempo, intorno alla sua figura si scatena di tutto, a livello mediatico e di tifosi sull'intero pianeta: e il ciclismo ha trovato un nuovo grande personaggio.

Marco Grassi

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