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Giro d'Italia 2011: Alberto annulla la concorrenza - Ma si può ancora sperare di disarcionarlo

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Alberto Contador in maglia rosa festeggiato dalle miss © BettiniphotoRagazzi, che mostro. Ci saranno sicuramente altri modi per definire Contador, e del resto l'arrivo in salita dell'Etna, con tanto di vulcano fumante a fare da sfondo all'ennesima impresa dello spagnolo, suggerirebbe montagne di metafore, ma l'impietosità con cui Alberto ha fatto strame di tutti i rivali nella nona tappa del Giro d'Italia, e con cui ha poi vinto sul secondo traguardo in quota della corsa rosa, e con cui ha infine preso la testa della classifica, ci spinge a non cercare mezzi termini e ad andare direttamente al sodo: è un mostro, appunto. Di bravura, di potenza, di tempismo, e anche di freddezza.

Non si può far altro che ammirare un corridore del genere, che troppo spesso e forse ingiustamente passa per essere un ragioniere della bicicletta, sol perché a volte ha sì corso col bilancino, spendendo niente più del necessario per vincere (le ultime 5 grandi corse a tappe che ha disputato, su un totale di 6...), ma solo perché, per l'appunto, non c'era una stringente necessità di dare mazzate spettacolari ai suoi avversari.

Di lui si ricorda un Giro vinto senza nemmeno un successo di tappa (e infatti quella di oggi è la sua prima affermazione nella corsa rosa), o un Tour de France (2009) conquistato con appena un vero attacco, a Verbier (e pure un altro, nel 2010, portato a casa anch'esso senza vittorie parziali). Ma il Contador che abbiamo ammirato oggi in Sicilia è un'altra cosa. È un corridore che è partito a 7 chilometri dalla vetta, dimostrando di saper attaccare e di divertirsi anche parecchio nel farlo (le avvisaglie di ieri a Tropea non erano quindi specchietti per allodole, ma sostanziale e sostanzioso dispiegarsi di una forma crescente e stordente).

Il Contador che sull'Etna ha rimesso a posto tutti quelli che speravano (alcuni di loro ci sperano ancora, suvvia) di contendergli il successo nel 94esimo Giro d'Italia è senza dubbio un corridore figlio della cura Riis (il vecchio Bjarne è un motivatore eccezionale, su questo non si discute), ma anche un ciclista intelligente, che sa bene che chi colpisce per primo colpisce due volte. E quando diciamo "colpire", non stiamo parlando dei pochi secondi di un abbuono piuttosto che di uno scatto a un chilometro e mezzo dalla fine di una tappa di pianura, ma di veri e propri solchi scavati nei confronti dei rivali.

Rujano a parte (il venezuelano è arrivato praticamente insieme ad Alberto, ma era già lontanuccio in classifica prima di oggi), quelli che sono andati bene piangono per 1'10" (ci mettiamo pure i 20" di abbuono conquistati da Contador al traguardo) di distacco dal madrileno. E si tratta di Nibali, di Kreuziger, di un Arroyo che conferma di non esserci capitato per caso, sul podio del Giro 2010, di un Siutsou che invece, maturando sempre più, dà ragione alla fiducia che in lui ripone il suo direttore sportivo Piva.

E se il vecchio Garzelli, terzo al traguardo, fa professione di umiltà e in qualche modo si tira fuori dalla pugna, chi mastica più amaro è Scarponi, che ha voluto sognarsi all'altezza di Contador, oggi, e ne è uscito con le ossa se non rotte, ammaccate (il che si sostanzia in 1'07" pagato al traguardo, 1'27" compreso il solito abbuono). Con Michele, anticipati di pochi secondi da un Antón che continua a non contarla giusta (la condizione del capitano Euskaltel cresce, ma non diminuisce la sua voglia di nascondersi dietro al paravento di non voler ufficialmente curare la classifica), l'interessante terzetto francese formato da Gadret, Dupont e soprattutto Le Mével (attualmente terzo in classifica), il sempre più convinto dei propri mezzi Kiryienka (che fa corsa parallela con Arroyo), un italiano di cui si parla sempre troppo poco (forse perché non vince mai: Matteo Carrara), e quello che si candida ad essere la seconda punta - dopo Rujano e prima di Sella - della Androni, ovvero José Serpa.

Fin qui siamo nel campo di chi ha salvato in qualche modo la baracca, sull'Etna. Dopodiché, tra gregari di lusso (tra cui Masciarelli, Tiralongo e Kiserlovski al servizio di Kreuziger, Niemiec molto attivo per Scarponi) e giovani sempre più interessanti (Dario Cataldo non ci è dispiaciuto sul vulcano, anche se ha chiuso solo 18esimo a 1'30" da Contador; Bakelandts è stato invece il più bravo e resistente tra i fuggitivi di giornata; Kruijswijk ha perso un po' più di terreno - 2'21" - ma a 23 anni glielo si può concedere, considerando che non è fuori dai giochi per la maglia bianca, e che potrà comunque dire qualcosa di più significativo nei tapponi alpini), si scende fino a quelli che sono stati inesorabilmente sconfitti oggi.

Il caso più eclatante è quello di Menchov, che era tra i favoriti principali della corsa rosa, e che oggi ha tagliato il traguardo solo 2'16" dopo Contador (in classifica Denis è 20esimo a 3'18"). Considerando che spesso il russo era quello che andava meglio di tutti sul primo vero arrivo in salita di un grande giro, la sua débâcle odierna ha un che di preoccupante, e si inscrive in un discorso più generale sulla Geox, la formazione forse più deludente di questa prima settimana di Giro (nemmeno da Sastre giungono notizie troppo incoraggianti).

La squadra che contende questa poco invidiabile palma alla Geox è la Katusha, che ha un Di Luca disperso (23'46" di ritardo per lui oggi!), e anche un Joaquim Rodríguez che, coi suoi 2'21" di distacco da Contador sull'Etna, rotola a sua volta fuori dalla top-20 della generale, a 3'34" dalla maglia rosa.

Disastroso infine il rendimento odierno di Domenico Pozzovivo, che in montagna era uno dei più attesi anche alla luce del fatto di essere riuscito incredibilmente (per uno col suo curriculum) a non cadere e a non perdere tempo in maniera ingenua e banale nemmeno nella tappa - per lui temibilissima - di Orvieto. Ebbene, in Sicilia il capitano della Colnago lascia 4'25" e ora guarda Contador dalla bella distanza di 5'53": il che, con tutte le salite che ci saranno ancora, non vuol dire automaticamente essere fuori dai giochi per il podio (addirittura, sì! Discorso che vale anche per tutti quelli citati fin qui, Di Luca a parte). A patto però che il lucano non si deprima dopo la brutta prestazione etnea.

E in definitiva, vogliamo con questa analisi degli sconfitti esulare dall'abusato e (da noi) detestato luogo comune secondo cui in queste tappe si dovrebbe capire non chi vincerà un grande giro, ma chi non lo vincerà (se allarghiamo il discorso dalla vittoria a un piazzamento sul podio, ci stiamo dentro ancora meglio); i giochi, in fondo, sono ancora molto aperti per tutti i favoriti della vigilia. Solo che un Contador come quello visto sull'Etna tende a scoraggiare i rivali; sappiano, costoro, che nessuno è mai risultato imbattibile, nella storia del ciclismo, e che quindi ci sono ancora margini per mettere in difficoltà il madrileno. Il quale ora guarda tutti dall'alto in basso; ma non ha a disposizione una squadra particolarmente eccelsa, per cui se si evita di rinviare ogni discorso agli ultimi chilometri delle ultime salite delle tappe alpine, si scoprirà che qualche scherzetto al fortissimo Alberto lo si può ancora tirare. Magari, partendo proprio dalla tappa di Castelfidardo, mercoledì.

Marco Grassi

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