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Giro d'Italia 2011: Altre cadute, tante polemiche - La faciloneria sulla sicurezza nel ciclismo | Cicloweb

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Giro d'Italia 2011: Altre cadute, tante polemiche - La faciloneria sulla sicurezza nel ciclismo

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Polvere sullo sterrato in discesa: nuove polemiche sulla sicurezza © BettiniphotoCi si esaltò, un anno fa, durante la tappa toscana di Montalcino. Al termine del Giro la frazione vinta dall'allora campione del mondo Cadel Evans fu addirittura scelta come tappa simbolo dell'edizione 2010. Strade bianche, pioggia, quindi fango, fatica, freddo. Ciclismo eroico, ciclismo d'altri tempi. E le cadute di Nibali e Basso furono considerati dei normali incidenti di percorso.

A distanza di dodici mesi la tappa di Orvieto fa invece discutere. Ovvio che le parole e le emozioni siano condizionate dalla tragedia capitata due giorni fa a Wouter Weylandt e dal corteo di ieri verso Livorno. E il sangue si è gelato a tutti coloro che stavano seguendo la corsa nel momento della caduta di Tom Jelte Slagter. Vedere quel braccio e poi quelle gambe muoversi è stata una liberazione (nonostante l'olandese abbia comunque dovuto abbandonare la corsa e le prime notizie parlano di nessun danno al cervello, ma c'è la rottura della cavità oculare e una commozione cerebrale acuta, quindi resterà una notte in ospedale). Alla fine della fiera, sono solo tre i "veri" ritirati di oggi: il già citato Slagter, poi Failli (pare sia sia fatto male anche lui) e Barton (sceso di bici ben prima della bagarre sullo sterrato).

Il più arrabbiato, a fine tappa, è sicuramente Danilo Di Luca. L'inviato Rai all'arrivo lo imbecca chiedendogli di una tappa che avrebbe potuto sorridergli, se l'abruzzese fosse stato in condizione da Giro d'Italia. Di Luca sbotta, fa vedere la bici senza sellino: «Ho le gambe ammaccate e non sono mai caduto, figuriamoci chi è andato in terra», tuona Danilo. Il giornalista gli fa notare che la scelta è voluta per cercare maggiore spettacolo, ma Di Luca proprio non ci sta: «Questo è ciclismo su strada, non è ciclocross né mountain bike».

In effetti, anche prima della caduta di Slagter, i "lunghi" di Nibali e Kruijswijk - con brividi e basta - e poi con la caduta di Cataldo, il sentimento che è prevalso in tutti è stata la paura. Lo testimonia anche l'atteggiamento di Reda, che si è fermato sul ciglio sinistro della strada dopo essere stato sorpassato dalla macchina di giuria, che ha privato il calabrese della giusta visibilità. E quindi ogni ragionamento a mente fredda deve essere per forza rimandato, anche se poi durante il Processo alla Tappa, al solo sentire soluzioni verso la sicurezza come airbag e tute, gli stessi ciclisti hanno "ridacchiato" trincerandosi dietro alla solita frase: «Il ciclismo è così, fatto anche di cadute». Di cadute, però, che potrebbero essere meno rischiose. Anche il casco, se vogliamo, è stato accolto nel plotone dei professionisti con lo stesso scetticismo.

E così la querelle si trasforma nella solita battaglia a cortissimo raggio, con chi segnala che lo scorso anno c'era poco sterrato all'ingiù, da chi fa notare che lo sterrato in discesa è quasi una cattiveria. Insomma, soltanto la De Stefano ricorda a tutti che i percorsi si conoscono da mesi e che poi se ne parla soltanto a cose fatte. Nessuno dei "lamentosi" - citiamo Petacchi e Pinotti solo per quantità di esposizioni tv, ma sui social network sono in tanti a fare la voce grossa - si prende la briga di ricordare all'ACCPI e al CPA che un rappresentante dei corridori può - e deve - andare coi responsabili di percorso a studiare salite, discese, arrivi, rotonde, curve e dossi. Sono tutti troppo impegnati a pensare le parole più critiche e originali (da una parte e dall'altra) davanti alle telecamere, a tappa conclusa.

Ci dicono - e l'ha ribadito anche il team manager della Liquigas-Cannondale Amadio quest'oggi - che l'UCI sta varando delle norme per la sicurezza, e che queste norme si stanno studiando per bene. Attendiamo notizie speranzosi, nell'attesa che magari in Italia parta la FCI a fare qualcosa in merito (magari prendendo spunto da questo articolo o da quest'altro), dando mandato a qualche azienda di pensare ad una tecnologia che possa essere provata con le categorie femminile, élite-under 23, juniores e via dicendo. Visto che i professionisti, al solo sentire proposte e migliorie, ridacchiano e criticano.

Politicamente, purtroppo (per loro, soprattutto, ma è tutto il movimento che ci rimette), sanno fare poco altro.

Mario Casaldi

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