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L'intervista: Rapito dal Giro, e adesso il riscatto - Pozzovivo: «Attaccherò già sull'Etna»

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Domenico Pozzovivo, tra i più attesi sulle tante salite del Giro d'Italia 2011 © BettiniphotoLo chiamano Pollicino anche se dietro di sé non lascia indizi né tracce che permettano agli avversari di seguirlo e raggiungerlo. Domenico Pozzovivo, piccolo grande scalatore della Colnago-CSF Inox, è noto per la sua attitudine a pedalare forte in salita. Nel 2010 non riuscì a mostrare ciò di cui è capace a causa di una serie di cadute che lo condizionarono fino a condurlo al ritiro. 

Quest'anno il classe '82 lucano vuole prendersi una rivincita. In un copione che metterà in risalto le doti dei grimpeurs Pozzovivo vuol ritagliarsi una parte importante. Lo abbiamo sentito all'indomani di una ricognizione sulla Alpi, sulle salite più dure del Giro d'Italia. «Sono così tante e talmente dure che non v'immaginate neanche».

Pronto alla partenza?
«Prontissimo! Spero di poter fare bene. Abbiamo una buona squadra che nelle tappe più semplici lavorerà per Sacha Modolo mentre in salita mi aiuterà ad arrivare più avanti possibile. L'anno scorso sono stato sfortunato, tante cadute che alla fine mi hanno costretto al ritiro. Quest'anno spero vada meglio.».

Anche perché il Giro strizza strizza decisamente l'occhio agli scalatori come te.
«Sì, le salite sono tante e toste. Sono di ritorno da una ricognizione sulle Alpi. Abbiamo visto Crostis e Zoncolan, il Grossglöckner e la tappa che si conclude al Gardeccia».

Quale ti ha impressionato maggiormente?
«Sicuramente Crostis e Zoncolan sono un binomio che farà male, però la tappa del Gardeccia è la più impegnativa, secondo me. Più di duecento chilometri con il Giau ed il Fedaia nel finale. Già sarebbe durissima così, invece c'è anche quella stradina che porta al Rifugio Gardeccia. È molto stretta e le pendenze sono notevoli. Mi piace perché sarà durissima».

E la penultima frazione arriverà al Sestriere, con il Colle delle Finestre.
«Quando si scalò nel 2005 mi ritirai quasi all'inizio della tappa. Febbre altissima, erano i postumi di una caduta. La percorsi in macchina ma onestamente me la ricordo poco».

Come pendenze ci siamo.
«Sì, penso che sia una salita fatta apposta per me. Non mi piace molto lo sterrato, in salita non farà tanta differenza, ma le pendenze si addicono alle mie caratteristiche. Non la temo, insomma. Semmai dovrò stare attento in discesa, ricordo che la strada era veramente stretta».

La discesa è ancora un tuo tallone d'Achille.
«È vero, ma quest'inverno mi sono dedicato molto alla mountain bike, soprattutto per acquisire sicurezza. Sull'asciutto ora vado sicuro mentre sul bagnato ho ancora qualche problemino».

Confidiamo in un meteo clemente.
«Quello senza dubbio. Non penso che a nessun corridore piaccia disputare una corsa a tappe sotto la pioggia, specie nelle frazioni più impegnative. Durante la ricognizione sul Crostis mi sono imbatttuto in una nevicata negli ultimi tre chilometri di salita. La discesa è molto rischiosa. Contador ne è rimasto impressionato, posso soltanto dire che aveva ragione».

Il tuo percorso d'avvicinamento al Giro.
«Diverso da quello dell'anno scorso. Nel 2010, infatti, avevo già avuto un picco di forma alla Coppi & Bartali. Quest'anno ho preferito ritardare il picco alla Vuelta Castilla y León. Le sensazioni sono le stesse dell'anno scorso, speriamo che tutto vada per il meglio».

Chi vedi tra i favoriti?
«Su tutti Contador, ovviamente. A seguire Nibali, Scarponi, Menchov, Joaquim Rodríguez, Kreuziger e Igor Antón. Io mi auguro di restare in mezzo a questo gruppetto per poter dire la mia».

Un ragazzo intelligente come te perché non dice la sua anche all'interno dell'A.C.C.P.I.?
«Nel ciclismo funziona così: quelli che pedalano più forte ricevono maggiore attenzione. Fino a qualche anno fa, anche se avessi avuto qualche idea, sarebbe stata difficile da esporre al sindacato».

Cos'avresti voluto proporre?
«Ad esempio avrei voluto che noi corridori avessimo preso posizioni più nette per quanto concerne la sicurezza o per altri aspetti a livello sindacale che emergono poco. Noi siamo i principali attori ma purtroppo non veniamo ascoltati molto. Il caso delle radioline è lampante: la quasi totalità di noi è favorevole ad usarle, eppure...»

Ti piace il ciclismo nel 2011?
«Lavoriamo sodo per tutto l'anno avendo come obiettivo gli eventi più importanti. Purtroppo è in quei momenti che vengono fuori le inchieste sui casi di doping e questo non è correttissimo da parte dei media. Hanno tempo tutto l'inverno per dare le notizie, ma collocate lì avrebbero meno visibilità. Così non se ne parla. Si arriva al Giro ed escono fuori le inchieste. Sicuramente la colpa è anche dei corridori, non sto dicendo che non ci sia niente di vero in queste inchieste, però contesto la modalità di far uscire le notizie».

Cosa significa essere un ciclista in Basilicata?
«Ultimamente si inizia a parlare di noi, specie durante il Giro. Antonio Santoro ed io stiamo cercando di promuovere il ciclismo al Sud, specialmente nella nostra terra. Vengo da Montalbano Ionico, sono nato a Policoro. Le strade ed il clima sarebbero ideali per praticare il ciclismo. È solo una questione di mentalità. Fortunatamente negli ultimi anni c'è stato un certo interesse nei miei confronti nel periodo appena precedente il Giro e successivamente durante la corsa. Questo è un buon punto di partenza».

Un punto di partenza - meglio d'arrivo - dove ti vedremo in luce al Giro?
«Per le salite si ha l'imbarazzo della scelta. Penso che da Grossglöckner, Zoncolan o Gardeccia, senza dimenticare il Sestriere, dovrebbe uscire qualcosa di buono per me. Non certo da Montevergine, che non mi si addice affatto e dove punterò a tenere duro. Ad ogni modo proverò a mettere il naso fuori già sull'Etna, altra ascesa tosta, che mi piace e che ho già visionato. La gamba è più che buona, devo provarci».

Francesco Sulas

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