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L'Intervista: Monsalve a tutti, mi presento - Yonathan dal Venezuela alla Toscana a Savio

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Yonathan Monsalve sul podio del Tour de Langkawi © Cicloweb.it«Yonathan, vete a rueda de Pozzovivo durante toda la subida, y al final, esprinta!». Questi gli ordini impartiti da Gianni Savio a Monsalve fino ad un minuto prima della partenza della tappa regina del Tour de Langkawi, che sarebbe terminata in cima a Genting Highlands. Repetita iuvant, avrà pensato il patron dell'Androni Giocattoli, specie quando si parla di un ragazzino di ventun anni pieno di entusiasmo e alla sua prima stagione tra i pro'.
E alla fine è andata proprio così, con Yonathan a braccia alzate dopo lo sprint ristretto al termine della salita e qualche giorno dopo osannato a Kuala Lumpur come vincitore della corsa.

Yonathan, sei rimasto a ruota perché non ne avevi o avresti potuto scattare?
«Quel giorno sentivo di poter fare la differenza ma ho preferito seguire i consigli di Gianni, sapete com'è, se poi qualcosa non fosse andato bene... (ride)». 

Alla fine comunque sei stato premiato, vittoria di tappa e di giro...
«Ma non è stato facile, soprattutto nelle tappe successive a quella di Genting. Abbiamo dovuto sgomitare con gli sprinter ai traguardi volanti per recuperare quei due secondi da Libardo (Niño Corredor, ndr) e per fortuna, con l'aiuto preziosissimo dei miei compagni, ce l'abbiamo fatta».

Dunque in questo Tour de Langkawi abbiamo visto la sintesi delle tue caratteristiche, uno forte scalatore, ma con buone punte di velocità.
«Effettivamente io non nasco scalatore puro, anzi, quando ho cominciato mi piaceva più lanciarmi nelle volate, magari non con i velocisti puri, che l'alta montagna, insomma, mi si vedeva davanti più in pianura che in salita. L'anno scorso mi sono reso conto di avere buone doti da scalatore, perché mi sono trovato a giocarmi arrivi veramente duri come quelli del Giro delle Valli Cuneesi, del Val d'Aosta o sul Monte Grappa al Giro Bio. Mi piacerebbe continuare a migliorare ancora queste qualità per poter puntare alla vittoria di una grande corsa a tappe come il Giro d'Italia». 

Il Giro è già nei programmi di questa stagione?
«In teoria sì. Se arriverò alla vigilia con una buona condizione dovrei disputarlo, a disposizione della squadra e cercando magari di guadagnare un bel piazzamento nella classifica dei giovani».

E le classiche? Ti piacciono?
«So che è presto per poter parlare e so anche che i ciclisti sudamericani non hanno mai avuto un buon rapporto con queste corse, ma certe classiche, come il Giro di Lombardia, potrebbero davvero fare al mio caso. Cercherò di testarmi presto anche su quei terreni».

Finora abbiamo avuto pochissime occasioni di vedere la tua condotta di gara in tv. Sei un attaccante o un attendista?
«Diciamo che non attacco se non sono sicuro di fare veramente male ai miei avversari. Quando si comincia una salita cerco di stare più avanti possibile per controllare i migliori e, se la condizione mi sorregge, seguire i loro scatti. Quando si rimane in 4-5 e capisco di averne ancora, allora gioco le mie carte con delle progressioni che non sono veri e propri scatti secchi ma che mi consentono di fare una discreta differenza».

Gianni Savio dispensa consigli al giovane Monsalve © Cicloweb.it

Com'è cominciata la tua storia ciclistica?
«È partito tutto circa dieci anni fa ed è stato quasi un passo obbligatorio della mia vita perché vengo da una famiglia di ciclisti, mio nonno, mio padre, mio zio hanno praticato questo sport ed è stato proprio il mi' babbo (lo dice proprio così, alla toscana, ndr) Yovanny ad accompagnarmi alle gare per tanto tempo e a spronarmi a continuare nei momenti di difficoltà. Dopo tantissime gare vinte nelle categorie minori, nel 2009 la Mastromarco venne in Venezuela per disputare la Vuelta al Táchira e fu impressionata dalla mie due vittorie di tappa e dal mio terzo posto nella generale. Così Giuseppe Di Fresco mi ha offerto la possibilità di andare in Italia per cercare di diventare professionista e, dopo due anni, eccomi qua...».

E nel frattempo sei diventato papà...
«Sì, ho avuto una splendida bambina, Brihana, dalla mia ragazza Crismarly e per fortuna entrambe mi raggiungeranno in Italia nei prossimi giorni. Dopo ogni tappa, quando in Venezuela erano le 2-3 di notte, Crismarly e mia madre Yris volevano che le chiamassi per sapere com'era andata, anche se in realtà sapevano già tutto dalla diretta scritta della corsa su Twitter. C'è un forte legame familiare tra di noi e nei miei programmi c'è di ampliare ancora la famiglia (ride)...».

Qual è il tuo più bel ricordo nei due anni trascorsi da dilettante in Toscana?
«Sono stati due anni molto belli, mi sono sentito trattato come in famiglia e questo è stato importantissimo per la mia serenità. Sportivamente parlando il momento più felice l'ho vissuto a Vitolini di Vinci, al Giro Bio quando, a casa dello sponsor della nostra squadra, con un attacco combinato con Antonio Santoro, io vinsi la tappa e lui acciuffò il terzo gradino del podio in classifica generale. E come non ricordare il giorno in cui Gianni mi ha detto che sarei diventato professionista con la sua squadra?».

In questa squadra troverai altri tre venezuelani e soprattutto José Rujano, uno degli oggetti più misteriosi del ciclismo contemporaneo. Che idea ti sei fatto?
«Credo che, dopo l'exploit del 2005, lui non sia riuscito a tenere il controllo della situazione, ha ricevuto tante offerte ed ha perso un po' la testa. Il suo errore più grande, secondo me, è stato quello di abbandonare Gianni, sarebbe bastato solo un altro anno alla Selle Italia e le cose avrebbero preso un'altra piega. Io lo conosco bene, ha delle doti fuori dal comune, quando si corre in Venezuela e si sa che José ha una condizione decente, si lotta per il secondo posto. Ma in Europa il talento non basta, se non ti prepari al meglio diventi uno dei tanti e lui spesso non è riuscito - vuoi per diversivi extraciclistici, vuoi per un ambiente di squadra non adatto a lui - a presentarsi in forma alle corse. Quest'anno ha finalmente fatto la scelta di ritornare con Gianni e, se saprà ritrovare la giusta concentrazione, al Giro ci divertiremo!».

A proposito, ma chi è Gianni Savio in Venezuela?
«Innanzitutto militare nelle sue squadre è il sogno di ogni ciclista venezuelano. Per il resto è una personalità molto conosciuta e stimata».

Solo nell'ambito del ciclismo?
«No, no, tutti sanno chi è Gianni Savio, dallo sportivo alla persona qualunque». 

Giuseppe Cristiano

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