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Tour Down Under 2011: Meyer, giovane capolavoro - Per Cameron fuga, vittoria e maglia ocra

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Cameron Meyer batte Thomas De Gendt a Strathalbyn e vola in testa alla classifica © www.slipstreamsports.comSe la sentivano. Oggi se la sentivano che, su quel percorso così facilino ma così insidioso, qualcuno poteva fare uno scherzetto. E non a caso, i capoccia del gruppo, hanno faticato parecchio ad accettare che qualcuno se ne andasse in fuga: se nei primi tre giorni di questo Tour Down Under l'azione da lontano era partita nei primi 20 km (al 13 nella prima tappa, al 18 nella seconda, al 4 nella terza), oggi i volontari per l'attacco hanno dovuto aspettare 33 km prima di avere uno straccio di via libera.

Fino a quel momento, grande avvicendamento di candidati, presentatisi a decine là davanti, ma tutti senza riuscire a fare il vuoto (tra di loro, abbiamo visto Balloni, Cimolai, Bandiera e Viviani, per restare solo agli italiani); e un paio di traguardi intermedi: uno del Gpm, con Ballan a tirare il gruppo in salita (ma a transitare per primo sotto lo striscione di Checker Hill è stato Simone Ponzi); e uno con abbuoni (proprio al km 33), e qui ci siamo goduti quello che credevamo solo un antipasto di quel che sarebbe successo al traguardo, senza sapere in quel momento che non ci sarebbero state altre portate per gli amanti degli sprint.

Lì, al traguardo volante di Gumeracha, Robbie McEwen è riuscito a farla in barba a Goss, leader della classifica che si è visto rosicchiare dall'anziano connazionale uno dei 4" che li separavano nella generale (3" di abbuono a Magic, 2" a Matthew).

Sullo slancio della volatina, mentre il gruppo fisiologicamente rinculava, è finalmente potuta partire la fuga. Cameron Meyer, campione australiano in carica della cronometro (in maglia Garmin), se n'è andato in compagnia del Rabo Ten Dam, dell'AG2R Kadri, e della coppia Vacansoleil formata da De Gendt e Ruijgh. Un quintetto comprendente passisti di tutto rispetto non è mai un cliente facile da tenere a bada, in occasioni come queste. Oltre alle gambe adatte, questi 5 poi avevano anche meno chilometri di fuga da coprire fino al traguardo, essendo partiti più tardi dei colleghi all'attacco nelle prime tre tappe.

Ma siccome ancora non bastava, ecco l'elemento decisivo per la riuscita della fuga: l'arrivo dal gruppo, al km 40, di Matthew Wilson, uno che sarebbe certo passato maggiormente inosservato, oggi, se non fosse compagno di squadra di Meyer. Quindi, facendo due conti, su 6 uomini all'attacco, ben 2 (un terzo del drappello) potevano (e anzi, avevano l'incarico di) immolarsi per la causa del compagno più dotato. Wilson per Meyer, e Ruijgh per De Gendt, non si sono certo risparmiati. Non tanto per mettere tra sé e il gruppo tanto margine (il vantaggio massimo, toccato al km 45 - a 79 dall'arrivo - non è stato che di 2'30"), quanto per tenere poi quel margine il più a lungo possibile: per la serie, ecco la riedizione del magnifico trucchetto di non dare tutto nei primi chilometri dell'attacco per preservare energie che torneranno utilissime nelle barricate finali.

Il traguardo volante di Balhannah (km 61), vinto da De Gendt su Kadri, ha consentito a Meyer di prendersi 1" di abbuono (transitando in terza posizione), dopodiché al km 66 Kadri si è staccato dai compagni di fuga, rimasti così in 5. Dal gruppo tirato dalla HTC di Goss, le notizie più rilevanti riguardavano una foratura di McEwen e il fatto che Cavendish sia andato a farsi medicare dal dottore della corsa (Mark comunque non si ritira, segno che ha voglia e bisogno di mettere chilometri nelle gambe). Il ritardo, tenuto sotto controllo con la massima attenzione, è sceso fino a 1'20" (a circa 50 km dal traguardo di Strathalbyn), e pareva effettivamente profilarsi il film già visto nei giorni scorsi, con recupero garantito e volatona finale.

Ma a quel punto è successo qualcosa di imprevisto: e cioè che i 5 davanti hanno deciso di fare sul serio, e il margine ha cominciato a riallargarsi, fino a toccare quota 1'47" a 35 km dalla conclusione. Il timore della frittata ha a quel punto spinto prima la RadioShack, poi anche la Omega Pharma, ad andare in testa al gruppo per dare una mano agli HTC; eppure quei 5 in fuga non mollavano, tenendo splendidamente malgrado l'accelerazione di un plotone che rinveniva ma piano, forse anche perché aveva speso qualcosa di troppo a inizio tappa.

La pacata regressione del distacco dice tutto: 1'25" di vantaggio ai 30 km, 1'20" ai -20, 1'11" ai -15, 50" ai -10, quando ormai era palese che solo un mezzo miracolo avrebbe riportato il gruppo sui primi. Ai 9 km, un Ruijgh ormai spossato ha alzato bandiera bianca, ma ormai il destino della fuga era chiaramente il successo. E la resistente presenza di Wilson, accanto a Meyer, ha fatto sì che la Garmin potesse giocare al rialzo, per un finale in cui il giovane Cameron, stimolato dalla reale possibilità di strappare la maglia ocra a Goss, non ha sbagliato nulla, in uno sprint in cui Wilson (in testa praticamente nell'ultimo chilometro e mezzo) ha tirato per il giovane compagno lanciandolo ai 400 metri, e in cui, con Ten Dam che si è dovuto arrendere per primo, De Gendt ha conteso fino alla fine il successo di giornata all'australiano.

Ma certi giorni per qualcuno nascono per essere perfetti, e così si realizzano: tappa e maglia per Meyer, che ai 10" (più 1 del traguardo volante) di abbuono somma i 24" di ritardo con cui il gruppo, regolato da Goss su Rojas e Swift, ha tagliato la linea del traguardo: sicché, computando il tutto, ci ritroviamo il fresco 23enne di West Preston in cima alla generale, con 10" su Ten Dam, 12" su Goss e 15" su McEwen.

Cameron, che vorrà e potrà dimostrarsi un solido leader, dovrà ovviamente guardarsi le spalle principalmente da un Goss che già domani, su un arrivo (come quello in leggera salita di Willunga) che potrebbe non respingerlo, cercherà rabbiosamente l'abbuono che gli permetterebbe di giocarsi il tutto per tutto nella frazione finale, domenica ad Adelaide. Di sicuro un Down Under vivo e vivace, che ci offre questa lotta sul filo dei secondi tra giovani rampanti, oltreché tutti di lingua inglese; anzi, se non ci fosse Ben Swift tra i vincitori di tappa, staremmo parlando di un clamoroso filotto australiano: Goss, Matthews e Meyer a dividersi i successi di giornata; gli stessi Goss e Meyer, col nonnetto McEwen (unico intruso dal punto di vista della stagionatura), a succedersi nel primato in classifica. Se mai ci potessero essere dubbi, questa gara ci sta confermando su tutta la linea quale sia il movimento più in crescita nel ciclismo.

Marco Grassi

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