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GP Plouay 2010: Goss-Hype, si parla di Matt - Vittoria australiana all'Ouest France

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Matthew Harley Goss si impone a Plouay su Farrar e Offredo - Foto www.ouest-france.frSu un percorso accidentato come quello del GP di Plouay non è facile vedere corse men che guerreggiate (sportivamente parlando, ovvio). Se poi alcuni protagonisti di casa si mettono in testa di spremere fino all'ultima riserva d'energia nelle loro gambe, lo spettacolo ne beneficia ulteriormente; e anche se poi la conclusione è una volata quasi generale, lo spettatore non torna a casa con la sensazione di aver un po' buttato i soldi del biglietto.

Il primo di cui vogliamo parlare è Laurent Mangel, che se non ha fatto la gara della vita, ci è andato vicino: in fuga dalla notte dei tempi, e dopo i mille rivolgimenti nelle prime posizioni degli ultimi 40 km, a 5 dal traguardo era ancora lì a provare l'ultimo dei contropiede disperati. Onore al merito.

Onore a una carriera, invece, se spostiamo l'attenzione su Christophe Moreau, che - aiutato dalla sortita e dalle trenate di Drujon - ha fatto anch'egli una bella gara, ma nel suo caso parliamo di una prestazione più speciale delle altre: l'ultima da professionista per un corridore che a 39 anni ha scelto proprio Plouay come scenario del suo addio al ciclismo pedalato. Carriera bella lunga (16 anni), non tantissimi successi ma alcuni di un certo prestigio (un paio di Delfinati, un titolo di campione nazionale, un quarto posto al Tour nel 2000), e una presenza carismatica - specie in queste ultime stagioni - in un gruppo di cui ormai era stabilmente uno dei veterani.

Dopo la lunga fuga a 7 che ha caratterizzato la corsa nelle sue fasi pre-decisive, proprio Moreau, con Mori, Minard, Coppel e Poels, ha rappresentato la testa di ponte del gruppo che si accingeva a chiudere sugli attaccanti. Nell'ultimo giro (ognuno misurava circa 20 km) è stata la Lampre a recitare il ruolo principale: già in vista con Mori, e dopo un buon lavoro di Cunego, nei 20 km finali la squadra di Saronni era riuscita a piazzare un uomo (Pietropolli) in un quartetto di testa con Leukemans e Poels della Vacansoleil, e col solito Mangel (alfiere della Saur), ultimo superstite della primigenia fuga; e un secondo uomo (Gavazzi) in un secondo quartetto (con Chavanel, Zubeldia e Van Avermaet).

Una volta che i due drappelli si sono ricongiunti a 13 km dal traguardo, col gruppo a mezzo minuto, si pensava che l'offensiva a 8 potesse portare frutti buoni (tantopiù che due squadre avevano 2 uomini là davanti). E invece il plotone, riorganizzatosi dopo mille sfilacciamenti, con Caisse d'Epargne, Liquigas e soprattutto Euskaltel a tirare (tutte e tre le squadre erano rimaste fuori dalla fuga), ha iniziato a rinvenire forte alle spalle degli attaccanti (con ulteriori tentativi di anticipo, vedi breve allungo a tre di Le Mével, Elmiger e Ten Dam ai 12 km). E a 6 km dalla conclusione c'è stato il ricongiungimento, subito seguito dal già citato assalto all'arma bianca di Mangel.

L'allungo del francese non era che il primo di una serie di tentativi kamikaze negli ultimi 5 km (ancora Moreau, poi il giovane molisano Appollonio, poi un Daniel Martin a cui scappa la gamba), ma nessuno ha saputo fare la differenza, nemmeno un Sagan che pure è stato abbastanza presente nei momenti di gran pathos che hanno preceduto lo sprint.

La volata pareva a quel punto fatta su misura per un Farrar che avrebbe così bissato la bella vittoria di Amburgo di pochi giorni fa; e invece, alle spalle del canadese che aveva preso in testa gli ultimi 200 metri, ha rimontato prepotentemente Matthew Goss, che i più ricordano per il successo di tappa al Giro, a Cava de' Tirreni, e che stavolta ha sfondato per vie centrali andando a cogliere la più bella classica della sua carriera spesa spesso a tirar volate ad altri, ma in cui l'australiano (che a Plouay infila un'altra vittoria cangurina dopo Gerrans 2009) sa trovare anche ottimi spazi per le sue ambizioni personali.

L'Italia, presente ma non brava a finalizzare, piazza Santambrogio in sesta posizione, Gavazzi in ottava, Marcato in nona e Appollonio in undicesima; i più vecchi tra costoro hanno da poco compiuto 26 anni, il più giovane (Appollonio) ha 21 primavere sul groppone. Come dire: il momento non sarà il più esaltante del pedale tricolore (da due anni non vinciamo una grande classica), ma il futuro qualche squarcio di luce lo promette.

Marco Grassi

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