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Suisse 2010: Follie in volata, poi Petacchi - Cave-Haussler provocano il patatrac | Cicloweb

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Suisse 2010: Follie in volata, poi Petacchi - Cave-Haussler provocano il patatrac

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La caduta di Wettingen - Foto Daylife.com © ReutersUno dei finali più drammatici a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Un momento di follia condivisa tra due corridori troppo sicuri di sé per mollare anche un solo metro. Meglio risolvere la questione con un'entrata kamikaze e una spallata criminale a quasi 70 km/h. Che diavolo di forza interiore può spingere due professionisti a rischiare tutto, anche la vita, per una tutto sommato inutile (tantopiù per due vincenti come i protagonisti della vicenda) volata di provincia? Che sorta di trance agonistica può giustificare quanto accaduto sul rettilineo finale di Wettingen? Che razza di rivalità può generare un pauroso scontro come quello che ha visto coinvolti Mark Cavendish e Heinrich Haussler a un passo dal traguardo della quarta tappa del Tour de Suisse?

No, nemmeno il ricordo di quella Sanremo 2009, quando Haussler si vide bruciare da Cavendish al fotofinish dopo aver sentito la vittoria in tasca; troppo parossistiche azione e reazione, oggi, per voler trovare a tutti i costi un pregresso. Follia, tout court. Al massimo, istinto allo stato brado.

Succede tutto negli ultimi 200 metri. Mark Cavendish sbuca dietro la prima linea e si allarga prima a destra, mettendo tra l'altro in difficoltà Marcato; l'inglese si accentra e affianca Ciolek, poi lo supera, ma dall'altro lato identica manovra la compie Haussler. Cavendish non vuol concedere nulla, affianca l'australiano, lo affianca decisamente troppo, con un taglio di traiettoria non netto ma costante e visibile, gli entra praticamente sotto il braccio.

Heinrich dal suo canto non vuol cedere, guai a tirare i freni, e assesta una spallata decisa che stende all'istante Mark. Cade il britannico, e si trascina il biondo Cervélo (che si rialzerà parecchio ammaccato). L'effetto è paurosamente a cascata: Ciolek, subito dietro ai due, va subito giù; alla sinistra di Haussler è Mondory a essere spazzato via, mentre il sopraggiungente Freire fa un miracolo d'equilibrismo tra Heinrich e Lloyd e riesce a restare in piedi.

Sul lato destro della strada, un varco in cui si infilano tutti quelli che si piazzeranno ai primi posti: Petacchi, che vince senza esultare (giustamente) e senza godersi un successo del genere (che pure gli serviva come il pane, dopo il suo brutto Giro d'Italia), su Breschel, Marcato e Rojas.

Al centro, il peggio: passato indenne (per un soffio) Flecha, Boonen (che aveva peraltro smesso di pedalare un istante prima del patatrac, facendo un gesto di disappunto con la testa: forse conscio di non poter esprimere la sua volata) irrompe su Cavendish per terra e con tutto l'avantreno colpisce Mark al capo (anche al volto). Il povero Cavendish viene anche investito da Elmiger, che si ribalta totalmente e atterra di schiena sull'asfalto (ma è uno dei primi a rialzarsi). Quello che è già un groviglio, si ingrandisce ulteriormente quando la maglia gialla Martin, per evitare di cadere (e ci riesce), si intraversa e ne butta giù due, un Garmin a destra e Spilak al centro. E probabilmente a causa delle brusche frenate di quelli davanti, si apre un focolaio anche a centro gruppo, con un corridore della Caisse (probabilmente Coyot) che cade e abbatte a sinistra Hesjedal (che va a sbattere sulle transenne ma che si rialza prontamente), e al centro un BMC (forse Moos) che a sua volta fa cadere un Liquigas e un Euskaltel. Un disastro di queste proporzioni, nell'attesa dei bollettini medici, non lo ricordavamo da un bel po'.

Un episodio, la caduta, che purtroppo fa scivolare in secondo piano tutto quello che era successo nella tappa, ovvero molto o poco a seconda dei punti di vista: molto se si considera che si trattava di una frazione in cui non ci si aspettava che la volata; poco se si considera che la lunga fuga di Brice Feillu (160 km), i vari attacchi sugli strappetti di Gilbert, il tentativo di Cancellara di movimentare le cose nel finale, l'allungo di Hesjedal, quello di Hoste, quello di Van Avermaet, quello di Davis, tutti questi eventi non avevano spostato di una virgola il destino di una tappa che doveva concludersi in volata.

E finiscono in secondo piano anche le recriminazioni, a mezzo stampa (nel caso di Bruyneel-RadioShack) o con una fuga dimostrativa (Feillu-Vacansoleil), di quei team non invitati alla prossima Vuelta. Un tema che come al solito solleva i mugugni solo quando si viene colpiti in prima persona da un mancato invito a un grande giro (o a una corsa in generale): vedremo se stavolta Bruyneel saprà catalizzare una presa di posizione di squadre e corridori per riequilibrare un po' i rapporti di forza con gli organizzatori e l'UCI. Siamo abbastanza certi di no.

Marco Grassi

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