Giro d'Italia 2010: Tre lunghi anni, da Lienz 2007 - Garzelli torna al successo
Versione stampabileIl Monte Grappa e un Giro che se ne va. Quella maglia rosa che neppure dopo due lustri tornerà. Ma nella testa tanta serenità, la consapevolezza che tutto sommato è meglio così, che non vale la pena continuare a torturarsi per una minestra sciapita servita subito dopo la conclusione di Verona. Andiam su tranquilli e viviamo alla giornata, soffriamo ancora un pò anche verso lo Zoncolan, che sarà pure Kaiser ma non ci schiaccerà. Saranno passati sicuramente pensieri più o meno simili nella testa di Stefano Garzelli, che per l'ennesima volta si è trovato di fronte ad una realtà diversa da quella sognata ma con la tranquillità di chi sa che la vita va avanti sempre e comunque e che basta fare un bel respiro, ripartire e vivere alla giornata. Quel che viene viene, l'importante è dar tutto, l'importante è far bene dove c'è la possibilità, l'importante è lasciare il segno, il graffio di pantera scolpito nella memoria di un pubblico sempre straordinario, sempre lì a pochi centimetri o su una collinetta, ad acclamarli uno per uno questi splendidi faticatori della strada.
Il Plan de Corones si staglia lì, pronto a presentare un conto salatissimo a chi esagera, dopo il verde mischiato all'asfalto della strada del Furcia, lì dove di San Viglio di Marebbe si perde quasi il ricordo. Uno sforzo da paura, di quelli dove alla perdita di sonno del giorno prima può aggiungersi quella spietata della perdita di fiato, issandosi verso quota duemila e ancor più su, con quel kriss micidiale che ha nell'immagine di Marco Pantani, rappresentante l'ultimo tornante, l'ideale guardiano. La giornata però è stupenda, delle nuvole cupe e della nebbia che fecero disperdere la vista del monte nel 2006 neppure l'ombra. È giorno buono per provarci, giorno giusto per crederci. Si va, partenza a buon ritmo, col piglio aggressivo quanto basta. Una cadenza di pedalata incurante di ciò che ancora deve arrivare, libera da qualunque pensiero. Andare in su, liberi nel verde meraviglioso, mentre il tempo fa il suo corso e ti issa già in vetta sul Furcia, in attesa che arrivino anche gli altri, ovvero coloro per cui il sogno di vittoria continua, deve necessariamente continuare. E via ancora sua, su quel terreno particolare, che si sostituisce sì al nero di bitume ma le sue insidie non le nasconde, anzi te le presenta una ad una andando avanti. Ma l'importante è andar su, tornante dopo tornante, drizzone dopo drizzone tra quelle gigantografie da tuffo nella storia, dove forse un pensiero comincia a palesarsi. Quello di una storia personale che non lascerà il posto al bianco e nero e che vuol restare dipinta a colori anche in quella recente, contemporanea. Ed allora ancora su, il tempo di gestire bene ancora le forze, di trovare il conforto nell'acqua e negli zuccheri rimasti e poi via, incrociando lo sguardo di Marco in quel tornante, il Capitano con la sua voce..."Vai Stefano che la vittoria è tua!". Come in quel caldo pomeriggio verso l'Izoard. Eccolo il kriss micidiale, quella lama affilatissima pronta in quel 24% a sgozzarti senza pietà, a toglierti quelle residue riserve di fiato preziose come non mai. Se non hai però troppi pensieri la lama del kriss riesci a piegarla, andando su in quella spirale dove lo scandir dei minuti è mero dettaglio. Garzelli va su, ancora bene, ancora convinto tra la marea di gente che rispetto allo Zoncolan perde in compostezza (qui non c'era cordone umano ma la cosa non duole di certo) ma guadagna in animosità, tra chi corre a perdifiato o chi semplicemente agita la propria bandiera. Il traguardo ormai è là, il tempo si ferma sul 41'28". Bene. Ottimo. Chissà. Vuoi veder che...
Basta aspettarli, uno dopo l'altro. Mal che va si finisce nei dieci. Mal che va nei cinque. Forse nei tre. Ma chissà. Ed invece Cadel finisce dietro. Basso pure. Sastre non ne parliamo. Nibali non riesce. Scarponi paga. Vinokourov si arrende. Nessuno in grado di passar Garzelli e così dopo tre anni si ritrova quel sapore così dolce, così intenso, così maledetto quando non vuol farsi gustare: la vittoria. Tre anni sono passati da Lienz, dall'ultimo champagne stappato. Lienz che veniva dopo Bergamo, in un Giro in cui la classifica era andata, ma la voglia di far bene e riprovarci era rimasta, proprio come quest'anno. Un lasso di tempo segnati da una mancata partecipazione ed un Giro garibaldino, che ci aveva ridato un Garzo tenace, combattivo, a cui restava solo il rammarico per quel successo che non voleva venire. Tra San Martino di Castrozza e il Block Haus, con quei fischi capaci di far male più di una scarica di pugni. Tra un terzo posto tanto bello quanto inaspettato nelle Cinque Terre, guarda caso ancora contro il tempo, guarda caso ancora a mente sgombra ed una conclusione nei primi dieci con quel verde di montagna addosso, il verde di chi ha inseguito la vittoria combattendo, per risalir su quel gradino più alta. Plan de Corones, che di corone ne porge una sola, a Garzelli re di giornata, Garzelli tornato re quando la strada sale ed il tempo passa. Come dieci anni fa, tra il Monginevro ed il Sestriere a coronamento del sogno proprio mentre quello di Francesco Casagrande andava in frantumi tra le lacrime. Realizzava il suo sogno quel ragazzo, che la sua storia al Giro la stava già legando indissolubilmente. Il ragazzo che scortava Pantani affranto e ferito verso Cava de' Tirreni prima di scortarlo nell'Olimpo della leggenda. Prima di esser ripagato da quel Marco straordinariamente bello nella sua umiltà nel momento in cui toccava a lui, il Garzo in prima persona, scrivere la storia. E poi tanta strada, con l'avvio sfavillante ed il buio improvviso in quelle giornate di maggio del 2002, dopo una Liegi meravigliosamente scolpita con Bettini. E poi il Terminillo ed un Simoni troppo forte per esser piegato nel 2003. Un Simoni compagno d'avventura e piegato invece poi sulla Presolana, sfuggendo sul Mortirolo al folgorante ardore di un Cunego in rosa. Fino alle ultime stagioni, lì dove il bis rosa sembra sempre più un sogno e meno realtà e bisogna prender ciò che viene. Tra strade del Trentino e quelle di casa della Tre Valli o tra le strade delle Asturie e quelle della Tirreno-Adriatico, con quell'orgoglio e voglia che possono farti vincere in un battito di ciglia, in un traguardo volante pronto a finire nel dimenticatoio come nella maggior parte dei casi.
Ogni giorno speciale sembra sempre un giorno qualunque ma va preso per quello che è, un cammino che si fa speciale passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, salita dopo salita. Vivendo alla giornata. Come Palmiro Masciarelli, orgoglioso e lottatore quanto il Garzo e che quest'oggi, osservando quella spirale magica e ancor popolata di chiazze bianche di neve, può regalarsi un sorriso.