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Antidoping? Lettera aperta a Murilo Fischer - E a tutti gli altri professionisti

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Murilo Fischer - Foto Roberto BettiniCaro Murilo Fischer,

ieri mattina sei stato svegliato alle 8 per un controllo a sorpresa dell'UCI, e la cosa ti ha dato particolarmente fastidio, visto che era il giorno di riposo e avresti voluto dormire un po' di più per ricaricare le batterie a 6 tappe dal termine di un Giro particolarmente faticoso. Non solo, dici che alle 9 si son presentati altri ispettori per un secondo controllo, diverso dal primo. Di male in peggio!

Non sei stato l'unico, caro Murilo, a lamentarti. Altre voci di dissenso vengono dal gruppo, e ci mancherebbe pure che non fosse così: questi ispettori dimostrano di avere una sensibilità da mufloni, ma del resto, non l'avevamo forse già capito quando andarono a controllare Van Impe il giorno dopo la morte del figlioletto? Aiutaci a ricordare, Murilo: che cosa faceste, voi corridori, in quell'occasione?

Sicuramente vi muoveste, vero? Che faceste? Non è che per caso organizzaste uno sciopero, una forma di protesta seria? Non ci dire che ve la cavaste con un comunicato che stigmatizzava la cosa! Oddio, a pensarci bene, forse andò proprio così. Forse ritardaste addirittura la partenza di una corsa di 5'. Perdonaci, non ricordiamo bene perché evidentemente quella protesta non fu poi così clamorosa.

Ma la questione è: se non in casi del genere, quand'è che vi muoverete per affrontare il discorso mai affrontato dei diritti di un ciclista professionista? Poi alla fine è facile lamentarsi, dopo. Siete sempre lì a piagnucolare, dopo. Tutti avete subìto soprusi grandi e piccoli, e sicuramente quello di cui sei stato vittima tu ieri è un sopruso, anche se piccolo. (In altri sport un caso simile verrebbe considerato un peccato di lesa maestà, ma noi dobbiamo guardare solo al nostro orticello, vero?). Tutti voi, nella vostra carriera, siete stati svegliati qualche volta al mattino presto per un controllo, come fai, caro Murilo, a stupirti di questo andazzo?

Fa' una cosa, Murilo. Hai tanti contatti coi corridori italiani, per aver corso per anni da noi. Ora sei in un top team americano, insomma, la tua posizione è per certi versi invidiabile. Parla un po' in gruppo di queste cose, parlane oggi a chi incontrerai alla partenza, parlane domani ai compagni di fuga (se andrai in fuga) o a quelli che resteranno a inseguire. Quando farete la prossima rete, parla a quelli che condivideranno la tua fatica. Twitter non basta, dovete muovervi di persona, metterci la faccia. Siete solo poche centinaia di professionisti in tutto il mondo, il fatto che non riusciate a parlarvi, a condividere un seppur minimo progetto comune, che non riusciate a immaginare la possibile esistenza di una Carta dei vostri diritti, da mettere per iscritto e presentare, con obbligo di accoglienza, agli altri agenti del ciclismo, pena uno sciopero a oltranza da parte vostra e per tutta l'attività professionistica, ecco, che non si riesca, appena 900 scemini, a trovare una linea comune, è francamente imbarazzante. Per voi, e pure per noi che con tanta passione vi seguiamo, 900 anime in pena, o dannate, o candide, che non riescono neanche a imparare l'abc di come si sta al mondo.

Quindi, caro Murilo, cari tutti voi che vi siete lamentati ieri, a parole o per iscritto sui vostri twitter, cari ciclisti professionisti, pensateci. Pensate a quello a cui dovete sottostare, e chiedetevi per un attimo se è giusto. E poi, se vi renderete conto che non lo è del tutto, fate qualcosa. Però, una preghiera: basta lamentele a posteriori, perché in questo modo ottenete solo una cosa: di esporvi al ridicolo.

Marco Grassi

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