Giro d'Italia 2010: Cacciatori di tappe, dove siete?
All'orizzonte appaiono i dorsi chini e levigati dei primi monti di questo Giro. Non sono lame per le cosce più nobili, ma ugualmente possono irretire il pensiero e l'inventiva. La tempesta si è sfogata sulle strade della Lunigiana in tempo per lasciar scendere il Giro all'asciutto. Una grazia, viste le strade immerse nella macchia, che in caso di pioggia riversa sull'asfalto i suoi umori, sotto forma di foglie e rami. Putroppo l'ultima nube porta via con sè lo sforunato Tiralongo, ed è un colpo duro per il branco dei lupi kazaki.
La strada è tormentata, irregolare, perfino stretta, salita e discesa, per chi guarda, in una parola, splendida. Nelle macchia fitta c'erano i covi degli anarchici. Il battaglione Lucetti, la divisione Lunense, la formazione Schirru. Tutti gruppi attivi a Carrara e dintorni, che fecero impazzire le squadracce fasciste. Non appena presa la salita della Spolverina (versante passo del Cucco, quello un pochino più duro, pare), fra sequenze di curve e non finire e fitte selve, ecco infatti spuntare ribelli dalla testa del gruppo fino ad allora sotto il governo illuminato (leggi: non facciamo troppa fatica, per oggi) del partito dei verdi. Ribelli di tal rango che nemmeno impensieriscono il governo in carica, però. A parte un lodevole tentativo di Gerdemann, forse, inseritosi in uno dei gruppetti involatisi verso il Cucco.
Certo che quel compari/scompari tra una curva e l'altra è proprio accattivante per gli aspiranti all'evasione. Uno scattino e ciao, non ti si vede più. Se per caso le guardie non ti riconoscono subito puoi perfino sperare di passare per un po' inosservato. Certo Vinokourov con quel sole stampato in pieno petto di certo non si mimetizza bene. Tanto meno una maglia iridata... Strano però che altri cacciatori di tappe di rango maggiore non siano stati ispirati. Cunego ad esempio scendendo dal Brattello ancora assaporava il giorno in cui di là comparse vittorioso come un arcangelo sulla scena del Giro, il giorno di Pontremoli. Ma forse preferisce non coltivare ricordi così belli. Garzelli stesso rincorrendo Casagrande da queste parti capì di essere sbarcato nell'Olimpo, una vallata più in là. Perchè nei 25 chilometri di fondovalle lunigiano non mettere al lavoro i gregari per riportare Lloyd e Bertogliati, mica Voigt e Cancellara, a tiro? Ma altre squadre tengono in serbo il classico velocista da gruppetto, da tappe medie, perchè nemmeno loro? Così, lasciando soddisfazione agli anarchici di giornata la Liquigas fa il minimo necessario per tenere avanti i suoi prodi in vista delle insidiose discese.
Ma quando anche l'aristocratico Petacchi valica la barricata e passa nelle file dei ribelli, si comincia a meditare. Greipel e Farrar già avevano abdicato sulla Spolverina. Ma anche così nessuna fila blu-fucsia si mette a guidare il gruppo, nemmeno una maglia; anzi proprio lui, Petacchi, rompe gli indugi e in discesa va all'inseguimento, in caccia, ormai, di ombre lontane.
E allora l'impressione, più che del tatticismo esasperato, è di fatica, forse di paura mista a fatica. Lo sterrato, si sa, costringe alla corsa di testa, i buchi si fanno presto, e si prevede dunque per domani una altra giornata di battaglia per le prime posizioni, esattamente come in Olanda.
Sul traguardo compare la sagoma sottile di Matthew Lloyd, solo. Anche lui ha l'aria del cospiratore, negli occhi qualcosa, forse rabbia, poche parole e idee chiarissime. Nel finale Bertogliati si vede che soffre, stenta a vedere le traiettorie in discesa. Lui sta meglio, lo vede, lo sente, lo sa. Non lo guarda nemmeno un istante però. Non gli fa capire nulla delle sue intenzioni, Solo, ad un certo punto parte deciso in salita è per l'altro è notte. Tira dritto fino a pochi metri dal traguardo e si capisce che siamo di fronte all'antitesi del guascone. Una esultanza contenuta, interiore, sofferta. I compagni lo stringono all'arrivo, lui si commuove, come si commuove chi dentro ha la malinconia. Aveva bisogno del marmo per scolpire il suo messaggio al mondo.
