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Valverde rifà la magata - Intanto il Veneto incorona Ginanni

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Se metti Alejandro Valverde a fare il timoniere di un transatlantico probabilmente non saprà dove sbattere la testa; e se lo inviti a tenere un discorso politico c'è la possibilità che non abbia idea da dove cominciare; allo stesso modo, se lo piazzi al centro di un techno-rave sarà molto facile che si senta un tantino spaesato; però, se tu metti Alejandro Valverde ai piedi di uno strappetto che si conclude sotto lo striscione di un arrivo qualsiasi, il ragazzo saprà perfettamente cosa fare. Tanto perfettamente da dare l'impressione di poterle gestire con gli occhi volutamente chiusi, determinate situazioni. A Jaén è successo di fatto questo, nella prima tappa in linea della Vuelta: esattamente come a Plumelec nella prima tappa del Tour: il giochino evidentemente piace al ragazzo, ormai specializzatosi in magate (leggi: colpi di mirabile effetto, efficacia, astuzia e spettacolarità) di questo tipo: a quando la prossima?
Ma torniamo a Jaén. La prima parte della giornata era vissuta sul bel tentativo di Egoi Martínez di vestire la maglia oro: i soli 8" che lo dividevano stamattina da Pozzato erano facilmente colmabili a patto di andare in fuga e far man bassa di abbuoni ai due traguardi volanti in programma (al meglio, 6+6=12" guadagnati). Il punto era andarci, in fuga: ma il rappresentante della Euskaltel ha centrato in pieno l'obiettivo, muovendosi con Ignatiev, Rosendo e Lemoine. Centrato il primo traguardo-bonus, Egoi ha pensato bene a un certo punto di disfarsi della compagnia dei 3 co-fuggitivi (il solo Rosendo gli si è poi rifatto sotto), per inseguire da solo il secondo abbuono valido. E quando ai 20 km (ad appena 2 dallo sprint intermedio) Martínez ha di nuovo allungato solo, pareva fatta.
Invece il gruppo era già vicino, e la Caisse d'Epargne (con Pasamontes) ha fatto di tutto per annullare le distanze: con lo stesso Pasamontes, Flecha, Barredo e Florencio si son portati su Martínez, e da lì in poi (mancavano circa 20 km al traguardo) è stato tutto un susseguirsi di scatti e allunghi senza troppe speranze (visti all'opera Ardila con Zandio, poi Roche - bravo - con Niermann e poi con Moncoutie ed Erviti, e poi ancora col solo Moncoutie, quindi un gruppetto con De Maar, Moreno, Petrov, Nuyens e Landaluze che si è accodato ai due battistrada del momento, poi Nuyens da solo, poi ancora Jurco, Popovych e Meersman).
Dopo tanto parapiglia, al momento giusto sono tornati in scena i Caisse, e sulla salitella Joaquín Rodríguez (se c'è un lavoro sporco da fare, state certi che toccherà a lui) si è involato. Troppo presto, però, per resistere al ritorno del gruppo; ma non per lasciare il capitano Valverde tranquillo nell'istante in cui si decideva la griglia di partenza per la volata (e ad ogni buon conto Alejandro si è messo comodo alla ruota di Bennati, tanto per far capire che non voleva lasciare spazio a chicchessia).
Infatti, esauritasi la lena di JRO, alle spalle di Ricardo Serrano (che provava a chiudere) è sbucato fortissimo proprio il vincitore dell'ultima Liegi: e con una volata lunghissima (partita ai 300 metri, centimetro più, centimetro meno), ha messo addirittura 2" tra sé e tutti gli altri: e a scorrere l'ordine d'arrivo, un nazionalista italiano avrebbe di che deprimersi: Rebellin secondo (ma chi l'avrebbe mai detto!), Ballan terzo, Pozzato quinto e detronizzato, Nocentini sesto, Bettini ottavo (invece Cunego, su un traguardo che gli sarebbe dovuto piacere, non ha fatto meglio di un 51esimo posto).
Abbiamo detto detronizzato, parlando di Pozzato: e già, perché se il sogno di Martínez si era infranto 20 km prima, i 20" di abbuono conquistati da Valverde hanno permesso al murciano di riallacciare subito il filo (mai troppo saldamente annodato) con la maglia oro: Contador e Sastre (ovvero due con cui non più tardi di 20 giorni fa Alejandro festeggiava a Pechino) permettendo, il capitano della Caisse d'Epargne vorrebbe riprovarci: dài e dài, questo benedetto successo in un GT non arriverà? Lo vedremo nelle prossime tre settimane.

Oggi invece abbiamo visto che Francesco Ginanni si farà, anche se ha le spalle strette. Un tipetto che ancora un anno fa vinceva le corse tra i dilettanti, e che stasera può rimirare compìto e contento questa fantastica doppietta nelle due classiche regine dell'estate italiana: dopo il successo nella Tre Valli Varesine, il toscano mette in carniere anche il Giro del Veneto, e scusate se è poco: stiamo parlando di un neoprofessionista, lo ribadiamo per i distratti, di un non-ancora-23enne che si permette il lusso di imporre la sua autorità a gente che di chilometri ne macina sin da quando il pistoiese era un bambino con le rotelle.
Il Giro del Veneto chiude un agosto strepitoso per il ragazzo (che aveva già messo la ruota davanti a tutti a Carnago a inizio mese), che manda un messaggino a Ballerini (con tre simili vittorie "premondiali" vorremmo vedere che non lo facesse), mentre sullo sfondo Gianni Savio ci mette le emoticons, per la precisione quella coi 2 punti e la parentesi destra, nel sorriso sornione di chi ha azzeccato un altro colpo (sarà il 184esimo?) nella gloriosa carriera da team manager.
Nella corsa veneta Ginanni ha avuto l'intelligenza e la bravura di non perdere mai di vista le ruote dei migliori. E anche se in salita era un Danilo Di Luca pieno di brio a fare il diavolo a quattro (l'abruzzese è transitato in testa sul secondo e sul terzo Gpm, conquistando la relativa maglia e quella della combattività), nel momento decisivo il vincitore del Giro 2007 ha mancato il gruppetto che si è avvantaggiato per andare a giocarsi il successo: erano in 10, e c'era Ginanni, ovviamente, ma anche un paio di Masciarelli (Andrea e Francesco), e poi Bosisio, Cannone, Giordani, Bertuola, Honchar, Muto e Ratti.
I ripetuti tentativi di questi ultimi due (Ratti in particolare ci ha provato ai 5 km con Muto, e poi da solo ai 2 e ancora all'ultimo chilometro) non hanno impedito l'epilogo con sprint di gruppetto: e lì non c'è stata storia, e Ginanni ha mazzolato Honchar e Andrea Masciarelli.
Il calendario italiano ha ancora in serbo un bel po' di classiche prestigiose, e se il pistoiese di Savio ha fatto bene i conti con la condizione, potremmo tornare a parlare di lui qui molto presto: l'in bocca al lupo è d'obbligo. (con la collaborazione di Laura Grazioli)

E quindi il Giro di Germania. Il problema di porre la tappa più importante in avvio di corsa è che poi tutto - al confronto - pare meno rilevante (oddio, più che pare, è). E però in tal modo anche una bella azione come quella che ha regalato oggi a David De La Fuente la vittoria sulla rampa di Hesselberg, rischia di passare in secondo piano. Annullata ai 5 km una fuga a 4 (Irizar, Le Boulanger, Klostergaard e Kohl - quest'ultimo con una bella coda di paglia in dotazione, dopo il suo sbraco di ieri a Hochfügen) che non aveva di fatto avuto mai chissà quanto spazio, era chiaro che con lo strappo del traguardo in programma, tutto fosse rinviato proprio alla salitella in questione, lunga due chilometri e mezzo e gustosa al punto da invitare Van Summeren alla sortita.
Il belga non ha però avuto che 400 metri di gloria (dai 1600 ai 1200), dopodiché ha dovuto vedersi sfilare dal contropiede di Le Mevel e Uran, con Navarro affannato in un inseguimento che non avrebbe visto sbocchi; alle spalle di quest'ultimo, però, è stato De La Fuente ad affondare un primo colpo ai 500 metri, col risultato di selezionare il gruppetto dei migliori (Caucchioli, Lövkvist, Brajkovic, Gerdemann e Mollema, in quest'ordine poi al traguardo) e di riportarsi su Navarro e Le Mevel: Uran nel frattempo era rimasto solo in testa, ma sempre più sfiatato, sicché alla seconda rasoiata di De La Fuente, ai 200 metri, il colombiano è stato risucchiato.
Il corridore della Scott (ex Saunier) ha dato un po' di metri a tutti e ha così potuto esultare a braccia alzate, con gli inseguitori piazzatisi come ricordato sopra, e con la classifica che non conosce scossoni: sempre tre italiani nella top ten (Caucchioli quarto, Capecchi ottavo e Noè nono), e con la beata gioventù di Gerdemann, Lövkvist, Brajkovic e Mollema a spartirsi 4 dei primi 5 posti nella generale. Domani una salitella posta nel finale non dovrebbe produrre soverchi danni, quindi aspettiamoci un possibile primo successo per gli sprinter.

Marco Grassi

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