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Meritatissimo Mancebo - Paco sui Pirenei, Menchov tiene

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La prima tappa pirenaica della Vuelta 2005 lascia le cose più o meno come le aveva trovate.
Mancebo ha vinto, e di questo siamo abbastanza contenti, ma in classifica, a parte la posizione guadagnata dallo stesso Paco, cambia poco, se non vogliamo pensare (e non lo pensiamo) che i 21" lasciati per strada da Sastre saranno troppo determinanti nell'economia della corsa. Ovviamente ci riferiamo alle prime quattro posizioni, occupate da quelli che - già alla vigilia della settimana montana iniziata oggi - erano in predicato di giocarsi il successo finale, essendo tutti gli altri già piuttosto lontanucci.
All'infuori di questi quattro protagonisti sì, qualcosa è cambiato in maniera sostanziosa, abbiamo un Carlos García Quesada che ha saputo risalire la corrente fino alla quinta posizione, avendo chiuso oggi coi migliori (lui come pure Mercado, anch'egli in crescita) e avendo scavalcato Danielson (che ha in qualche modo tenuto, pur non avendo impressionato) e l'altro Comunidad Valenciana Blanco, che invece accusa un passaggio a vuoto e scende dalla sesta alla tredicesima posizione.
Più corposo il passo avanti di Mercado, che risale dalla 13 alla 9, giusto davanti all'ammirevole Scarponi di cui parleremo oltre.
Notevole la tenuta di Rubén Plaza, che dimostra di non aver esaurito nella crono tutte le sue possibilità e ora è settimo, presumibile alla vigilia la crescita di Beltrán, uomo di fondo e di regolarità (quando non deve spolparsi per Armstrong), defaillance di Santos González (ma da lui non ci si aspettava che facesse corsa di vertice), incoraggiante, in prospettiva, il ritorno di Sevilla a livelli decenti.
Ma i primi quattro sono i belli di cui sarà il caso di approfondire lo status. Heras ci si aspettava che attaccasse e ha attaccato. Le pendenze erano più dolci di Valdelinares, e allora l'ex maglia oro ha pensato di anticipare il suo affondo, giovedì scorso ai 3 km, oggi ai 7. Sul primo scatto Menchov è stato il più sveglio, e non si è scomposto. Rientrati gli altri big dopo pochi giri di ruote, Heras ha rinviato il redde rationem ai 5 km. Scarponi, già in fuga da molti chilometri, gli ha tirato una volata in salita, dopodiché Roberto da Bejar è partito.
Anche stavolta, Menchov non ha fatto una piega ed è rimasto lì a ruota. Ma gli altri hanno accusato il colpo: Sastre, che pure a inizio salita aveva fatto lavorare i suoi in vista di un suo possibile attacco (che non c'è stato, se vogliamo trascurare una sua trenata a 8 km dalla vetta), si è staccato definitivamente, e con lui Beltrán e Plaza. Buon per loro che l'addolcirsi delle pendenze non abbia permesso a quelli davanti di scavare solchi profondi.
Mancebo invece, dopo aver perso terreno, non si è preoccupato, ha continuato a salire regolare, cosciente che sarebbe rientrato di lì a poco, se Heras e Menchov non avessero tenuto andature da fantascienza. Intanto, giusto per la cronaca, va detto che davanti c'erano ancora Carlos García Quesada e Mercado. La coppia di testa era però in calo di energie, e così i due inseguitori sono potuti rientrare, non prima che su di loro tornasse, come anticipato, Mancebo.
Un bel quintetto si è così involato verso lo sprint ristretto che avrebbe assegnato la gloria effimera di una tappa (senza nemmeno più gli abbuoni a dare contentini in classifica); Menchov il più sorprendente, in un certo qual modo: il russo ha difeso la maglia oro senza patemi e senza neanche la squadra, che si era squagliata sulla penultima salita. Con freddezza e fiducia nei propri mezzi, Menchov ha superato brillantemente la prima delle (almeno) 4 dure prove che dovrà affrontare nel migliore dei modi se vorrà effettivamente mettere le mani sulla Vuelta.
Non la più dura, per dirla tutta, ma comunque difficile; e se le pendenze non terribili, e il fatto che non fosse la prima vera scalata (e quindi i motori fossero già rodati per la montagna) sono fattori che hanno giocato a favore del russo, è anche vero che di testa Menchov non ha accusato il minimo imbarazzo, e non era scontato che avvenisse, qui sul terreno propizio al rivale Heras, che peraltro gioca in casa (non dimentichiamolo).
Heras, ripetiamo, il suo l'ha fatto. Con meno efficacia rispetto a giovedì scorso? Lasciamo che sia l'arrivo di domani (con strappi più insidiosi) a darci una risposta; per oggi, la gara (non solo nel senso del risultato, ma anche in quello dello svolgimento) va archiviata con un no contest.
Sastre ha perso un po' di terreno e una posizione in classifica. Ora è a 1'57" da Menchov, e a 1'10" da Heras (può darsi che Carlos badi più a questo distacco, visto che l'ipotesi che il russo salti va sempre tenuta presente, vista la sua mancanza di abitudine a correre i grandi giri ad alto livello dall'inizio alla fine, fattore assente negli altri, più esperti). La Vuelta di Sastre non cambia di molto, per il momento: in ogni caso deve rincorrere, ma se non ha nelle gambe la forza per fare la differenza, come è parso oggi, sarà una dura rincorsa.
E poi, finalmente, possiamo parlare di Mancebo. Un signor corridore, che quest'anno ha chiuso il Tour de France al quarto posto, e che con la vittoria di oggi (una delle pochissime della sua carriera, e senz'altro la più importante, insieme al titolo nazionale conquistato l'anno scorso) si rilancia come terzo incomodo nella lotta che finora coinvolge Menchov ed Heras.
Mancebo fa parte di quella nouvelle vague del ciclismo che smentisce le ipotesi che parlano di impossibilità di correre due grandi giri ad alto livello nella stessa stagione; per intenderci, lo spagnolo sta facendo quello che lo stesso Ivan Basso ha provato a realizzare, doppiando Giro e Tour. Ma se il varesino, per problemi fisici, non ha fatto una corsa rosa al livello della successiva Boucle (chiusa al secondo posto), all'iberico il colpo del doppio piazzamento eccellente potrebbe (DOVREBBE, per il bene del ciclismo) riuscire.
Si può asserire senza tema di smentita che Mancebo non ha la sparata entusiasmante in salita, e che non scalda i cuori come altri corridori più arrembanti. Ma lui c'è sempre, difficilmente tradisce, è continuo negli anni (il che non è una garanzia di pulizia - visto che non si può giurare su nessuno - ma siamo pur sempre da quelle parti), ed ora ha l'età giusta (29 anni) per fare l'impresa della vita. Anche lui, come Sastre, non è proprio vicino ai primi due. Paga 1'53" a Menchov, 1'06" a Heras. Dovrebbe sperare in un doppio passaggio a vuoto dei due che lo precedono, o saprà trovare la forza di attaccare? Lo vedremo nei prossimi giorni.
È pur vero che i percorsi, con arrivi in quota difficili preceduti da serie di salite non certo tremende, sfavoriscono eventuali tattiche di squadra: oggi, ad esempio, la Comunidad Valenciana (brava, intendiamoci) si è mossa dalla prima salita, con Bernabeu, Adolfo García Quesada ed Eladio Jiménez, a 200 km dalla fine; eppure, anche se la Rabobank è affondata, l'epilogo ha visto ugualmente i big della classifica nemmeno scalfiti dal gran lavoro degli uomini di Belda (non crediamo che l'obiettivo fosse scavalcare Danielson).
Resta da dire degli italiani. Scarponi è andato all'attacco a oltre 140 chilometri dalla fine. Poi, con lui e Vicioso allo scoperto, la Liberty Seguros inseguiva lo stesso i fuggitivi (questa ce la spiegheranno). Poco male, sull'ultima salita il marchigiano è stato ripreso da Heras, e gli ha dato una grossa mano, tirando e tenendo un ritmo alto che ha permesso al suo capitano di attuare l'attacco più deciso della giornata. Dopodiché, Scarponi si è sfilato e ha chiuso la frazione in maniera onorevole, restando nella top-10 in classifica e confermandosi in un ottimo momento. Anche lui, come Cunego, ha avuto la stagione rovinata dalla mononucleosi: ora sappiamo che al Giro avrebbe potuto far corsa di ben altra caratura rispetto a quanto abbiamo visto. Teniamolo d'occhio fino alla fine della Vuelta, per provare a intuire cosa potrà fare alla prossima corsa rosa.
Simoni ha invece deluso. A posteriori, possiamo affermare che nella crono non si è risparmiato (per far bene magari oggi), ma è proprio andato piano. Nella tappa odierna il trentino ha perso 20'05" dai primi, e 89 uomini gli sono arrivati davanti, anche gente che in teoria dovrebbe vedergli sempre e solo le terga, in questo tipo di frazioni. Speriamo che Gibo si riprenda e che possa dimostrarsi all'altezza su uno dei prossimi arrivi in salita.
Un po' meglio Bertagnolli, che ha pur sempre pagato 12'22" (in classifica è 34esimo a 20'51", ma chi ci bada più), mentre il secondo miglior italiano di giornata risulta Piepoli, che però non è andato oltre la 34esima piazza, a 5'53" da Mancebo. Il pugliese usa staccarsi volontariamente per uscire dalla classifica e poi godere di libertà per entrare nelle fughe. O meglio, questo lo faceva un tempo: ora si limita alla prima parte del piano, che gli riesce particolarmente bene, ma deve aver dimenticato la seconda fase, che è più importante e più divertente. Anche per lui solo speranze: che ritrovi il foglietto su cui si è appuntato le cose da fare.

Marco Grassi    

 

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