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Menchov, chi lo smuove? - Denis ancora oro, tappa a Jiménez | Cicloweb

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Menchov, chi lo smuove? - Denis ancora oro, tappa a Jiménez

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Menchov, un cagnaccio. Il russo in maglia oro non cede un metro a Roberto Heras e difende in maniera anche elegante il suo primato in classifica.
L'arrivo dei Lagos di Covadonga non era, sulla carta, il più adatto a Denis. Decliniamo poi verso la fine della seconda settimana di Vuelta, e quindi l'autonomia da grande giro del russo dovrebbe essere, stando a quanto ci dice l'esperienza delle passate edizioni, al limite. E invece Menchov, malgrado le sibille gli siano contrarie, continua a non perdere colpi, a rispondere con la massima tranquillità ed efficacia alle sferzate del campione uscente.
Heras, il dubbio resterà purtroppo, forse non era al meglio di sé. Non abbiamo la controprova di come sarebbero andate le cose senza i 15 punti di sutura sul ginocchio sinistro dello spagnolo; ma se dobbiamo dar retta alle sensazioni, non ci sembra di avere di fronte il miglior Roberto. I suoi attacchi, già prima dell'incidente, non avevano l'efficacia dei tempi belli. A parte gli ultimi due chilometri del primo arrivo in salita (ma ripetiamo: il primo arrivo in salita di un grande giro amplifica le cose), Menchov, non essendo uno scalatore, non ha fatto una piega di fronte all'affannarsi di Heras.
E a parte quella prima volta, il corridore di Bejar non ha fatto il vuoto nemmeno nei confronti degli altri colleghi.
Domani ci sarà la penultima chance per il capitano della Liberty Seguros: l'arrivo in quota di Pajares è l'ultimo a sua disposizione per far davvero male al rivale. Poi non resterà che la tappa di La Granja de San Ildefonso, col Puerto de Navacerrada nel finale, mercoledì, ma lì ci sarà spazio - eventualmente - perché Menchov recuperi, qualora si staccasse; domani invece no, e allora, considerando anche che a Heras non basta superare il primo in classifica, ma dovrà anche mettere di mezzo un po' di secondi (il russo avrà dalla sua l'ultima cronometro), dalla salita di Pajares passeranno effettivamente gran parte delle possibilità che Roberto vinca la sua quarta Vuelta.
Al momento la bilancia pende dalla parte del russo: se non ci sarà una crisi a spazzarlo via, il Menchov visto in questi giorni ha tutto per - se non rintuzzare al 100% tutti i colpi - almeno limitare i danni e restare agganciato alla già citata crono di Alcalá de Henares di sabato prossimo.
Alle spalle del duo di testa, Sastre ha provato oggi a rientrare in gioco, attaccando a 10 e passa chilometri dalla vetta di Covadonga. La sparata non è stata di quelle clamorose, anche se l'uomo Csc è riuscito ad avvantaggiarsi. Quando dietro c'era Heras in testa a tirare il collo al gruppo, il margine tra questo e l'attaccante restava basso. Quando passava davanti Menchov, il ritmo calava e Sastre allungava. Il tira e molla non è comunque stato favorevole al fuggitivo, visto che alla fine ha sommato al traguardo la miseria di 7" sui primi due della classifica.
Certo che se il suo obiettivo era meno ambizioso, e lui mirava a staccare almeno Mancebo terzo in classifica, ci è riuscito in pieno: Paco ha accusato da subito una leggera crisi, e si è staccato quando erano ancora i Liberty a fare l'andatura, a inizio salita. Poi, con la sua consueta sapienza di sé, ha saputo amministrarsi anche nella difficoltà, e alla fine conta un debito di 59" da Sastre e 52" da Menchov ed Heras. Non sono cifre spaventose, ma è quanto basta a respingere lontano il capitano della Illes Balears, che ora, a meno di poco pensabili imprese in quest'ultima settimana, potrà ambire al massimo a un posto sul podio.
Va anche detto che se pure si limitasse a difendere il quarto posto, farebbe il paio con quello conquistato al Tour, e sarebbe lo stesso un risultato rilevante. Ma sarebbe un rilievo venato di delusione, viste le attese che Mancebo aveva suscitato alla vigilia della Vuelta, e viste pure le conferme che fin qui aveva pur dato.
Il discorso classifica può archiviarsi qui (García Quesada resta il quinto uomo ma si allontana sensibilmente. E in zona resta Sevilla, un bel ritorno a livelli più consoni ai suoi risultati giovanili); e possiamo passare a parlare degli altri. Il primo della lista (ci perdonerà il vincitore di giornata) è Gilberto Simoni. Il trentino, come da minimi segnali lanciati ieri, oggi è stato finalmente all'altezza. Era ora. Faceva veramente tristezza vedere uno del suo calibro sballottolato a decine e decine di minuti di ritardo sulle salite, cioè laddove solitamente è abituato (al Giro) a fare la differenza.
Alla Vuelta Gibo non ha una pessima tradizione, visto che negli anni scorsi un paio di successi di tappa in Spagna li ha conquistati. Il problema è che ci arriva però sempre abbastanza scarico (rispetto a quello che ci fa vedere al Giro), e le pur preziose vittorie parziali non nascondono la verità: uno come lui avrebbe avuto tutto per ben figurare anche in classifica, e ben oltre il decimo posto portato a casa nel 2002. Pazienza, accontentiamoci di quel che passa il convento. Che oggi si commisura in una tappa condotta al fianco dei migliori nei momenti decisivi.
Diversamente dai giorni precedenti, oggi Simoni non ha patito il forcing della Liberty Seguros, ed è stato anche l'unico, con Menchov, a resistere agli attacchi (non trascendentali, ma pur sempre attacchi) di Heras man mano che si saliva. Non solo: il trentino ha anche avuto la forza, dopo aver sofferto parecchio (o perlomeno averne dato l'impressione), di scattare lui in prima persona, andando a prendere Sastre e poi staccandolo nel finale, per completare una rincorsa al terzo posto di giornata che può esaurirsi nel risultato in sé, oppure può dare fiducia a Gibo in vista dell'arrivo in quota di domani. Tutto si può dire di Simoni, meno che non abbia carattere. E se quel carattere viene fuori come speriamo, la sua Vuelta non è finita col piazzamento odierno.
Dopodiché, passiamo a dare il giusto e meritato spazio a Eladio Jiménez, gran vincitore di giornata e autore di un'impresa non banale. Partito in fuga al mattino con una marea di altri corridori, tutto lasciava presupporre che il motore degli eventi, nel suo caso, fosse la lotta mai sopita con Joaquín Rodríguez per la supremazia nella classifica del Gpm. E infatti, invariabilmente all'attacco, nella suddetta marea, c'era pure Joaquín, depositario al momento della maglia rossa a pois neri che indica tale primato.
Sconfortante giornata, sarebbe stata, se l'obiettivo di Eladio fosse stato effettivamente quello: e sì, perché sui quattro Gpm secondari Jiménez si è sempre dovuto arrendere a Rodríguez, e ai piedi dei Lagos il computo era di 36 punti a 25 in favore dell'altro (che nella generale allungava fino a 132-79). Ma siamo più che certi che Joaquín avrebbe barattato la messe di punti Gpm con la vittoria conquistata da Eladio (che tra l'altro coi 30 punti di Covadonga si porta a 109 e rientra pure in gara per la speciale classifica. Ma qualcosa ci dice che ora sarà meno determinato in questo senso).
In effetti tra i fuggitivi c'erano uomini non proprio scarsi, essendo alcuni in grado di tenere su una salita come quella dell'arrivo. Unai Osa, per dire, ha all'attivo un podio al Giro d'Italia. Però, come sempre succede, sull'ascesa conclusiva abbiamo assistito alla scena dell'uomo di classifica che esce forte dal gruppo e riprende (e supera), uno dopo l'altro, tutto il rosario degli attaccanti sfiatati da una giornata vissuta in avanscoperta.
L'uomo in questione è stato Sastre, ma la sua rimonta è risultata incompleta. Infatti davanti a lui sono riusciti a rimanere Cuesta (che pure ha dovuto dare l'anima per resistere) e Jiménez, che invece ha retto assai bene, senza mai dare l'impressione, da metà salita in poi (quando dietro sono iniziati realmente i fuochi d'artificio), di poter essere ripreso. Anzi, in alcuni tratti Eladio aveva addirittura la lucidità di allungare, di dilatare il margine su Sastre. Per lui è la terza vittoria di tappa alla Vuelta, nell'ambito di una carriera più che dignitosa (quest'anno ha vinto la Bicicletta Basca, per esempio) che, visti anche i 29 anni compiuti quest'anno da Jiménez, non si conclude certo con la bella affermazione dei Lagos de Covadonga.
Una postilla, infine, la dedichiamo a Tom Boonen, che stamattina non è partito, preferendo ritirarsi (come ampiamente previsto). Il Boonen visto alla Vuelta non è che lontano parente di quello ammirato ad aprile o ancora a luglio al Tour; ora lascia la corsa, e quindi ci resterà di lui l'immagine di mistero che si è perpetuata in questi giorni. Non avremo altre occasioni per capire se Tom si nascondesse, fingesse una forma non eccelsa, o se effettivamente non fosse al top (cosa peraltro comprensibile in un 24enne che dall'inizio dell'anno macina chilometri e risultati prestigiosi).
Il dubbio è rilevante, visto che stiamo parlando di uno dei protagonisti annunciati del Mondiale di Madrid del 25: e per quanto stridente possa essere il raffronto tra lui e lo scintillante Petacchi di questi giorni (per non parlare di McEwen, che proprio oggi ha vinto la Parigi-Bruxelles), Boonen resta sempre uno degli uomini più pericolosi per la nostra nazionale, e ci sarebbe piaciuto studiarlo un altro po'.

Marco Grassi    

 

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