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Che ridere, Samuel - Sánchez beffa un distratto Ardila

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Ma povero ragazzo, Ardila. La beffa che ha subìto oggi gli brucerà a lungo sulla pelle.
Non potrebbe essere altrimenti, visto quello che ha combinato al Santuario de la Bien Aparecida (alla quale magari avrà rivolto qualche preghiera, mentre preparava la volata). Non è nemmeno uno che non vince mai, non si può quindi accusare un'eventuale scarsa frequentazione con certe situazioni di gara, e allora che cos'è stato a giocare al colombiano questo brutto tiro?
Spieghiamo almeno quel che è successo: è successo che a 100 metri dal traguardo ci fosse lo striscione del Gpm, un banalissimo terza categoria che non avrebbe fatto venire l'acquolina in bocca nemmeno ai forzati dei punti della speciale classifica (attualmente è Joaquín Rodríguez quello che più si spende su questi traguardi).
Ma era lì, quel dannato striscione, messo a bella posta per ingannare gli ingenui. Ardila l'ha visto da lontano, si è guardato nell'anima, ha fatto i conti con quanto gli era rimasto nelle gambe dopo 148 chilometri di fuga, poi ha abbassato lo sguardo, l'ha riallungato un attimo sulla strada, "ecco, è lì che partirò", ha fatto la preghierina di cui sopra, "pensa a casa quanto sarebbero contenti di una vittoria al Santuario", e sul punto testè prestabilito è scattato.
Forte, fortissimo, forse ha anche chiuso gli occhi per lo sforzo, ma diamine, ne è valsa la pena, perché quella volata lo stava vedendo vincitore. Gli altri: Pereiro, al cospetto di tanta foga, è stato preso in contropiede. "Ma dove va 'sto fesso, ma mica sarà partito tanto lungo? No, guarda, sta pure esultando!", sapeva, il plurifuggitivo dell'ultimo Tour, che quello era lo striscione sbagliato, ma per quell'irrefrenabile moto di perplessità che pervade l'uomo nei momenti di non totale certezza delle proprie idee quando si vede che qualcuno le sta confutando con forza e convinzione (e mettiamoci anche il calo di lucidità che può verificarsi al termine di una gara ciclistica), per quel moto insomma, anche Pereiro si è uniformato alla realtà virtuale tinteggiata magnificamente da Ardila. E anche lui, sventurato, ha smesso di pedalare, mentre il colombiano, felice, lanciava le sue braccia al cielo sotto lo striscione sbagliato, quando ancora mancavano 100 metri alla fine della giornata lavorativa.
Alle loro spalle, sornione, l'unico che aveva già capito tutto. Samuel Sánchez solo poco prima era rientrato sui due, che l'avevano piantato in asso all'inizio della salita, ma che se l'erano visto ripiombare addosso a 500 metri dalla conclusione; e quando ha visto Ardila partire tanto deciso, e Pereiro lasciarsi coinvolgere in quell'errore, ha iniziato a ridere dentro di sé, pensando che oggi avrebbe fatto il colpo grosso.
E mentre i due colleghi si chiedevano perché mai avessero fatto una stupidata tanto grossa, Sánchez è scattato a sua volta, andandosene via. Ardila la volata l'aveva già fatta, a chi poteva mai fare paura, ormai? E Pereiro, pure lui aveva perso il ritmo. A Sánchez non restava che completare quelle poche pedalate che lo separavano dal suo primo successo da professionista (se escludiamo la Scalata al Montjuich dell'anno scorso, gara non ufficiale per l'Uci).
Nel fare ciò, la risata che aveva nel cuore non ha potuto non erompere, sonora, gioiosa, divertita, e chi mai glielo avrebbe detto che la sua prima vittoria se la sarebbero ricordata tutti, per quel bislacco concatenarsi di eventi...
Sánchez González (questo il cognome completo) è un corridore bravino, ma ancora tutto da costruire. Ha 27 anni, un'età in cui non si può più essere una promessa, ma in cui ancora i propri limiti non sono assodati. Nei grandi giri finora ha mostrato di poter stare nelle posizioni di rincalzo, in classifica; ma forse è troppo pensare che possa lottare per vincerli. Potrebbe reinventarsi corridore da Ardenne, visti anche i buoni risultati che ottiene al Giro dei Paesi Baschi, che offre terreni simili a Liegi, Amstel e Freccia. Per ora, alla sua annata ha dato un senso, e questo va già bene.
Chi dovrà darlo domani, un senso alla sua Vuelta, sono quei 5 uomini di classifica che, dietro ai vari fuggitivi, sono arrivati insieme, senza guadagnare un metro l'un l'altro. Menchov, Heras, Mancebo, Sastre e (più staccato) Carlos García Quesada dovranno mostrare domani di che pasta sono fatti. L'arrivo dei Lagos de Covadonga dovrebbe escludere un'ennesima conclusione di gruppetto, tra loro.
Heras ha 15 punti di sutura sul ginocchio sinistro, che non sono un buon viatico per uno che dovrebbe attaccare; ma ha dimostrato di aver reagito bene all'incidente di ieri, e un'iniezione di fiducia, di questi tempi, vale oro. Menchov è più rilassato, a prima vista, ma sa che l'esame dei Laghi sarà durissimo per lui, e sa anche (forse) che l'ansia tipica dell'avvicinarsi di un traguardo sognato (quello della vittoria finale) rende più accidentato il cammino che resta. Più quel traguardo si avvicina, più il respiro si fa corto.
Mancebo e Sastre, praticamente appaiati in classifica, potrebbero pensare di far corsa parallela, attaccando in coppia allo scopo di rientrare pesantemente in gioco; tutto può succedere, ma sapranno realmente allearsi i due? E García Quesada si limiterà a stare alla finestra per raccogliere le briciole, o proverà, con l'aiuto della sua pimpante squadra, a inventare qualcosa di fantasioso?
Tutto può succedere, ripetiamo; anche di rivedere un Petacchi in fuga. L'evento si è verificato oggi: dopo 4 successi di tappa, lo spezzino ha capito che non bastava, ed è andato a battere strade alternative; quelle strade che prima della sua esplosione come velocista gli erano piuttosto familiari, visto che si vedeva (e si comportava) come un uomo da fuga, però un po' sfigato dato che non vinceva mai. AleJet si è infilato prima in un gruppo nutrito (con anche Bettini, Bernucci, Peron) che non ha avuto troppo spazio, poi, nel finale, lo abbiamo rivisto brevemente, stavolta da solo, e faceva un certo effetto il principe dei velocisti che pedalava in solitaria. Magari sta architettando qualche alternativa per il Mondiale, o vuole solo confondere le acque e gli avversari. Qualsiasi cosa lo spinga, ben fatto.
Anche Bettini (a più riprese) ha provato la fuga: il Grillo sta ritrovando continuità, certo che se uscisse dalla Vuelta con la gamba che ha di solito quando esce dal Tour, potrebbe anche far saltare il banco iridato. E per un attimo si è visto davanti pure Gibo Simoni: facciamo finta di niente o riaccendiamo una fiammella per i Lagos di domani?

Marco Grassi    



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