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Heras, ça va sans dire... - Roberto spietato, Menchov regge

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Chissà perché, ma l'uccellino ce lo aveva detto che finiva così: con Roberto Heras primo ad Aramón Valdelinares e in maglia oro, per di più.
Lo scalatore spagnolo deve aver trovato il segreto originale della corsa di casa, se da un quinquennio almeno si picca di dominarne la scena, avendo vinto tre Vuelte ed essendosi comunque piazzato nelle annate meno gloriose. Alla prima occasione buona, un arrivo in salita che come tutti i primi arrivi in salita dei grandi giri ha fatto più sfracelli di quanto non fosse presumibile guardando le altimetrie, Heras ha imposto la sua legge, senza lasciare (apparentemente) margine di discussione su chi sarà il trionfatore di questa 60esima edizione della corsa spagnola.
Heras ha imparato l'arte alla corte di Lance Armstrong, e in effetti se si prendono due tappe simili, una del Tour e una della Vuelta, e si sovrappongono le immagini, non si noteranno grosse differenze, a parte i nomi dei protagonisti e i loro colori delle maglie. Quel che per anni hanno fatto in Francia i Postini/Esploratori, fanno in Spagna gli Assicuratori di Manolo Saiz: squadra a tirare il collo al gruppo sulla salita decisiva, e quando il grosso del lavoro l'hanno già svolto i gregari (e che gregari: oggi si sono spesi per il capitano uomini come Beloki, Baranowski, Serrano Rodríguez e un piacevolmente ritrovato Michele Scarponi), con i rivali a boccheggiare per il ritmo forsennato tenuto dalla squadra guida, ecco che Roberto, come Lance sull'altro palcoscenico, parte a tutta.
Invariabilmente, l'attacco decisivo va in scena tra i 3 e i 4 chilometri all'arrivo: oggi lo scalatore di Bejar è partito ai 3000 metri, in effetti. Il risultato è garantito. Dei cinque uomini rimasti attaccati a Heras quando Scarponi ha finito di martellare, Sastre, Mancebo (non il miglior Paco) e Blanco si sono subito seduti rassegnati, lasciando andare il treno buono; e invece Menchov e, vieppiù affannandosi, Carlos García Quesada, hanno tenuto le ruote del campione uscente.
Ma Heras, che in volata non è un fulmine, ci teneva troppo a occupare l'intero proscenio. E allora ha proseguito con le sue rasoiate, finché prima García, e poi anche Menchov non si sono arresi e staccati. Il capitano della Liberty Seguros se n'è andato così da solo verso la vittoria, che sommata all'abbuono di 20" (8" di vantaggio su Menchov, che in quanto secondo ne ha presi 12"), gli ha anche consegnato la maglia oro.
Roberto potrebbe anche perderla, prossimamente, la casacca del primato: dopo un paio di tappe per sprinter, domenica a Lloret de Mar ci sarà una crono che dovrebbe rappresentare una carta a favore di Menchov (che comunque è vicinissimo, ad appena 6" dal capoclassifica). Poco male per lo spagnolo, che poi avrà un'intera settimana per assestare fendenti in montagna e mettere in cassaforte la sua quarta Vuelta (il che rappresenterebbe un record assoluto nell'albo d'oro della corsa).
Ma sarà così scontato il percorso che porterà il gruppo fino a Madrid? Non è certo, ovviamente, ma faremmo bene a farci la bocca. Menchov è un'incognita sulle tre settimane; il che non significa che, visto che in pratica la Vuelta 2005 si chiuderà virtualmente alla seconda domenica (quel che c'è dopo è secondario), il russo rientri totalmente in gioco: anche due settimane sono tante, specie se riservano tante salite, come accade alla corsa spagnola. Ciò non vuol dire che Menchov andrà a picco, ma onestamente saremmo sorpresi di vederlo nei prossimi tapponi meglio (e sempre, non una tantum) di come lo abbiamo visto oggi.
Gli altri: Mancebo e Sastre sono i più accreditati, senza dubbio; eppure il primo sembra un po' in calo rispetto al Tour, dove fece veramente bene; e il secondo non ha mai dimostrato di poter essere realmente un vincente nelle grandi corse a tappe, anche se un piazzamento, sulla carta, non glielo nega nessuno.
Interessante semmai sarà il gioco che potranno orchestrare quelli della Comunidad Valenciana: con due uomini piazzatissimi nelle zone alte della classifica (Carlos García Quesada e David Blanco), e un altro terzetto di buoni luogotenenti (Adolfo García Quesada, Bernabeu e Plaza), potrebbe mettere in atto qualche gioco di squadra che potrebbe dare qualche grattacapo ai Liberty Seguros; a patto, però, che gli uomini di Belda abbiano la giusta fantasia e un bel po' di coraggio. Anche perché, se non ci provano loro, chi sennò? Gli altri ballano tutti da soli o quasi.
Ricordata la debacle di un Aitor González (ha chiuso a oltre 4' da Heras) che ha deluso i tanti che lo aspettavano ancora vincente, ricordato il ritiro di Landis, resta da dire dei nostri. Di Scarponi abbiamo già accennato: purtroppo non avremo modo di vedere il marchigiano all'opera come capitano, visto che il suo ruolo è ormai inchiodato (almeno per questa Vuelta) a quello del gregario; ma pur essendo questa la realtà, ci fa sempre piacere ritrovarlo lì davanti, anche perché mal che vada sta accumulando una buona esperienza.
Bertagnolli, contravvenendo a quanto lasciato sperare nei giorni scorsi, non ha risposto bene al primo arrivo in salita, e si ritrova già parecchio staccato. Poteva essere la sua occasione di vestirsi da leader di una grande corsa, purtroppo gli è sfuggita. Ma la sua Vuelta, se anche dovesse concludersi in questo momento, sarebbe già ampiamente in attivo.
Simoni non è stato un drago, ma neanche si può dire che abbia sbracato. Ha perso 1'40" da Heras (2' netti, se ci mettiamo l'abbuono), ma in classifica non è lontanissimo (2'05" dal primo), e se riuscisse a trovare una condizione un tantino migliore, potrebbe essere tra i protagonisti delle montagne. Non al punto da lottare per vincere o per salire sul podio (restiamo ancorati al suolo, conviene), ma per mettere il suo nome in alto negli ordini d'arrivo che contano, e magari per togliersi la soddisfazione di un successo di tappa. Un'affermazione parziale e una Vuelta da chiudere nei primi 10 sarebbero un doppio obiettivo raggiungibile e degnissimo per questa partecipazione del trentino.

Marco Grassi



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