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Valverde crolla, Heras vacilla - Impresa di Cárdenas, ottimo Santi Pérez

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Partiamo dal dolce, ovvero dalla grande impresa di Felix Cardenas, colombiano d'assalto che ha dimostrato di non essere fatto solo per inseguire i punti dei Gpm sulle salite meno importanti. Sì, anche stavolta è in realtà partito per non arrivare, ma strada facendo ha trovato una gamba eccellente che gli ha permesso di resistere al veemente ritorno del gruppo guidato dalla solita Liberty Seguros.
A tal proposito, inizia a sorgere qualche dubbio sull'effettiva validità della tattica dei blu di Saiz: considerando che ci sono ancora tre tappe di montagna da affrontare, forse i compagni della maglia oro Heras sono stati spremuti un po' troppo. Anche oggi hanno tirato per decine di chilometri, sempre al vento, su strade difficili (per la pendenza). Fatto sta che alla fine anche un Nozal, brillante nei primi 10 giorni di Vuelta, si è malinconicamente fatto da parte, non riuscendo a tenere il passo dei suoi stessi compagni (Baranowski in testa).
Quanto a Heras, ha fatto un bell'attacco, ma non è riuscito a scrollarsi di dosso Perez Fernandez, autentica rivelazione della corsa spagnola. Non solo il corridore della Phonak ha resistito per tutta la salita, unico, a ruota di Heras; ma l'ha anche staccato a due chilometri dalla vetta, guadagnando oltre mezzo minuto e andando vicino alla sua terza vittoria di tappa, sfuggitagli soltanto per la grande prestazione di Cardenas.
In classifica Perez Fernandez si è portato a 1'13" da Heras, e la maglia oro starà tremando, pensando alla conclusione di Madrid, una crono in cui il suo rivale è favorito: o lo stacca per benino da qui a domenica, o saranno dolori. E a Béjar (tra l'altro la sua città: ulteriore affronto subìto) il capitano della Liberty Seguros ha dimostrato di non averne tanto di più di Santiago.
Se dovessimo mettere su due piatti della bilancia i fattori che decideranno questa Vuelta, dalla parte di Heras porremmo una maggiore esperienza e abitudine alla vittoria; ma basterà questo al confronto della tumultuosa crescita di Perez? Andrà in crisi, quest'ultimo, su qualche salita, oppure terrà fino alla fine? Al momento sembra prevalere la seconda ipotesi.
Gli altri non volano. Valverde ha conosciuto la sua giornata peggiore, è andato nel pallone e a tratti non riusciva neanche a tenere l'andatura del suo compagno Garcia Quesada. Malgrado ciò ha limitato i danni, ma 2'15" in classifica da Heras iniziano a non essere così pochi: se il murciano si difende soltanto, in salita, come potrà recuperare? Mancebo, invece, si mantiene coerente con l'andamento del resto della sua Vuelta: non attacca, ma neanche si stacca troppo, e in genere nel finale recupera. Un film già visto, ma anche un modo di correre che, se forse potrà valergli un posto sul podio, lo tiene comunque lontano dalla vittoria.
Però Mancebo ha di buono la regolarità evidenziata negli anni: è ancora relativamente giovane, e finora ha avuto miglioramenti non trascendentali ma costanti. Non è, per intenderci, un uomo che abbia riservato picchi enormi di prestazioni, ovvero quelli che poi rischiano di puzzare un po'. Sì, stiamo alludendo proprio a Perez Fernandez (o al Nozal dell'anno scorso, o ad altri mille casi di corridori campioni per una settimana), non perché vogliamo sparare nel mucchio, ma perché bisogna prendere con cautela certi exploit: si parte dalla ovvia presunzione di innocenza, si spera che a tale presunzione corrisponda un'effettiva realtà dei fatti, ma nel frattempo, in questo mondo di poche certezze, ci si mette un po' al riparo da eventuali delusioni: non per essere sciacalli, ma per puro spirito autoprotettivo, per preservare la nostra passione da atroci beffe.
Tornando a noi, c'è da dire ancora del povero Damiano, che ha preso la sveglia dell'anno, chiudendo a venti minuti da Cardenas e perdendo definitivamente la possibilità di chiudere nella top ten. Possibilità che invece non è preclusa a Garzelli, sempre a livelli discreti anche se la sua pedalata non riempie ancora gli occhi. Non fa niente, le nostre attese sono ormai tutte orientate a Verona, al Mondiale. E sarebbe divertente che Cunego e Garzelli (e Cioni) ritrovassero la loro giusta dimensione domenica 3 ottobre: prima non serve più.

Marco Grassi

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