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Tour de Romandie 2015

Il Tour de Romandie continua a scegliere il clima rilassato, luminosamente primaverile delle sponde dei numerosi laghi del suo territorio per aprire e chiudere i suoi percorsi. Quest'anno la partenza tocca al piccolo lago di Joux, quasi totalmente circuito nel lungo prologo, sotto forma di cronosquadre, propostovi. La quota non è delle più scontate, per un placido lago di medie dimensioni come questo, 1000 metri, sul Giura, fra le levigatissime alture di confine con la Francia. È inoltre un paradiso del windsurf, d'estate, cosa di cui prendere nota con cura nello studiare questa crono. Il percorso è, per l'80%, direzionato verso nord-est e sostanzialmente rettilineo. In linea teorica, dunque, a favore di vento. Un direttore sportivo ha tuttavia l'obbligo di raccogliere informazioni quanto più precise possibile riguardo al "giro" del vento durante la giornata, il quale, come risaputo, sulle Alpi spesso s'inverte del tutto verso sera. Inizialmente molto allo scoperto, fra i prati, e poi incuneantesi tra la riva del lago e i dolci versanti collinari aggettanti. Dalla luce aperta il percorso porta in visita alle ombre selvagge delle abetaie sulle alture del col d'Orzeires, all'estremità nordorientale, dove hanno preso dimora alcune specie di lupo e di orso. Ma in visita soprattutto ai maestosi bisonti americani ospitati e protetti nel parco naturalistico di Juraparc, sede di arrivo. Il finale, appunto, percorre la scorrevole, e solitamente trascurabile, salitella del Col d'Orzeires, 2 chilometri tra i 4 e il 6 per cento, a risalire una valletta, immutata, stessa direzione nord-est. In fondo ad una cronosquadre però, questa asperità costringe a modificare decisamente la consueta gestione della squadra, al fine di non essere costretti ad attendere un corridore proprio qui, dove il recupero è reso impossibile dalla velocità e dalla pendenza. Una cronosquadre intelligente, per squadre compatte, potenti e sopratutto equilibrate.

Con la seconda tappa si inaugura un trittico di frazioni di media montagna, mosse, non semplici, aperte nel pronostico. Un disegno che per quest'anno si apre ad una moderata innovazione nella sostanziale cancellazione di tappe chiaramente dedicate ad arrivi in volata di gruppo, a favore di disegni più variegati, alla ricerca di spunti d'accensione possibili, tappa per tappa. Non che ci siano previsioni di crudele selezione, in un territorio così arioso, levigato, tradizionalmente pedalabile da un punto di vista ciclistico. Tuttavia alcune salite di un certo riguardo tendenzialmente, ravvicinate agli arrivi, ci sono, pur senza alcuna brutalità caratteristica di altre latitudini e filosofie ciclistiche. Timide avance, insomma, ai coraggiosi. Nella 2a tappa c'è questa, toponomasticamente pacificante, Vue des Alpes, a 17 chilometri dall'arrivo. 650 metri di dislivello in 9 chilometri, il tratto più continuo della salita, dove non sembra difficile una buona difesa da parte di alcune ruote veloci. C'è spazio per sopravvivere nella pancia di un gruppo numeroso, ma anche per tentare qualcosa, più facilmente forse per corridori non di classifica. In precedenza il percorso si snoda sulle alture settentrionali del lago di Neuchatel, di nuovo nel Giura svizzero, per valli e versanti mai impervi, ma caratterizzati da continue ondulazioni che portano ad affrontare altri tre gpm e una serie infinita di altri minimi dislivelli. Il primo colle, Les Etroits, non presenta pendenze oltre il 6%, scorrevol ; i due intermedi, viceversa, Le Haut de la Cote e soprattutto il Col des Pontins, sono decisamente più nervosi, non lunghi, 4 chilometri ciascuno, ma con tratti intorno al 10% e una pendenza media di poco inferiore, da non sottovalutare. A vantaggio di sempre possibili rientri c'è la dislocazione di questi colli, che lascia sempre un buon tratto, tra i 10 e i 20 chilometri, tra una salita e l'altra. Anche il finale, con una ariosa carreggiata che plana prima su La Chaux de Fonds e poi ancora più gradualmente nella valle di Saint-Imier, consente rientri a corridori in difficoltà in salita. Tappa da pronostico arduo, per eventuali fughe occorrono grandi qualità da passista, vista l'abbondanza dei chilometri di fondovalle.

Tappa che inanella tre giri tra i moderati pendii intorno a Porrentruy, sempre alla ricerca di dislivelli, di possibili chiavi di volta, a proporre con moderazione possibili trame. Sembra ancora una tappa che non chiama allo scoperto i grandi nomi, leggermente meno favorevole alle fughe rispetto alla precedente, con maggiore distanza tra i tratti più impegnativi di salita e l'arrivo. C'è, anche oggi, ampio spazio tra i colli a consentire recuperi. Si incontra lungo la strada, sempre immersa nell'intenso smeraldo di queste bucoliche valli, uno snodo importante. Dopo il secondo passaggio nella località d'arrivo, tra il chilometro 110 e il 125 si susseguono con insolito, serrato, ritmo due colli di uguale lunghezza, 5 chilometri, Sur la Croix e Col de Rangiers affrontato dal versante sud-ovest. La prima è assai incostante, e propone vari passaggi su pendenze in doppia cifra. Una ripida discesa a tornanti, insolitamente impegnativa per il territorio, conduce praticamente all'inizio del Col des Rangiers, dal suo versante meno abbordabile. I 5 chilometri si attestano su pendenze di media difficoltà ma propongono ancora qualche strappo vicino al 10%. Da qui ci sono 47 chilometri per andare al traguardo tra le consuete ondulazioni e un' ultima breve ma piuttosto intensa cote, la Bure, 3 chilometri con una pendenza massima del 9%. È una distanza ragguardevole, ma questo improvviso cambio di ritmo a due terzi della tappa potrebbe spezzare significativamente il gruppo, se attaccato con decisione. Il finale tuttavia è il più scorrevole dell'intera settimana, 25 chilometri quasi del tutto a favore dalla Côte de la Bure al traguardo. Occasione per le ruote veloci, timidi suggerimenti per i cacciatori di tappe. Si ripete il copione, delicatamente impreziosito da una ponderata dose di mistero.

Anche la strada per giungere a Friburgo non è così semplice come potrebbero far sembrare i vasti orizzonti verdeggianti della Gruyere. Anche oggi siamo su un livello intermedio, non decisamente pedalabile da suggerire un arrivo per tutto il gruppo, non sufficientemente velenoso da accendere troppe speranze negli attaccanti. Ancora una tappa mossa, ma dove è difficile portare a termine fughe o attacchi anche dalla media distanza, a parte poche eccezioni tra i passisti più potenti del gruppo. Rispetto alle due precedenti, ci sono salite ancor meno lunghe e brevi dislivelli, strappetti, falsipiani, più ravvicinati. Dopo una fase introduttiva senza salite significative, buona per lanciare fughe senza troppe difficoltà, lungo la vallata della Broye, fino alle alture del lago di Losanna, come a fiutarne i lussuosi sobborghi che vedranno il gran finale della corsa, per scorrevoli strade, il percorso all'improvviso si incattivisce riprendendo la direzione del nord. Inanella una serie di salitelle di due-tre chilometri e infine abborda un versante piuttosto ripido per salire verso Les Paccots, idillica stazione invernale servita da bella quanto ciclisticamente impegnativa strada. Lo sforzo di un corridore professionista qui non è da molto più di un quarto d'ora, tuttavia due dei quattro chilometri dell'ascesa sono duri, intorno e oltre la doppia cifra di pendenza. Si tratta dello strappo forse più impegnativo della tappa, alla rispettabile distanza di ben 72 chilometri dal traguardo. Non dei più invitanti. Da qui in poi, però, non c'è più pressoché pianura, in un continuo mangia e bevi fra indistinguibili e interminabili vallette, fino a raggiungere un paio di altri gpm, Sorens e Treyvaux, assai più pedalabili del precedente. Un tratto finale su strada più ampia, 12 chilometri quasi tutti in discesa, conduce nel cuore medievale di Friburgo. Altra tappa forse troppo timida nel proporre difficoltà, ma altrettanto difficilmente prevedibile. Altra tappa di battaglia per i velocisti che possono tenere salite brevi e ravvicinate.

Dopo tre giorni disegnati fra gentili ricami di percorso su e giù dalle morbide dorsali valligiane del nord,la corsa si dirige a sud, nel cuore alpino della regione, per proporvi la tradizionale tappa regina. Dopo tre giorni, se risultassero realmente tirati su ritmi importanti, il dislivello complessivo di oggi, superiore ai 3000 metri, potrebbe fare qualche danno. Siamo tuttavia su un livello di difficoltà leggermente minore rispetto al duro tappone quadripartito dello scorso anno, sebbene ne vengano ripercorse alcune strade, e ne venga ricalcato il profilo altimetrico a quattro guglie. Le dolci rampe del Col des Mosses, in partenza, portano alla grande vallata del Rodano, dove sorgono le più antiche città del sud della regione, Martigny, Sion, Aigle. Qui cambia lo scenario e anche, di colpo, il carattere della corsa. Siamo ora al cospetto di alti e ripidi versanti di una tipica vallata alpina, oltre i quali s'affacciano lontane cime ghiacciate di altissimi massicci. Lungo questi versanti il Tour de Romandie propone altre tre salite, assai differenti tra loro. Una prima più regolare, mediana, 10 chilometri all'otto per cento, regolari, senza tuttavia eccedere in pedalabilità; una seconda aspra, più breve ma niente affatto trascurabile nell'impegno, 5 minacciosi chilometri al 9.8 % di pendenza media; una terza più lunga e pedalabile a tratti, l'arrivo a Champex, caratterizzato tuttavia da una prima parte con tornanti ravvicinati, a strappi. Se Les Giettes, secondo gpm di giornata dopo il facile Col des Mosses, risulta piuttosto isolata, preceduta e seguita da una ventina di chilometri di fondovalle, tra le due ascese finali invece non c'è sorta di recupero. Questa Petit Forclaz, terzo gpm della tappa, in sostanza una scorciatoia per raggiungere l'ampia e regolare statale del Col de la Forclaz passando fra le frazioni occidentali di Martigny, è la reale chiave di volta di giornata, e forse il quesito più cruciale dell'intera corsa. Si tratta di un inedito, e come penultima salita della tappa, propone un assist ideale per chi volesse sferrare un attacco diretto e deciso alle prime posizioni della classifica. È seguita da una discesa poco impegnativa, ma velocissima, due soli larghi tornanti (il versante classico della Forclaz) e immediatamente dalla lunga ascesa finale, 15 irregolari chilometri. La pendenza media vicinissima al 10% su 5 chilometri di strada serpeggiante fra masi e piccole frazioni ne fa un piatto forte per scalatori puri. La salita dell'arrivo, invece, dopo un tratto introduttivo di tre chilometri sull'ampia statale di fondovalle, propone 10 chilometri suddivisibili in due parti uguali, dura la prima, gradualmente sempre più pedalabile il finale, su un versante boschivo stretto fra due pareti, senza sostanziale visibilità verso la cima, ombreggiato, fitto di tornanti nel tratto più duro, pieno di ripartenze, e dunque svantaggioso per il corridore al gancio. Tappa meno dura altimetricamente parlando rispetto ai tapponi del recente passato, ma, forse, meglio disegnata.

Il Tour de Romandie ha spesso un occhio di riguardo per gli specialisti del cronometro, e nemmeno questa edizione lesina in chilometri contro il tempo. Ai 19 chilometri a squadre del prologo, si sommano questi 17 finali, individuali. Non è poco, considerando che intercorrono solo quattro tappe (un tempo erano di più) delle quali solo una chiaramente destinata agli uomini di classifica. Il percorso sfrutta la modesta pendenza del soleggiato pendio sul quale sorge la città, apertissima negli orizzonti, un crocevia storico tra nord e sud Europa. A fare eco al più nordico e selvaggio prologo sul lago di Joux, anche qui s'incontra una prima parte di gara pressoché pianeggiante, la quale, tuttavia, si snoda, subito dopo la partenza, fra i viali del parco prospiciente il lago, su strada non larga e con qualche curva che potrebbe riservare insidie in caso di maltempo e foglie sull'asfalto. Al terzo chilometro si esaurisce questo incipit leggero, da guidare con attenzione, per immettersi in una ampia superstrada che attraversa la città e, dopo una inversione di marcia in corrispondenza di una rotatoria, avviarsi alla seconda parte più insidiosa altimetricamente. Lungo questa ampia arteria che attraversa la città si risale ad un belvedere fino a valicare la ferrovia, sono circa 60 metri di dislivello in poco più di un chilometro, da grande rapporto, di potenza. Una breve e dolcemente curvilinea discesa conduce ai piedi del secondo strappo, nemmeno il tempo di rifiatare, più irregolare,un paio di chilometri, che porta diritto nel cuore del centro storico di Losanna. Due i tratti forse più impegnativi: uno strappetto all'uscita del basso sottopasso della ferrovia, nella prima parte, e la svolta a sinistra, piuttosto stretta, in levigatissimo pavé che conduce direttamente nella centralissima Place de la Palud, sede storica del municipio rinascimentale, all'ombra della cattedrale gotica. Questa seconda parte di relativa salita è però agli antipodi della scorrevolissima prima. Ci sono varie piccole curve, cambi di pendenza, passaggi in pavé, qualche ripartenza, insomma nervosa, artistica. Da qui, di nuovo ampia discesa, veloce, di pendenza moderata e da grandissimo rapporto fino alle rive del lago, dove rimarranno un paio di chilometri piatti, ancora da faticare fino al traguardo. Crono che alterna dunque tratti da grande rapporto e passo regolare a tratti da interpretare in maniera più aggressiva, guidati e sinuosi. Cronometro completa, impegnativa dall'inizio alla fine, non così dura tuttavia nella sua parte di salita, da consentire grandi recuperi in caso di partenze al risparmio.

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