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Criterium del Delfinato 2015

Il Critérium du Dauphiné, storica corsa vassalla, di preparazione ed introduzione al Tour de France, ne segue da qualche anno la nouvelle vague, di alleggerimento e cesellatura, del percorso. Riduzione delle grandi distanze, sia in salita che a crono, graduale introduzione di trabocchetti, difficoltà in piccola scala, ma in grado di fare differenze, di creare suspence. Gusto per la novità, e perfino, la curiosità. Non esula dalla rotta intrapresa questa prima tappa. Poco più che un circuito cittadino, distanza ridotta, 131 chilometri, una parte introduttiva lungo le valli dell'Isère e dell'Arly, verso il capoluogo Albertville, crocevia alpino di valli intersecanti. Sul dorso dei colli alla periferia occidentale del capoluogo è disegnato un circuito piuttosto singolare. C'è un primo giro più ampio a toccare una côte leggermente più alta, la Côte du Cruet, 2.3 chilometri, che ha tuttavia una prima parte, la più dura, in comune con il circuito successivo, da ripetere 5 volte. L'impennata si trova proprio nel suo primo chilometro ma in seguito prosegue in maniera molto irregolare, alternando micro-strappetti a falsopiani, molto curvilinea la carreggiata nel suo insieme. Ma soprattutto, al passaggio su un non largo ponticello, seguito da una specie di chicane, si imbocca uno stretto sentiero, di recentissima asfaltatura, che non esitiamo a definire angusto. Ci sono circa 3 chilometri lungo questa striscia d'asfalto tra i prati, tutta su e giù, fino a ricollegarsi ad una più civile carreggiata, in discesa verso Albertville, in località Gemilly. Da qui ci sono altri 10 chilometri per guadagnare il traguardo, composti da una breve e veloce discesa, e da tre rettilinei raccordati da curve ad angolo retto. C'è spazio per acrobazie.

Questa seconda tappa, sulla carta movimentata da numerosi saliscendi nel tratto intermedio, percorsa su strade assai tormentate altimetricamente e topograficamente, rimane tuttavia la più accessibile della settimana per le ruote veloci. Il Col de Cuvéry, nella prima metà della tappa, quasi 9 chilometri di salita di media difficoltà con uno strappetto al penultimo chilometro, non dovrebbe mettere troppo acido nelle gambe del gruppo, anche se dalla cima il percorso, per discontinuità, differente larghezza della sede stradale, tortuosità, si fa più complesso per una quarantina di chilometri non semplici, sostanzialmente favorevoli per i fuggitivi. Terminata una non difficile discesa, altri 35 chilometri pressoché pianeggianti attraverso una lussureggiante zona punteggiata da stagni, piccoli laghi e foreste, dovrebbero consentire di richiudere senza troppe difficoltà la corsa per uno sprint alle porte del parco ornitologico di Villars-les-Dombes. Due curve negli ultimi 10 chilometri, finale velocissimo, da sprinter di razza.

Il Delfinato ci tiene a mantenere la sua atmosfera oracolare, d'assaggio,un riflesso, solitamente intenso, di quello che sarà. Un monito, anche, tanto per capire cosa ti aspetta. Così, in vista del Tour, dalla corsa viene depennata la tradizionale e tradizionalmente lunga cronometro individuale, a favore di questa cronosquadre di media lunghezza, che aggiunge una buona dose di enigma alla corsa. La lunghezza non mostruosa, 24.5 chilometri, dovrebbe lasciare aperta la corsa a buona parte dei suoi annunciati protagonisti. Tuttavia, come in tutte le cronosquadre, l'imprevisto è in agguato e un attento dosaggio ed accordatura delle forze dei singoli può fare la differenza anche contro formazioni dotate di maggiori individualità. La partenza va a prendere ispirazione dal fiume che attraversa la Francia in diagonale, teatro di tutta la sua storia. Si parte davanti al ponte sulla Loira, che vi scorre placida, sinfonica, prefigurante un percorso che sembra fatto apposta per esaltare le doti dei passisti più puri. Ci sono in tutta la crono forse tre-quattro curve dove possono servire i freni e una ripartenza da bassa velocità. Il resto è lineare, scorrevole, su buone strade che attraversano le verdissime e ondulate lande della Loira centrale. Quasi tutta la crono è in quasi insensibile ascesa, solo un tratto di strada più stretta dopo una curva a gomito, 5 chilometri prima dell'intermedio di Perreux, è a favore. Nel finale, alle viste del piccolo borgo di Montagny, 80 metri di dislivello diluiti in 5 chilometri. Un graduale indurimento negli ultimi tre. Caratteristica che va a premiare pur sempre la potenza e la regolarità di formazioni ben equilibrate e capaci di tenere alte velocità, senza troppi pensieri riguardo alla guida della bici.

Questa quarta tappa conduce alle porte del Delfinato, nel baluardo più volte conteso tra fazioni avverse e religioni in lotta: la roccaforte di Sisteron, appollaiata su un'alta rupe a strapiombo sulla Durance, sul cui ponte medievale corre il confine tra Delfinato e Provenza. A metà tappa, due colli, Lescou e Pré-Guittard, assai ravvicinati, in sostanza una salita sola, si matengono su un registro di pedalabilità che non dovrebbe incrinare le sicurezze delle migliori ruote veloci. Una lunga traversata della regione della Drôme porta verso sud-est, in direzione quindi pressoché a favore di mistral, vento quasi onnipresente nella regione, alle alture occidentali di Sisteron. Maggiormente insidioso, nel finale, potrebbe essere questo Chemin de la Marquise, stretta via che percorre un'insospettata valletta tra i prati all'ombra dell'imponente cittadella, dove un gruppo compatto dovrà forzatamente allungarsi molto, forse brevemente spezzarsi. Vi sono un paio di strappi consecutivi seguiti da una breve picchiata fra le case di Sisteron, una specie di fulmine a ciel sereno, a movimentare una tappa per molti chilometri fino a lì piuttosto lineare. Il traguardo tuttavia dista ancora, a fine discesa, più di 10 chilometri solo leggermente ondulati. Il tutto potrebbe pur sempre risultare facilmente recuperabile da parte delle formazioni degli sprinter.

Con la quinta tappa la corsa cambia decisamente musica. È l'etape du Tour, con due storici colli nel finale, molto simile a quella che creò gravi problemi a Merckx nel 1975 che si presentò ai piedi di Pra Loup, soli sei chilometri senza nessuno strappo più duro del 7-8%, con un minuto di vantaggio su Thevenet, ma arrivò al traguardo con due di ritardo. Al di là dei ricorsi storici, la tappa potrebbe essere resa ardua dalle temperature, soprattutto nelle profonde e afose vallate delle Alpi Marittime, vallate che in questo disegno allontanano tra loro i colli rendendo assai più difficili attacchi da lontano. Piuttosto lontani tra loro e pedalabili i primi tre colli, Lèques, Toutes Aures e Colle Saint-Michel, seguiti da altri 25 chilometri di pianura prima di attaccare le rampe del più serio Col d'Allos. A La Foux d'Allos si perviene alla testata della valle e sul brullo versante destro compaiono i tornanti degli ultimi 6 chilometri di salita, che compiono un dislivello di circa 450 metri, più duri lungo un dirittone oltre il primo tornante, poi gradualmente più regolari. Colle piuttosto irregolare, per le abitudini del Tour, con alcune punte di pendenza oltre il 10%. Rimane sopra la media anche la difficoltà della discesa, in alcuni punti molto esposta a filo di un paio di profondi canaloni. Fu in questa discesa, difatti, che guadagnò più di un minuto di vantaggio il Merckx di quel giorno di crisi. Sono 16 chilometri non veloci a causa delle curve ravvicinate, interminabili qualora si perda di vista davanti il corridore avversario. Pra Loup, a dispetto del nome e della sua storia, non sembra affatto una salita in grado di creare grandi difficoltà al corridore professionista. Media pendenza, 6 chilometri quasi del tutto razionalmente disegnati sul non alto versante montuoso, 400 metri di dislivello. La discesa dell'Allos però, avrebbe tutti i numeri per consentire al buon discesista di difendere ed incrementare un eventuale vantaggio al passaggio in cima, in vista di un non lungo nè eccessivo sforzo finale per raggiungere il traguardo a Pra Loup.

6a tappa: Saint-Bonnet-en-Champsaur - Villard-de-Lans
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Ven, 12/06/2015
183.0 km
Partenza: 
Saint-Bonnet-en-Champsaur ore 9.55
Arrivo: 
Villard-de-Lans ore 14.32-15.01
6a tappa: Saint-Bonnet-en-Champsaur - Villard-de-Lans
Gpm: 
Rampe du Motty (987 m-3a cat.) km 20, Côte du Barrage du Sautet (917 m-3a cat.) km 28.5, Col de la Croix-Haute (1179 m-2a cat.) km 67.5, Col de Grimone (1319 m-3a cat.) km 75, Col du Rousset (1254 m-1a cat.) km 132, Villard-de-Lans (1144 m-3a cat.-Arrivo) km 183

La sesta tappa inaugura una terna finale di frazioni alquanto originali nella concezione. Senza lunghe ascese o salite storiche nei finali, tormentate da strappetti in serie e arrivi esplosivi, probabilmente selettivi in fondo a tappe con dislivelli importanti. Un disegno minuto, leggero e creativo, tutto sommato in linea con quello dello scorso anno, assai meno con la tradizione della corsa, da sempre infarcita dei maestosi colli alpini che collegano queste profonde vallate glaciali. La tappa in questione non lesina certo colli e numeri. Ce ne sono ben sei lungo il percorso, 4 tuttavia si trovano nei primi 75 chilometri, una danza infernale tra curve, saliscendi e questi quattro brevi colli. Terreno adattissimo ad attacchi a lunga gittata. Dopo questa adrenalinica partenza, tuttavia, la tappa conosce una cesura e un cambio di tonalità. Un tratto semi-pianeggiante di circa 20 chilometri porta ai piedi di una salita assai più regolare e lunga, il Col de Rousset, seguita da una altrettanto lunga e pedalabile discesa, con interminabili rettilinei fra i boschi del Vercors. In fondo, ecco il pepe. Il percorso sprofonda nelle Gorges de la Bourne, basso muretto sulla sinistra, protezione più che altro psicologica sul bordo dell'orrido. Ripida discesa, ripida risalita nel giro di poco più di 10 chilometri, a 10 dal tragurado di Villard-de-Lans in discontinua ascesa, che compare paradisiaca su pianori assolati al riemergere dal ventre roccioso delle Gorges. La forma della tappa è dunque perfetta: allegro-adagio-allegro come nella più classica delle sonate. Cesellata di chiaroscuri da un punto di vista estetico, da un punto di vista agonistico la tappa rischia tuttavia di accendersi solo nel finale, più per le intenzioni bellicose dei cacciatori di tappe, che per veri affondi dei capitani.

Nel gioco di fioretto che propone questa edizione light del Delfinato 2015, siamo tuttavia arrivati alla tappa forse più decisamente orientata a deciderne le sorti, in salita. Ancora non compaiono i grandi totem alpini nell'altimetria della tappa. Però le salite di questa frazione, sebbene ancora tutte di media lunghezza, vicine ai 10 chilometri, hanno ciascuna dei risvolti difficili. Già la Forclaz de Montmin, seconda scalata della tappa, che conduce ad uno dei più affascinanti affacci sui laghi prealpini francesi, in questo caso il lago di Annecy, è salita aspra, con vari estenuanti rettilinei sul 10% di pendenza continua. Siamo nella prima parte della tappa, e la distanza dal traguardo consiglierebbe prudenza. Poco oltre la metà, dopo aver lambito a mezza costa il lato orientale del lago di Annecy, si attacca una coppia di colli, di nuovo di lunghezza non mostruosa, ma appartenenti alla storia del Tour: la Croix Fry e l'Aravis. Qui le pendenze rimangono sempre a cifra singola, ma potrebbe essere in agguato l'insidia del caldo. Due versanti esposti a sud, all'aperto, tra pascoli e piccole frazioni la Croix Fry, completamente assolato l'Aravis, dove neppure la discesa plana all'ombra. Il fondovalle di Megève e la discesa su Sallanches, 30 chilometri da non sottovalutare per il probabile vento, separano questa spettacolare accoppiata da quella che può essere considerata l'unica ascesa finale, come somma dei due ultimi GPM. La Montèe des Amerands è un secchissimo strappo di due chilometri al 13% di pendenza media. Una pugnalata a freddo, visto che si arriva da una scorrevole discesa e un tratto breve di pianura Ci sono poi tre chilometri, nell'attraversamento di Saint-Gervais, di provvidenziale recupero, poco più di 5 minuti, e si riattaccano gli ultimi 7 chilometri e 700 metri per salire fino a Bettex, la sua stazione invernale. Strada sempre larga e piuttosto regolare, s'indurisce nell'ultimo chilometro e mezzo. Ma l'impressione è che il trampolino migliore siano proprio i due velenosi chilometri della Côte des Amerands, in basso, con un sostanzioso tratto di recupero a disposizione, a suggerire la più efficace strategia d'attacco alla vittoria finale.

8a tappa: Saint-Gervais - Modane Valfréjus
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Dom, 14/06/2015
156.5 km
Partenza: 
Saint-Gervais ore 12.55
Arrivo: 
Modane Valfréjus ore 16.38-17.00
8a tappa: Saint-Gervais - Modane Valfréjus
Gpm: 
Côte d'Héry-sur-Ugine (974 m-2a cat.) km 25.5, Côte d'Aiton (412 m-4a cat.) km 65.5, Côte de Saint-Georges-d'Hurtières (609 m-3a cat.) km 76, Lacets de Montvernier (782 m-1a cat.) km 108, Côte de Saint-André (1165 m-3a cat.) km 142, Modane Valfréjus (1553 m-1a cat.-Arrivo) km 156.5

L'ultima tappa di questo Critérium du Dauphiné è quella che si allontana di più dai canoni classici della tappa di montagna, pur correndosi per intero nel cuore più alto e imponente della catena alpina, a lambirne i grandi massicci. Ha il sapore di un finale sfumato, minimale. Ci sono 5 GPM prima dell'arrivo in quota: sono tutti classificati nella categoria "côte", quantunque l'assaggio di Tour sui tornanti di Montvernier sia classificato come seconda categoria. L'ultima salita, prima categoria piuttosto generosa, non pare comunque tale da provocare terremoti di classifica, ancora su un registro di media lunghezza, 8 chilometri ad una pendenza media di poco superiore al 5%, numerosi larghi tornanti e strada ben tenuta, scorrevole. Buone probabilità di tenere le ruote, per uno sforzo intorno al quarto d'ora, anche per i non scalatori puri e per corridori da classiche. Lo svolgimento precedente della tappa è singolarmente discontinuo. Ci sono lunghi tratti di fondovalle alternati ai 5 brevi GPM, strappi di 3-4 chilometri, isolati, colti qua e là sul dorso più basso dei ripidi versanti laterali. Il più significativo sembra quello dei Lacets de Montvernier, più per la conformazione della strada, che per i dati tecnici veri e propri della salita, 3.4 chilometri tra l'8 e il 9%. È una fitta serie di ubriacanti tornanti, 17 in tutto in circa 2 chilometri e mezzo, vegliati da una candida cappella, proprio in cima. In sostanza, considerata la pendenza e la conseguente velocità, si tratterebbe di una serie di scatti tra una svolta e l'altra, per chi volesse attaccare, vista la vicinanza tra i tornanti. Assai fastidiosa, per il passista. Nel finale della tappa regina del Tour, quantunque breve, una salita del genere ha sicuramente un suo perché. Qui, a 48 chilometri dal traguardo, con tutto il fondovalle ascendente della Maurienne ancora da fare, molto meno. Tappa che riserva una serie di variegati assaggi, più simile ad un aperitivo che ad un gran finale, difficile che possa riservare grandi rivoluzioni. Più appetibile per corridori amanti della fuga, ma meno adatti alle salite lunghe.

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